sabato 27 dicembre 2008

Condominio: ritroviamo i valori

La notizia nella sua essenzialità è questa: “Un uomo di 54 anni – disoccupato e separato – è stato trovato morto nel suo appartamento a Crema, in provincia di Cremona, qualche giorno fa. Era morto ormai da un anno, ma nessuno se n’era accorto, né l’ex-moglie che a suo dire lo stava cercando da mesi, né il figlio, con il quale i rapporti non erano evidentemente un granché. Lo ha scoperto l’ufficiale giudiziario che si è presentato a casa sua per informarlo dello sfratto”. Se le considerazioni e valutazioni espresse dall’articolista rispetto a questa agghiacciante notizia sono rivolte all’ambito dei rapporti familiari, nel nostro caso vorremmo invece vederla nell’ottica della vita di relazione all’interno della realtà condominiale, in quanto si parla di una persona che viveva in un appartamento e quindi viene da pensare che si trattasse di un’abitazione in condominio. Purtroppo diventa sempre più difficile all’interno della comunità condominiale ritrovare quei valori di solidarietà e collaborazione che si creavano all’interno degli edifici, quelle forme di rapporti di buon vicinato che portavano le persone, i condomini nella fattispecie, a condividere gioie e dolori, a partecipare alle difficoltà ed ai periodi felici del vicino il quale non era trattato con la superficialità, o peggio ancora, con indifferenza stante che la vita ormai ci porta ad una forma di individualismo piuttosto spinto che crea le condizioni per l’eliminazione di qualsiasi forma di rapporto con gli altri. Sono diventate rarissime quelle occasioni – che pure erano considerate normali in quanto parte della nostra vita fino a qualche anno fa – nelle quali i vicini erano soliti scambiare un poco di sale o zucchero, finito improvvisamente, oppure fare assaggiare una pietanza od un dolce al dirimpettaio od infine condividere le vicende quotidiane con naturalezza aiutando (od essendo aiutati) a superare momenti difficili con la migliore delle cure: l’amicizia e la solidarietà. Ormai tutto ciò sembra far parte di un mondo che non esiste più e che pare impossibile poter ritrovare o ricostruire, lasciandoci un’infinita nostalgia per quei tempi, quando erano quasi inesistenti le liti nel condominio e praticamente inimmaginabili le cause in quanto tutto trovava la soluzione con il dialogo, cosa considerata normalissima nei rapporti di vicinato. Siamo arrivati a considerare normale il nostro isolamento e vivere all’interno della nostra abitazione senza avere rapporti di vicinato – od avendoli solo lo stretto indispensabile e malvolentieri – è diventata ormai una consuetudine rendendo difficili anche i rapporti di condominio e creano le condizioni per l’insorgere di liti e discussioni e non sempre gli amministratori riescono ad evitare che sfocino in cause (ben due milioni di vertenze finiscono nei tribunali) con oneri per spese processuali che raggiungono livelli enormi (i dati riferiscono di ben 3 milioni di euro). Allora casi come quello riportati nella notizia che ha aperto questo editoriale diventano comprensibili - anche se difficilmente giustificabili – e lasciano una sensazione di amarezza e delusione perché significa che neppure la morte è diventata motivo sufficiente per riscoprire valori ormai dimenticati e fuori dal nostro modo di pensare ed agire. Ma sarà perché siamo nel periodo natalizio o semplicemente perché sono un inguaribile ottimista continuo a sperare che si possa tornare a scoprire quanto possa essere bello riscoprire la bellezza dei rapporti di vicinato e quanto possa essere buono un caffè bevuto insieme al condomino della porta accanto. Buone feste a tutti i nostri lettori.

venerdì 19 dicembre 2008

Integrazione: molte parole e pochi fatti

Ho letto con vivo interesse sul quotidiano “La Nazione” i dati di uno studio condotto dal ricercatore Ulisse Di Corpo, che ha analizzato alcuni indici riguardanti la comunità cinese nella provincia di Firenze. Dallo studio emerge che dopo molti anni il fenomeno dell’immigrazione di questa comunità ha manifestato un trend inverso, in quanto si registra una riduzione, negli ultimi dodici mesi, dello 0,4% del flusso migratorio a fronte di un complessivo +18% negli ultimi quattro anni.
Innegabile l’effetto della crisi economica, particolarmente grave in Italia, rilevabile in questo dato. Ma non è questo l’aspetto che vorrei evidenziare circa l' interessantissimo lavoro, quanto, piuttosto, l’esame di alcuni dei motivi che hanno provocato difficoltà di integrazione secondo questi cittadini provenienti da una realtà culturale molto diversa dalla nostra e con particolare ed innegabile tendenza alla chiusura.
Se poteva essere facilmente intuibile che la difficoltà della lingua fosse nettamente al primo posto (ma significa che è stato fatto poco per superare questo ostacolo da entrambe le parti) è particolarmente significativo che al secondo siano state indicate le “condizioni abitative difficili” ed al quinto e sesto (ma con percentuali rilevanti) rispettivamente il “rapporto con gli italiani” (22,6%) e la “discriminazione” (19,1%), che sono due facce della stessa medaglia e portano la percentuale totale delle risposte inerenti questo aspetto (integrazione) al 41,7%.
Purtroppo la lettura di questi dati e la contestuale presa di coscienza delle risposte fornite al ricercatore dai cittadini cinesi (ma è da ritenersi che in massima parte sarebbero uguali anche per altre comunità di cittadini stranieri) mi ha provocato amarezza e contrarietà perché se da una parte viene confermata la mia corretta interpretazione del fenomeno, dall’altra viene evidenziata l’assoluta mancanza di iniziative pratiche (parole ne sono state dette tante) da parte delle istituzioni.
Ho affermato più volte che il miglior modo di favorire l’integrazione sarebbe stato quello di creare buoni rapporti all’interno dei condomini, dove si instaurano i primi contatti fra i cittadini di diverse etnie e la nostra comunità. Il condominio rappresenta quel piccolo mondo, circoscritto dalle pareti domestiche ma aperto a tutti nelle parti comuni, che consentirebbe in modo più diretto, ed anche più facile, di far conoscere reciproci usi, costumi e consuetudini al fine di creare i presupposti per poter estendere la pacifica convivenza fra etnie dall’edificio al paese.
Non è un caso che la mia idea di “regolamento condominiale multietnico” sia stata recepita da Confedilizia, che lo ha tradotto in pratica pubblicandolo, e non è assolutamente strano che la presentazione del regolamento sia avvenuto alla Camera dei Deputati alla presenza di associazioni particolarmente impegnate verso il mondo dell’immigrazione come la Caritas.
Purtroppo, a conferma che nessuno è profeta in patria, proprio le istituzioni di Campi Bisenzio non hanno compreso l’importanza di questa iniziativa ed alle proposte di organizzare incontri con le varie etnie per favorire ed agevolare l’integrazione a partire dal condominio, si è risposto con argomenti risibili ed assurdi che non hanno fatto che confermare quanto sia facile parlare e quanto invece sia più complicato agire. Anche un semplice amministratore di condominio (tanto vituperato) può avere buone idee e soprattutto tanta volontà di contribuire alla soluzione dei problemi senza alcuna intenzione di ottenere dei vantaggi personali.

martedì 9 dicembre 2008

Ancora una volta promesse non mantenute

Una delle iniziative più importanti di Confedilizia in questi ultimi anni è stata quella dell’introduzione della cedolare secca sulle locazioni, a partire dai contratti di locazione agevolati che dovrebbero rappresentare la forma migliore per consentire a molte famiglie italiane (e non) di risolvere il problema della casa non potendo contare sulla possibilità di accedere all’acquisto e neppure alla libera contrattazione locativa.
Purtroppo, la Camera dei deputati ha respinto un emendamento presentato dall’On. Paola De Micheli (PD), a seguito del parere contrario espresso sia dal governo che dal relatore On. Giudice (PDL). Ciò ha impedito l’attuazione di un provvedimento che avrebbe rappresentato un primo importantissimo passo per riaprire il mercato delle locazioni – sarebbe stato necessario ovviamente estenderlo a tutti i contratti e non solo a quelli agevolati – contribuendo altresì alla concreta possibilità di ridurre, se non eliminare del tutto, il fenomeno degli affitti in “nero”.
Ancora una volta è stata prevalente la preoccupazione di dover rinunciare all’uovo di oggi, rappresentato dalla perdita (sic.) di circa 170 milioni, rinunciando a tutta un serie di nuove entrate, prima fra tutte appunto l’evasione ed alla riduzione delle spese rappresentata dalla possibilità di contenere le uscite per i contributi da erogare a sostegno delle famiglie in difficoltà per il pagamento del canone.
In sostanza, all’eterno difetto della politica di pensare ed agire per compartimenti stagni e quindi senza coordinamento fra i soggetti – ministeri – interessati da un provvedimento legislativo, si è aggiunto l’altrettanto atavica incapacità di pensare in prospettiva e di essere capaci di una visione più ampia dei problemi con le relative soluzioni. L’oggi, quindi, più importante del domani.
Ma la considerazione più importante, e se vogliamo essere sinceri fino in fondo, la più amara ed inaccettabile, è quella riferita all’incapacità della politica e dei politici – vogliamo dire di professione? – di rispettare gli impegni presi in campagna elettorale. Infatti, non solo questo provvedimento era stato riportato nei programmi del PDL, del PD e dell’UDC ma era stato ribadito e confermato più volte negli incontri successivi con Confedilizia.
Cosa dire poi della continua mancanza di sensibilità verso il mondo della proprietà edilizia – quella diffusa e piccola perché la grande è tutelata od ha la possibilità di proteggersi – danneggiata da provvedimenti che creano i presupposti per aumentare la disaffezione verso la locazione come le perduranti proroghe degli sfratti (senza considerare lo scandalo della durata di quelli per morosità – ed il livello inaudito della fiscalità, diretta od indiretta, che grava sulla casa ed in modo particolare gli immobili locati)?
La gravissima situazione economica del paese avrebbe richiesto l’adozione di provvedimenti coraggiosi ed innovativi, avrebbe suggerito di farsi carico di iniziative efficienti con ampie prospettive future più che ricercare effetti limitati e immediati. Ma avrebbe dovuto principalmente guardare al più grande dei problemi: quello di ricreare un rapporto di fiducia tra i cittadini e le loro istituzioni. Non è stato così e si è trovato il modo di lanciare un messaggio del tutto opposto: “della politica non possiamo fidarci”.

martedì 2 dicembre 2008

Locazioni in nero e sovraffollamento

Nel corso di questi ultimi giorni ha destato interesse, anche per l'attenzione da parte degli organi di informazione, l’iniziativa dell’Assessore Graziano Cioni, il quale ha disposto accertamenti per combattere il fenomeno delle locazioni in nero ai cittadini immigrati ed il sovraffollamento che si verifica in molte delle abitazioni a loro affittate. Lo scopo, è quello di ripristinare la regolarità fiscale e l’ordine all’interno degli edifici dove queste situazioni sono presenti.
Abbiamo avuto modo di esprimere le nostre molteplici perplessità su tale iniziativa, non certo per la questione degli “affitti a nero”, anche per la nostra associazione deprecabili ed ingiustificabili, ma per la scarsa utilità di questo provvedimento dal quale emerge la conoscenza molto relativa delle problematiche connesse alle locazioni in questo particolare momento.
Quando infatti si parla delle unità immobiliari locate a cittadini stranieri dovrebbe essere ben presente che proprio questi ultimi sono i soggetti che hanno la massima necessità di un contratto regolare, in quanto ciò rappresenta uno degli elementi basilari per ottenere il permesso di soggiorno. Non a caso ed a convalida della nostra affermazione, la drammatica lievitazione degli sfratti per morosità connessi alle presenti e gravi difficoltà economiche delle famiglie vede coinvolta una percentuale di inquilini stranieri notevolmente inferiore rispetto alle famiglia di italiani.
Diversa - e più importante - è la questione del sovraffollamento che si rileva in molti degli appartamenti locati a questa categoria di cittadini. Ma se l’assessore, in modo peraltro apprezzabile e lodevole se mirata all’eliminazione delle difficoltà di convivenza per il peggioramento della qualità della vita che si verifica quando sono presenti questi casi (fino a 15/20 persone residenti in unità immobiliari di piccole od al massimo medie dimensioni), avesse l’intenzione di risolvere questo problema, la strada non è assolutamente quella imboccata. Abbinare una simile questione alle locazioni in nero non può funzionare, perché la soluzione passa attraverso l’adozione di provvedimenti che agevolino la possibilità economica per queste persone di far fronte al pagamento del canone senza costringerli a suddividere la spesa in più soggetti.
Vogliamo dire, in parole povere, che non sempre l’affitto in nero è sinonimo di sovraffollamento, perché questo si verifica, per i motivi che abbiamo precedentemente specificato, anche negli appartamenti concessi in locazione in modo del tutto regolare e trasparente almeno sotto questo aspetto.
Ed allora altri provvedimenti ed altre iniziative dovrebbero essere adottate per combattere questo fenomeno, tutte di carattere sociale ed economico e non solo di tipo coercitivo e/o sanzionatorio. Parliamo molto, forse troppo ed in modo non sempre corretto, dei fenomeni – spesso di quelli negativi perché fanno notizia - connessi all’immigrazione. Tuttavia, poco viene fatto per governarli nel rispetto dei diritti delle persone anche di coloro che arrivano nel nostro paese con la speranza di un futuro migliore del presente che lasciano nelle loro terre di origine.
L’anno 2008 è quello del 60° anniversario della carta dei “diritti umani”. Possiamo fare qualcosa di concreto per ricordarlo senza ricorrere ai “gendarmi”?

mercoledì 26 novembre 2008

Consorzi di bonifica: Rispettiamo gli impegni

Come avevamo annunciato la settimana scorsa presso la sede di Confedilizia Firenze e di tutte le delegazioni dell’associazione presenti sul territorio sarà disponibile l’istanza per il ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale (corredata delle necessarie istruzioni per la compilazione e per le modalità di presentazione) contro la richiesta di pagamento della tassa da parte dei Consorzi di bonifica operanti nella Provincia di Firenze.
Riteniamo che quello di portare avanti questa iniziativa sia un preciso dovere verso i nostri iscritti, colpevoli soltanto di essere proprietari della propria abitazione o, peggio ancora, di aver ritenuto di investire i propri risparmi in un’abitazione da cedere in locazione, avendone in cambio un livello di tassazione ormai diventato insostenibile e difficilmente riscontrabile in altre nazioni europee.
Abbiamo più volte assunto iniziative, spesso con successo, per contrastare una logica che non è più accettabile e che trasforma il cittadino in una sorta di suddito cui è attribuito il solo “dovere di pagare” senza alcun corrispettivo in termini di diritto. Qualora quest'ultimo gli sia concesso, meno che mai al cittadino stesso è riconosciuta la possibilità di farlo valere, se non ricorrendo ad altri apparati dello Stato chiamati a ripristinare la legalità e la legittimità nel settore delle imposizioni fiscali.
Pare che non serva a niente richiamare le varie amministrazioni pubbliche – centrali e/o locali – all’osservanza delle regole ed al ripristino delle norme contenute addirittura nella stessa Costituzione. I diritti sono così ridotti ad un vero e proprio “optional” da riconoscere, e non sempre, solo se un tribunale, la Corte di Cassazione od addirittura la Corte Costituzionale (vedi il recente pronunciamento sulla questione dei “canoni di depurazione” altra nota dolente che abbiamo più volte segnalato) abbiano emesso una sentenza su ricorso di qualcuno che non ha voluto rinunciare al proprio ruolo di “cittadino”.
Ovviamente, ci auguriamo che questa iniziativa riceva la massima attenzione ed il maggior seguito possibile, affinché, percorrendo una via alla quale avremmo preferito non ricorrere, la politica si decida ad adottare quei provvedimenti più volte promessi (in campagna elettorale naturalmente) e mai mantenuti, atti ad eliminare la miriade di competenze assegnate da chi le dovrebbe legittimamente esercitare a qualche nuovo ente e ad altri consigli di amministrazione.
Dobbiamo riuscire a ripristinare il principio, appunto riconosciuto dalle leggi dello Stato, che le opere pubbliche, compresi gli interventi gestiti dai Consorzi di bonifica, siano sostenuti dalla fiscalità generale senza aggravare di ulteriori oneri per opere pubbliche i proprietari di case e/o di terreni; dobbiamo altresì far capire una volta per tutte che i termini usati per la richiesta di ulteriori pagamenti devono essere, una volta per tutte, rispettosi delle norme per cui non si può trasformare una “tassa” od un “canone” in un tributo diverso da quello che sono e cioè un corrispettivo che è dovuto solo in presenza della fornitura di un servizio. Parrebbe molto semplice da capire ma, evidentemente, non è così. Ed allora aiutiamoli a capire!

martedì 18 novembre 2008

Canone di depurazione: si può applicare la legge che vogliamo

Acque Toscane SpA (che gestisce il servizio nel Comune di Fiesole) ed il suo Amministratore Delegato non riescono proprio a digerire la sentenza della Corte Costituzionale che ha sancito l’illegittimità e quindi l’inapplicabilità del “canone di depurazione” inserito in bolletta dagli enti erogatori del servizio, sia pure in assenza dei depuratori o nell’eventualità di un loro mancato funzionamento.
In un articolo apparso su un quotidiano locale, il responsabile della società chiarisce (bontà sua) che Acque Toscane SpA non ha alcun obbligo di rispettare la sentenza della Corte Costituzionale, in quanto “la tariffa del servizio di fognatura e depurazione del Comune di Fiesole è determinata sulla base delle disposizioni previste nella corrispondente convenzione e dalla successive disposizioni del Cipe e non in base al metodo di calcolo previsto dalla legge 36/94 e rivisto dalla Corte Costituzionale”.
Se la questione non rivestisse la massima importanza e drammaticità, vista la situazione economica nella quale versano moltissime famiglie e l’incidenza determinante nella crisi delle medesime rappresentata dal livello altissimo raggiunto dalle tariffe (acqua, luce e gas in particolare), ci sarebbe da sorridere di fronte a dichiarazioni del genere perché, francamente, non solo sono incomprensibili ma assolutamente fuori dalla realtà.
Il canone di depurazione è stato introdotto nella cosiddetta Legge Galli e nessun' altra disposizione legislativa aveva od ha attribuito tale facoltà. Se le bollette emesse da Acque Toscane SpA contengono il canone di depurazione- e non si vede come potrebbe essere altrimenti, visto che la legge stabiliva che dovesse essere applicato da tutte le società erogatrici anche in assenza degli impianti con finalità di realizzarli in futuro tramite le risorse accantonate- questo non può che essere stato applicato in osservanza della citata legge. Dunque, non è spiegabile il fatto che una convenzione od una disposizione del Cipe possa ritenersi prevalente rispetto ad una legge ordinaria dello Stato.
Ma la risposta fornita da Acque Toscane SpA è particolarmente indicativa ed illuminante in relazione ai comportamenti tenuti dalle pubbliche amministrazioni e/o dalle partecipate che ritengono il proprio utente più suddito che cittadino. Infatti, da qualsiasi provvedimento avesse origine l’applicazione di un “canone” – nel nostro caso quello di depurazione, ma potrebbe essere riferito a qualsiasi situazione del genere – è evidente che la sua applicabilità potrebbe risultare effettiva solo ed esclusivamente in cambio di un servizio e non di quello che forse domani verrà.
In sostanza, vorrei far notare a questa Società – ma forse sarebbe opportuno dirlo al Comune di Fiesole che se ne avvale – che la sentenza della Corte Costituzionale, anche se riferita in modo specifico e particolare all’articolo 14 della legge 36/94, sancisce un principio generale che dovrebbe essere recepito senza alcuna riserva e soprattutto non cercare il modo di percepire qualcosa senza averne titolo e diritto.
Forse una volta tanto non sarebbe più opportuno e corretto prenderne atto ed evitare di ricorrere a qualsiasi interpretazione – anche tirata per i capelli – pur di conservare lo status-quo? Sarebbe un atto di sensibilità istituzionale apprezzabile ed inoltre odorerebbe di buono.

martedì 11 novembre 2008

Canone di depurazione: Zitto e paga!

Appena la settimana scorsa avevamo affrontato la novità della sentenza n° 335 del 10 Ottobre 2008 della Corte Costituzionale che sanciva l’illegittimità dell’Art. 14, comma 1, legge 5 Gennaio 1994 (disposizioni in materia di risorse idriche) meglio conosciuta come “legge Galli” nonché del testo modificato dall’Art. 28 della legge 31 Luglio 2002 n° 179 ritenendo sostanzialmente non dovuto il “canone di depurazione” applicato indiscriminatamente in bolletta sia pure in assenza dei depuratori od in presenza di loro mancato funzionamento.
Avevamo giustamente esultato per due motivi, il primo perché finalmente vedevamo riconosciuto il giusto diritto dei cittadini di non essere considerati alla stregua di limoni da spremere e, secondo, per la certezza che c’è sempre chi può nel nostro ordinamento porre rimedio a storture ed ingiustizie messe in atto dalla pubblica amministrazione.
Purtroppo il nostro entusiasmo era evidentemente prematuro in quanto proprio in contemporanea con l’uscita della nostra pagina sulla stampa locale venivano pubblicate le dichiarazioni della Acque Toscane S.p.A., la partecipata che ha in gestione il settore idrico del Comune di Fiesole, la quale affermava che “avrebbe continuato ad applicare il canone di depurazione anche per chi vive in zone non dotate di impianti” non essendo in possesso di una mappa delle utenze servite da fogne e depuratore. E se questa affermazione potrebbe essere ritenuta giustificabile, salvo evidentemente porre in atto i provvedimenti per la restituzione delle somme versate in più dai contribuenti che avrebbero avuto titolo all’esclusione del canone, crea invece preoccupazione la successiva considerazione che “solo chi non ha modo di allacciarsi alle fogne è esentato dalla tariffa”.
Non è proprio così e la sentenza che abbiamo richiamato dichiara l’illegittimità degli articoli sopra riportati nella parte in cui questi prevedono “che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi”, ampliando altresì la dichiarazione di incostituzionalità all’art. 155, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n° 152 (norme in materia ambientale) che stabiliva analogo criterio di applicazione del canone di depurazione.
In sostanza, e con buona pace della Acque Toscane S.p.A., il canone deve essere corrisposto, come del resto in tutti i rapporti privatistici è considerato normale, solo in presenza della prestazione del servizio e non certamente per il solo fatto che un domani, forse, sarà realizzato un depuratore.
Penso che questa volta le partecipate, Acque Toscane piuttosto che altre, dovranno rendersi conto che le sentenze – tutte ma in particolare quelle attinenti la costituzionalità di un provvedimento – devono essere applicate senza se e senza ma. E’ un atto dovuto nei confronti dei cittadini che – se possibile una volta per tutte – non possono e non devono essere più considerati sudditi, ma titolari di diritti che il potere politico e chi lo rappresenta non devono più disconoscere impunemente.
Ci sarebbe poi un altro piccolo particolare riferibile all’Art. 14 della legge 5 gennaio 1994 (che abbiamo visto ritenuto incostituzionale in parte) e più precisamente al punto 2) laddove testualmente si dice: “Gli utenti tenuti all'obbligo di versamento della tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura, di cui al comma 1, sono esentati dal pagamento di qualsivoglia altra tariffa eventualmente dovuta al medesimo titolo ad altri enti”. Ed allora come la mettiamo per gli oneri di depurazione che gli utenti devono corrispondere alle varie ditte di spurgo delle fosse biologiche per ogni metro cubo prelevato? Perché deve essere corrisposto se la legge dice diversamente?
Antonio Esposito

martedì 4 novembre 2008

In crisi il mercato immobiliare

E’ sotto gli occhi di tutti in modo palese come la grave crisi del mercato immobiliare, scoppiata con una virulenza inaudita negli Stati Uniti, sia ormai arrivata anche nel nostro paese. Ciò ha creato enormi difficoltà ad un comparto determinante per la nostra economia. Ovviamente, Firenze e provincia non potevano essere esenti dalle difficoltà generali ed i primi allarmanti segnali e scricchiolii provocano un allarme diffuso e preoccupazioni sul futuro non indifferenti.
Se fino ad oggi nelle nostre zone questo comparto economico si era barcamenato riuscendo a superare difficoltà palesi in altre zone del paese, ora la situazione è completamente cambiata ed i venti di recessione si fanno sentire in modo sensibile anche da noi.
Circa il 3% in meno di vendite in città- il dato peggiore da dieci anni a questa parte- è quello che risulta da un rapporto di Scenari Immobiliari. Qui si fotografa la situazione prima del verificarsi della crisi economica, la quale proietta come è naturale ombre sinistre su quello che sarà l’andamento del mercato immobiliare nel corso del prossimo anno 2009 tenendo conto che le famiglie a reddito medio-basso non sono più in condizione di accedere al mercato immobiliare. Acquistare quindi casa, sia per le maggiori difficoltà nell’accesso al mutuo creato dalle banche che per l’impossibilità di avere la certezza di poter far fronte alla rata in conseguenza della precarietà del lavoro, diventerà per tali categorie niente più che un sogno.
La questione poi è di primaria importanza per tutti i comuni che hanno basato il proprio bilancio sullo sviluppo urbanistico e le costruzioni, creando ovviamente le condizioni favorevoli alla formazione del deficit delle finanze pubbliche allorquando questo strumento – ripeto legato allo sviluppo del mercato immobiliare – si è trovato a fare i conti con una congiuntura negativa di enorme portata che ne ha limitata l’espansione.
E’ chiaro ormai a tutti (forse lo è meno per la politica e gli amministratori pubblici) che non è più possibile considerare gli oneri urbanistici quasi una partita fissa delle entrate comunali, in quanto sarebbe come fondare sviluppo e servizi dell’ente locale sulle difficoltà di un mercato che, indipendentemente dalla contingente negativa situazione economica, sembra avviato verso una saturazione dell’offerta che fatalmente cambierà e di molto i bilanci comunali.
Non è un caso quello che si è verificato nel Comune di Campi Bisenzio, dove problematiche di carattere giudiziario hanno bloccato il settore urbanistico e provocato un indebitamento notevole, se rapportato alla popolazione, che corrisponde a circa €. 285,00 di gravame per ciascun cittadino, neonati compresi e prospettive difficili per il futuro di questa comunità.
Speriamo che la notizia delle indagini della Magistratura in alcuni Comuni della provincia di Firenze sulla questione dei “derivati” non sia indicativa della nuova tendenza di trovare risorse fuori dai normali canali, perché ciò potrebbe essere indicativo di difficoltà tali da suggerire soluzioni ben poco in linea con l’etica richiesta ai pubblici amministratori che non possono trasformarsi in “giocatori” di borsa.

mercoledì 29 ottobre 2008

Perché pagare se non c’è il depuratore?

Ancora una volta la Corte di Cassazione, con una recentissima sentenza (per l’esattezza la n° 35/2008), è intervenuta per ripristinare la legittimità nell’ambito di un prelievo che – proprio perché inerente un servizio – non può essere applicato “tout court” sulle varie voci che compongono le bollette. Farlo, significa infatti porsi in palese contrasto con le norme costituzionali. Ed ancora una volta- ciò non mi sorprende- la questione riguarda le bollette di Publiacqua e viene a colpire una delle miriadi di voci che in un modo o nell’altro, correttamente o meno, gravano sulle tasche dei cittadini senza minimamente preoccuparsi se il prelievo possa essere giusto e soprattutto dovuto.
Nello specifico, la Suprema Corte ha ritenuto non dovuto dai cittadini il prelievo applicato nelle bollette dell’acqua per il servizio di depurazione quando il depuratore non esiste, ovvero quando non è regolarmente funzionante. Ha pertanto dichiarato illegittimi due commi contenuti rispettivamente nella legge 36/1994 (chiamata più semplicemente legge “Galli”) e nel decreto legislativo 152/2006, sostanzialmente contenenti le più recenti ed importanti norme che riguardano l’ambiente.
Sono state ritenute inapplicabili – proprio in quanto non legittime – quelle disposizioni che prevedono l’applicazione nei confronti degli utenti della quota di tariffa per il servizio di depurazione anche “nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi”.
E’ stato posto rimedio a norme inique che praticamente autorizzavano l’applicazione della quota di depurazione nelle bollette per le forniture idriche, considerandola un vero e proprio tributo e non, come al contrario ha sancito la Corte di Cassazione, il corrispettivo dovuto per un servizio reso. Non verificandosi le condizioni per l’erogazione del servizio, non può essere chiesto il pagamento di un corrispettivo.
Cosa succederà si domanderanno i nostri lettori? Semplicemente che le aziende fornitrici del servizio – nel nostro caso Publiacqua – dovrebbero cessare immediatamente di fatturare il “canone di depurazione” per tutti quei cittadini che risiedono in zone non servite dal depuratore o che, in tutti i casi di fermo, non usufruiscono delle prestazioni dell’impianto come stabilito dalla sentenza.
Altra considerazione importante è che la decisione della Cassazione ha anche una valenza retroattiva per i versamenti effettuati negli anni scorsi per cui gli utenti che li avessero effettuati avrebbero diritto alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate. Saranno determinanti le iniziative delle associazioni dei consumatori o dei rappresentanti della proprietà edilizia (come la nostra) che, per quanto risulta, si sono già attivate per offrire consulenze finalizzate alla richiesta del rimborso delle somme non dovute per tutti gli anni precedenti. Nonostante ciò, sarebbe auspicabile che gli ATO e le aziende erogatrici – Publiacqua per quanto ci riguarda – per una volta assumessero le opportune iniziative per ripristinare giustizia e legalità.
Speriamo che, almeno per una volta, questo possa avvenire, restituendo un minimo di fiducia in quelle aziende, pubbliche o meno, le quali hanno sempre dato l’impressione di non avere a cuore gli interessi degli utenti.

mercoledì 22 ottobre 2008

Tassi di interesse: grave colpo per le famiglie

Anche se negli ultimi giorni l’Euribor, che è il parametro di riferimento per i mutui variabili, ha visto un piccolo ribasso per la decisione della BCE di ridurre il costo del denaro, è assolutamente indiscutibile che la lievitazione della rata abbia messo in grave crisi milioni di famiglie. Si tratta di circa 3,2 milioni di nuclei davanti ai quali, soprattutto per quel milione di questi che stenta a pagare le rate, si presenta lo spettro del pignoramento, che significa la perdita della casa.
Se è vero che le procedure di esecuzione, come del resto tutto il comparto della giustizia civile, hanno tempi molto lunghi (circa 6 anni e mezzo) per cui l’esecutato non si trova senza l’alloggio dall’oggi al domani, è innegabile che queste situazioni comportano enormi problemi per la qualità della vita, anche psicologica, delle persone che sono costrette a subirle.
Quando i costi del mutuo vedono un aumento mensile medio di circa €. 220 e quindi per €. 2.640,00= annui è abbastanza evidente che diventa difficile riuscire a far fronte al pagamento della rata del mutuo, con la conseguenza di incorrere nelle procedure di pignoramento da parte delle banche.
La possibilità di rinegoziare i mutui o la loro portabilità – cioè il trasferimento da una banca all’altra senza costi aggiuntivi – potrebbe permettere di ridurre la rata (ovviamente cambierebbero durata ed ammontare degli interessi corrisposti). Tuttavia, rimangono l’indiscutibile peso che le famiglie sono costrette ad accollarsi e le difficoltà da affrontare, in aggiunta alle altre problematiche connesse al continuo aumento dei beni di consumo – anche primari come pane e pasta – e delle tariffe ormai senza limiti e senza freni.
Si pensi in proposito che le tariffe dell’acqua a Firenze sono aumentati dal 2006 del 14%, quelle del gas ed energia del 25% e quelle sui rifiuti del 20-25%, contribuendo quindi a rendere ancora più complicata la vita delle famiglie e ad aumentare il numero di quelle che arrivano o superano la soglia di povertà. Se una famiglia è costretta a pagare per i servizi pubblici locali circa €. 2.500,00= annui significa che il 10% del proprio reddito viene speso per questi motivi.
Un quadro preoccupante e desolante, soprattutto se teniamo conto che manca da tempo nei cittadini quel senso di fiducia e di speranza che ci faceva guardare al futuro in maniera più serena.

mercoledì 15 ottobre 2008

Cosa sarà del mercato immobiliare?

Ho letto con vivo interesse sull’ultimo numero di Metropoli Campi Bisenzio l’editoriale del direttore Fabrizio Nucci. Nell’articolo cui mi riferisco si evidenziava come la crisi internazionale abbia colpito anche quelle cattedrali del consumismo che sono i centri commerciali, sorti in maniera abnorme in questi ultimi anni nella Piana.
In sostanza, è questa la mia interpretazione, che ritengo rifletta il pensiero espresso da Nucci: il moltiplicarsi senza limiti di questi “megastores” non ha fatto altro che trasformare un mercato sfrenato in una sorta di mostro che alla fine è costretto a mangiare se stesso. Un liberismo privo di limiti che alla lunga ha praticamente distrutto il commercio di vicinato svuotando di fatto i centri storici, i quali hanno visto scomparire un tessuto non solo economico, ma anche sociale.
Mi è venuto spontaneo trasferire le stesse considerazioni al mercato immobiliare ed al mondo della casa in generale, in quanto per alcuni aspetti si riscontrano le stesse situazioni e, conseguentemente, si potrebbero trarre valutazioni finali di analogo contenuto. Il continuo aumento del numero delle costruzioni ha raggiunto un limite tale, indipendentemente dalle difficoltà momentanee connesse alla lievitazione dei tassi di interesse sui mutui che frenano le vendite, da rischiare di raggiungere la saturazione della possibile richiesta. Un altro pericolo legato a ciò potrebbe essere il blocco o comunque il contrarsi di una richiesta di alloggi tale da provocare la stasi dell’intero settore immobiliare.
Non si è valutato in modo corretto che ormai oltre l’80% degli italiani risulta proprietario della propria casa, che da tempo il settore delle locazioni vive una situazione di disagio (e per l’alto livello della tassazione sul bene casa e per l’assurda lunghezza delle procedure di sfratto per morosità) che impedisce - o comunque riduce notevolmente - l’interesse di questo tipo di investimento. Infine è stato trascurato come il mondo del lavoro non offra più garanzie di stabilità economica per i giovani che dovrebbero e potrebbero essere i primi destinatari del mercato immobiliare.
Arriveremo, se non siamo già arrivati, al punto di avere un numero di abitazioni molto elevato in relazione al potenziale mercato di acquirenti con conseguenze negative per un intero comparto economico – quello edile – ed effetti disastrosi per gli enti locali che spesso, forse troppo, hanno basato i loro bilanci sulle entrate degli oneri urbanistici.
In definitiva, un mercato che non ha saputo trovare al proprio interno quelle programmazioni capaci di rispondere correttamente alla domanda, diversificando di volta in volta la tipologia degli immobili in funzione della richiesta.
Non è un caso che nei primi sei mesi dell’anno 2008 le vendite siano calate del 12/14% ed il costo degli immobili sceso mediamente del 2,7%. Che sia un segnale da recepire e valutare?
Antonio Esposito

mercoledì 8 ottobre 2008

Consumi acqua e condominio: Publiacqua ancora al centro dell’attenzione

Non c’è settimana che passi senza che gli organi di informazione si occupino di qualche condominio al quale viene tolta l’erogazione dell’acqua per la morosità di un singolo condomino e per importi di frequente abbastanza limitati rispetto alla somma complessiva dei consumi dell’edificio nel suo insieme.
Puntualmente, alle proteste dei cittadini colpiti da questo ingiusto provvedimento, si associa il Difensore civico regionale. Quest’ultimo, tuttavia, non è ancora riuscito a rendersi parte attiva per promuovere un tavolo di confronto con l’ente erogatore e le associazioni dei consumatori e degli amministratori di condominio.
Se il provvedimento - ripeto abnorme rispetto al danno effettivo che Publiacqua riceve dalla morosità del singolo soggetto e che dovrebbe essere garantito dal deposito cauzionale, quasi sempre superiore alla somma da riscuotere (ma anche questo è uno dei misteri di questa partecipata in quanto non si capisce bene a che titolo esista se poi non viene usato in questi casi specifici) – è già discutibile quando è rivolto ad un condominio “privato”, diventa assolutamente incomprensibile in presenza di edifici gestiti dai vari Comuni attraverso Casa Spa od enti simili.
Infatti, la posizione giuridica della persona che non versa quanto dovuto per i consumi dell’acqua ( e la stessa cosa vale per i contributi condominiali in generale) è quella di conduttore dell’appartamento per cui la responsabilità finale ricade esclusivamente sul proprietario che deve garantire le obbligazioni nei confronti del condominio. Ed allora c’è da chiedersi come mai Publiacqua non provveda a pretendere dalle amministrazioni pubbliche proprietarie del bene, avvalendosi anche di eventuali strumenti legali previsti in materia di oneri condominiali, il versamento di quanto dovuto dal “moroso” lasciando poi a queste il diritto di recuperare quanto dovuto dall’inquilino con i provvedimenti giudiziari previsti.
D’altro canto, risulta immensamente più facile scaricare su tutti gli altri l’onere di un’obbligazione dovuta da chi, a ben guardare, è anche azionista della “partecipata”, non preoccupandosi minimamente dei diritti di chi ha già rispettato il proprio impegno pagando i propri consumi regolarmente.
Proprio la scorsa settimana ci eravamo occupati di una sentenza della Corte di Cassazione a sezioni riunite relativa alla solidarietà condominiale in merito alle obbligazioni contratte dal condominio e per questo sembra lecito chiedersi il perché una ditta privata debba avere diritti inferiori rispetto ad una – Publiacqua – che lo dovrebbe essere altrettanto anche se gli azionisti sono enti pubblici.
Ritenere che sia giunto il momento di risolvere una volta per tutte questo problema credo sia il minimo che si possa pensare, così come sperare che il ricatto della sospensione della fornitura (ma è giusto sospendere un servizio essenziale come quello dell’acqua) sia definitivamente abolito da una norma specifica e, soprattutto, da una nuove e razionale revisione complessiva dei rapporti contrattuali fra condomini ed ente gestore.

martedì 30 settembre 2008

Consorzi di bonifica: servono le sentenze?

Ancora una volta un ricorso contro un Consorzio di bonifica presso una Commissione Tributaria ha accordato la vittoria al ricorrente. Ciò ha riportato all’attenzione dei cittadini l’annosa, e per la verità mai digerita, questione delle tasse applicate a “tappeto” a tutti coloro che risiedono in zone perimetrate dagli stessi Consorzi, spesso senza alcuna logica. E le motivazioni sono le stesse che più volte Confedilizia, anche la sede fiorentina, ha sollevato secondo il principio della liceità della richiesta legata all’effettiva utilità dell’intervento svolto, il quale deve essere finalizzato alle necessità del cittadino colpito dalla tassa. Credo sia superfluo ricordare la differenza tra imposta e tassa in quanto tutti ormai sappiamo che la prima è basata sulla capacità contributiva dei soggetti per consentire allo Stato di erogare i servizi (sanità, scuole, difesa, etc.) e la seconda come corrispettivo di un servizio effettivamente svolto nell’interesse di colui che la deve corrispondere (tassa sui rifiuti, tassa sull’occupazione suolo pubblico, etc.). Tutti, dicevo, siamo a conoscenza di tale distinguo, ad esclusione ovviamente dei Consorzi di Bonifica, che continuano imperterriti a “tassare” i residenti in zone nelle quali, spesso, non vi sono più interventi che possano giustificare l’applicazione di quello che ormai è considerato un vero e proprio balzello.
Questa volta è toccato al Consorzio di Bonifica del Padule di Fucecchio vedersi annullata l’applicazione della tassa ad un cittadino di Pescia che l’aveva ritenuta ingiusta, in quanto non beneficiario di interventi.
In sostanza, la commissione tributaria provinciale non ha fatto altro che riprendere una sentenza della Corte di Cassazione ( n.16428 del 12 Giugno 2007) con la quale veniva stabilito che “per l’applicazione del contributo di bonifica necessita una razionale individuazione dell’area dei beneficiari e della maggiore o minore incidenza dei benefici, a seconda della collocazione dell’immobile”.
Purtroppo, a niente sono valse le sentenze e questi enti sono ancora presenti sul territorio con i loro Consigli di Amministrazione, che il più delle volte sono strutture abnormi rispetto alla reale esigenza.
Seguiamo quindi con la massima attenzione e con qualche speranza quanto dichiarato in proposito dal Governatore della Sicilia – Raffaele Lombardo – che in un’intervista al quotidiano La Repubblica in data 19.8.2008 affermava testualmente “a tagliare sprechi e clientele io ci sto provando, sopprimendo gli enti inutili, chiudendo i consorzi di bonifica, fermando le assunzioni negli enti regionali. Certo, sto pestando molti calli, avverto resistenze consociative che non mi aspettavo, ma non mi fermo”.
Speriamo che altri Governatori provino a mettere mano a questo annoso problema e trovino finalmente il modo di non fare più tassare i cittadini per un servizio che non viene reso.

lunedì 22 settembre 2008

Quando siamo dalla parte della ragione

Questa settimana abbiamo volutamente lasciato spazio alle notizie contenute nell’ultimo numero del mensile di Confedilizia (organo di informazione della sede nazionale distribuito a tutti i nostri iscritti e non solo) perché gli argomenti trattati rivestono la massima importanza per milioni di italiani proprietari di casa e danno l’immediata percezione ai nostri lettori dell’azione svolta da un’associazione (non a caso con quasi 130 anni di attività alle spalle) che si è messa al servizio dei piccoli proprietari di immobili con tutta la forza dei propri iscritti, prima ancora di quella dei suoi quadri dirigenti.
Una dimostrazione, sia pure limitata all’ambito territoriale, di quanto stiano a cuore le sorti dei proprietari di case, anche non iscritti all’associazione, è stata data con il Convegno che si è tenuto a Campi Bisenzio, presso Villa Montalvo, nella mattina di sabato 20 Settembre 2008.
L’aver affrontato i problemi derivanti ai condomini dal frazionamento delle unità immobiliari e/o dalla variazione di destinazione dei fondi commerciali in civili abitazioni, nonché le tematiche dell’eliminazione dei vincoli per coloro che ebbero ad acquistare la casa nelle aree PEEP relativamente ai limiti delle richieste di pagamento da parte delle amministrazioni comunali (la questione non riguarda ovviamente solo Campi Bisenzio), rende perfettamente l’idea delle finalità di Confedilizia e la sua piena disponibilità a farsi carico dei diritti dei proprie-tari.
Cercheremo di approfittare di questa pagina per informare i lettori dei suggerimenti e delle proposte scaturite dal Convegno, riportando il testo degli interventi dei vari relatori – tutti altamente qualificati per esprimere la loro opinione sugli argomenti trattati – fermo restando che se la politica non troverà il modo di impedire una vera e propria ingiustizia (non per la scorretta applicazione della norma ma proprio per l’incongruenza di questa) noi ci attiveremo affinché la giu-stizia rimetta a posto le cose.
Nostro impegno sarà quello di promuovere una causa pilota che permetta di vedere riconosciuto il diritto alla parità di trattamento dei cittadini che, in particolare per la questione delle aree PEEP, è stata completamente disattesa.
I nostri iscritti ci hanno dato e continuano a darci il sostegno necessario risolvere i problemi dei proprietari di casa. Noi abbiamo cercato sempre di tradurre in atti concreti questa potenzialità, confidando che nuove iscrizioni ed il conseguente numero di persone che rappresentiamo ci permettano di avere un ruolo sempre più importante ed incisivo.

venerdì 12 settembre 2008

Record delle bollette

Nel mese di Agosto, anche se il periodo di ferie estive dovrebbe essere un momento di tranquillità e relax, quotidiani, radio e televisioni hanno sottolineato come i costi di bollette e tariffe abbiano ormai raggiunto cifre da record. Presumibilmente, con l’arrivo dell’autunno e più ancora dell’inverno, a questi rincari se ne aggiungeranno altri, che renderanno la vita della maggioranza dei cittadini ancora più problematica.
Una ricerca di Unioncamere ha valutato nell’ordine del 52% in dieci anni – per l’esattezza la percentuale giusta sarebbe del 52,7% - l’aumento dei servizi pubblici che va a sommarsi peraltro a quello già consistente di pasta (+30,4%), pane (+13,2%) ed altri alimenti di prima necessità.
In particolare gli aumenti più consistenti sono stati registrati per le tariffe dei rifiuti solidi urbani (+49,6%), per l’acqua potabile (+44,6%), per i trasporti urbani (+30,4%) ed infine per l’elettricità la quale registra un poco confortante + 28,7% offrendo un quadro della situazione più che deprimente, e lo è ancora maggiormente laddove si consideri che si tratta sempre e comunque di beni di prima necessità ai quali ben difficilmente è possibile rinunciare.
E’ da rilevare come, alla luce di questi dati, l’apertura del mercato alle utilities locali – di recente attuazione – anziché portare beneficio ai consumatori ha reso sempre più complicato fronteggiare le difficoltà economiche, più gravi e difficili giorno per giorno e si sia trasformato più che in un vantaggio in un vero e proprio salasso per le già povere risorse familiari.
Sconfortante è la constatazione che a fronte di un aumento dell’indice dei prezzi al consumo nazionale del 22,2% le tariffe abbiano visto un incremento medio del 40,4%. La conseguenza di ciò è che una percentuale di circa il 10% delle famiglie non riesce più a far fronte al pagamento delle bollette con la dovuta regolarità dovendo per forza di cose contrarre anche il ricorso a beni di prima necessità difficilmente contraibili senza peggiorare notevolmente la qualità della vita.
Dall’indagine svolta da Unioncamere il dato più sconcertante è quello relativo alla spesa totale delle famiglie italiane per i servizi pubblici in quanto il risultato che emerge (a fronte di 41,7 miliardi di spesa totale corrispondente ad €. 1.643 per famiglia) è che rispetto al 1998 l’aumento è stato del 52,7% provocato, ovviamente, anche dalla maggiore domanda ma non solo.
Risulta quindi evidente dalla lettura di questi dati che non è più procrastinabile un intervento forte e deciso a livello governativo e più in generale da parte di tutte le amministrazioni locali, per tenere sotto controllo e possibilmente riportare nell’alveo della normalità l’incidenza delle tariffe che ormai hanno raggiunto livelli tali da far aumentare il numero dei nuclei familiari che sono ormai sulla soglia di povertà.
Se nel caso dei prezzi dei prodotti alimentari – dell’ortofrutta in particolare – è necessario rivedere tutto il sistema della distribuzione ed eliminare parte dei passaggi che rendono la filiera oltremodo pesante, in quello delle tariffe è indispensabile ripensare alla questione delle liberalizzazioni intervenendo anche nel settore delle partecipate, affinché vi sia la possibilità di aprire realmente il mercato alla concorrenza. Ormai è infatti palese che la mano pubblica non ha fatto altro che appesantire la situazione per i consumatori anziché costituire una risorsa.
Non a caso, a fronte di un rialzo di prezzi e tariffe che non trova riscontro in aumenti del potere di acquisto, che è al contrario in ribasso costante, si è verificata una lievitazione del ricorso al credito per il consumo che, come rilevato da Bankitalia, ha raggiunto la ragguardevole cifra di circa 100 miliardi con una percentuale di crescita di oltre il 28% nell’arco degli ultimi due anni.
Riprendono quota le vecchie cambiali – ormai apparentemente sparite – riportandoci indietro di molti anni, è vero, ma in una situazione economica ben diversa: non c’è più un boom economico che spingeva ad acquistare di tutto, ma una preoccupante recessione accompagnata da un altrettanto allarmante aumento del senso di sfiducia e di impossibilità di recupero che risulta in continua espansione toccando classi sociali considerate ben lontane da queste problematiche.
Su tutto ciò bisogna lavorare seriamente senza ulteriori indugi accantonando interessi di parte per privilegiare quelli collettivi. Sarà possibile?

Quale Federalismo fiscale?

Quello che nello scorso numero del giornale avevamo accennato, peraltro in modo abbastanza sommario per le notizie piuttosto confuse e contraddittorie fornite da autorevoli esponenti di Governo, trova sempre maggiori conferme dalle ultime informazioni che trapelano in merito alla bozza relativa alla nuova legge del “federalismo fiscale”.
La ragione ed il buon senso avrebbero suggerito di intervenire in questa materia delicatissima ed importante per i futuri assetti della pubblica amministrazione in maniera seria percependo, prima di tutto, che un provvedimento del genere rappresenterebbe non solo una modifica epocale e storica, ma anche l’occasione giusta per portare la spesa pubblica nell’alveo di correttezza e morigeratezza che allo stato attuale sono e sembrerebbero restare, una pura e semplice utopia.
Non a caso sull’ipotesi di far rientrare dalla finestra un’imposta iniqua come l’I.C.I., applicata peraltro senza alcun rispetto delle norme costituzionali che regolano il sistema impositivo nel nostro paese, abolita per le abitazioni direttamente occupate - con grande rilievo mediatico sia in campagna elettorale che dopo l’attuazione del provvedimento - si è scatenato un vero e proprio putiferio fra ministri dello stesso Governo.
Che il ministro Calderoli, a seguito delle polemiche e contestazioni da parte di suoi autorevoli colleghi, abbia risposto risentito che la proposta rappresenta solo una “bozza” sulla quale discutere significa molto poco in quanto soltanto aver pensato di reintrodurre a favore dei comuni la possibilità di istituire una nuova imposizione sulla casa – anche la prima casa – rappresenta un preoccupante segnale di come si intende il tanto sbandierato “federalismo fiscale”. In parole povere si tratterebbe di lasciare inalterato tutto il castello esistente consentendo agli enti locali di applicare nuove imposte e tasse.
Tutto ciò, caro Ministro, non doveva neppure essere contenuto nella bozza perché se il provvedimento dovesse essere ridotto semplicemente a questo non c’era bisogno di sbandierare ai quattro venti – con ampio risalto dei media – le capacità di questo nuovo Governo, in quanto si tratterebbe esclusivamente di un esecutivo di continuità con tutti gli altri che lo hanno preceduto.
E’ vero che il sistema impositivo sul bene casa deve essere totalmente rivisto e tutta la serie di balzelli che continuano a gravare sui proprietari – e l’I.C.I. era il più odioso di questi – dovrebbero essere ridotti e possibilmente trasformati in uno soltanto più armonico, coerente e soprattutto giusto, ma la strada non è assolutamente questa.
Così come non è più possibile pensare ad un “federalismo fiscale” che non contempli una vera e propria rivoluzione come quella di attribuire precise responsabilità civili e penali nei confronti di quegli amministratori che si rendono responsabili di situazioni disastrose dei bilanci, in quanto il fatto di essere eletti dai cittadini non può rendere esenti da qualsiasi rispetto dei doveri e beneficiari di una sorta di immunità, non scritta ma di fatto esistente.

martedì 11 marzo 2008

Eventi sismici: cosa fare nelle ristrutturazioni

Ha provocato grandissima paura e preoccupazione l’evento sismico che si è verificato nella zona dell’Appennino tosco-romagnolo, avvertito in modo particolare nei paesi del Mugello e, sia pure con minore intensità, in molta parte della Toscana compresa Firenze.
Spesso ci dimentichiamo delle norme che regolano gli interventi edilizi ai fini della riduzione, se non dell’eliminazione completa, dei danni che eventi del genere possono provocare alle abitazioni. Fra questi, non devono ovviamente esser trascurate le vittime, oltre all’ingente patrimonio artistico che caratterizza la nostra regione.
Per questa ragione, in questo nostro appuntamento settimanale vogliamo affrontare questo tema specifico ricordando per sommi capi quello che è opportuno sapere per evitare al massimo le conseguenze di un evento del genere.
Dal 1982 esiste la nuova classificazione sismica che è stata realizzata dopo il terremoto dell’Irpinia.
Dopo questa classificazione il 50% del territorio della Toscana risulta soggetto ad eventi del genere (la provincia di Firenze totalmente) per cui le costruzioni realizzate, appunto, dal 1982 devono seguire criteri di prevenzione secondo le disposizioni emanate allora e nel tempo aggiornate ed integrate.
Sostanzialmente si può considerare sismico tutto il territorio interno della Regione ad eccezione della costa e delle isole.
Tutte le costruzioni antecedenti il 1982 non sono antisismiche per cui le normative di riferimento da osservare diventano obbligatorie in caso di ristrutturazione. Per questa tipologia di costruzioni, esiste l’obbligo di eseguire interventi di miglioramento sismico ben precisata nelle norme tecniche.
Se l’intervento è consistente, ad esempio una sopraelevazione, un ampliamento o cambi di destinazione d’uso con incrementi di carico, esiste l’obbligo di adeguamento in modo tale da far sì che la struttura si comporti come se fosse nuova e va integrata in tutte le sue componenti (solaio, fondazioni, murature e coperture).
In caso di rialzamento del tetto per creare nuova superficie utile abitabile, e sono interventi abbastanza comuni, devono essere realizzati interventi di adeguamento di tutto l’edificio.
Se l’edificio è stato ben realizzato gli interventi sono limitati, se al contrario fosse già precario gli interventi sono molto consistenti e non raramente possono costare più della ricostruzione.
Gli interventi strutturali di appartamenti in condominio (tipo aperture di porte su muri portanti) in edifici realizzati con tecniche costruttive diverse dal cemento armato (travi, pilastri, etc.) dovrebbero essere effettuati tenendo ben presente che si viene ad interessare l’intero edificio e, pertanto, da concordare con il condominio ai fini di non mettere a rischio tutto l’immobile.
Le pratiche relative a questo genere di interventi devono essere presentate al Genio Civile il quale effettua dei controlli a campione nelle zone a più bassa sismicità e su tutte le pratiche relative a lavori svolti in zone a più alta sismicità, proprio come il Mugello.
La violazione delle norme sismiche non è sanabile in via amministrativa, ma comporta un procedimento penale a carico di chi le ha realizzate, dell’impresa e del direttore dei lavori.

Controllori e controllati

Nell’ambito del rispetto delle regole e del mandato, che dovrebbe essere alla base del comportamento dell’amministratore, affrontiamo questa settimana la situazione – presente in modo tutt’altro che trascurabile nell’ambito della professione – della partecipazione a società che si occupano dei servizi di vario genere per il condominio.
Si tratta di una delle questioni più delicate che desta non poche preoccupazioni al fine della trasparenza nella gestione del condominio che abbiamo, come Confedilizia, posto come requisito essenziale per l’accettazione dell’iscrizione ai nostri Registri di Amministratori.
Tralasciando qualsiasi implicazione giuridica, che pure sarebbe importante affrontare, l’approccio etico del professionista viene ad incidere nella sfera della moralità, base essenziale per instaurare un serio e corretto rapporto di mandato quale quello che viene a determinarsi fra il condominio ed il suo amministratore.
E’ facilmente comprensibile come, nel momento di gestire un intervento di ristrutturazione o di manutenzione (ordinaria o straordinaria poco importa) da parte di un’impresa, l’Amministratore venga ad assumere un ruolo importantissimo come quello di controllore della buona riuscita del lavoro e del rispetto dell’applicazione integrale degli accordi previsti dal contratto d’appalto.
E’ intuibile quanto la partecipazione diretta dell’Amministratore nell’Impresa - anche se di capitale - con il possesso di quote più o meno consistenti determini una doppia veste di controllore e controllato che non può essere assolutamente accettata in quanto incompatibile ai fini del rispetto degli interessi del condominio.
Anche di questo le Associazioni che rappresentano gli Amministratori dovrebbero farsi carico al fine di moralizzare un settore che ha bisogno di ricrearsi un immagine che, per fortuna grazie a pochi, risulta abbastanza compromessa.

martedì 4 marzo 2008

La multietnicità nel condominio

Si è svolta a Roma presso la Camera dei Deputati – Palazzo Marini - Sala delle Colonne – la presentazione del volume di Confedilizia “Il Regolamento condominiale multietnico e legge sulle locazioni spiegata in più lingue” alla presenza di rappresentanti della Comunità di Sant’Egidio, della Caritas e la partecipazione dell’Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Roma.
Dopo l’intervento di apertura del Presidente Confederale di Confedilizia Avv. Corrado Sforza Fogliani e le relazioni dei rappresentanti delle Associazioni sopra citate e l’Assessore del Comune di Roma, ho avuto l’onore, quale ideatore del regolamento, di illustrare motivazioni e finalità del regolamento teso ad agevolare l’integrazione dei cittadini di diversa nazionalità nella piccola ma importante comunità condominiale.
Significativa è la prefazione contenuta nel volume, che illustra il significato di questa iniziativa ancor più meritevole ove si tenga conto che scaturisce dall’associazione storica dei proprietari di casa che esplica la propria attività fino dal 1883 e quindi, proprio nel corso di quest’anno, festeggerà 125 anni di vita. Mettere a disposizione di questi nuovi cittadini questo strumento significa riconoscere l’importanza di questa nuova realtà con la quale dovremo confrontarci giorno per giorno visto che già il 15% degli immigrati stranieri sono proprietari dell’immobile che abitano.
“Il Regolamento tipo di condominio della Confedilizia costituisce da anni un punto di riferimento per i proprietari di casa, che sulla base di tale modello redigono i singoli Regolamenti per disciplinare l’uso delle cose comuni, la ripartizione delle spese ed ogni altra fattispecie inerente la vita condominiale. Nel corso degli anni, tuttavia, i mutamenti intervenuti nella società italiana – con la crescente immigrazione – hanno avuto conseguenze anche in una realtà diffusa come quella del condominio. Un numero sempre maggiore di cittadini provenienti dall'estero, infatti, ha iniziato ad integrarsi nel nostro territorio, prendendo immobili in locazione o – secondo una tendenza in aumento negli ultimi tempi – acquistando una casa. Con il “Regolamento condominiale multietnico” la Confedilizia si preoccupa di rispondere proprio alle esigenze di questi nuovi cittadini, per facilitare agli stessi – attraverso la traduzione del Regolamento tipo in sei lingue tra le più diffuse (inglese, francese, tedesco, spagnolo, arabo, cinese) – l'utilizzo di tale importante strumento. La pubblicazione si completa con la traduzione nelle sei lingue citate di un altro strumento di estrema utilità, indirizzato in particolare agli
stranieri che abitano unità immobiliari prese in locazione. Si tratta di una illustrazione della vigente legge sulle locazioni abitative ( legge n. 431/1998) realizzata attraverso l’utilizzo di una serie di domande e risposte sui principali aspetti della disciplina, dalla durata dei diversi contratti alle agevolazioni fiscali per taluni di essi previste. La pubblicazione – nella sua parte condominiale – è naturalmente direttamente utilizzabile da tutti gli interessati per i condominii che abbiano già adottato il Regolamento tipo della Confedilizia. Da altri condòmini potrà invece essere utilizzata ove essi adottino ora – nelle forme di legge e in parallelo al tipo di Regolamento (contrattuale o
meno) in essere – il Regolamento tipo Confedilizia o inseriscano sue particolari disposizioni nel Regolamento in atto vigente. Nella sua parte relativa alle locazioni, la pubblicazione non richiede naturalmente alcun adempimento”.

Amministratori di condominio ed allarme mafia

Ci siamo occupati spesso in questi pochi anni di esistenza del Registro Amministratori di Confedilizia dei problemi connessi alla trasparenza e correttezza dell’attività di questa particolare categoria di professionisti che si trovano ad operare in presenza di consistenti movimenti di denaro per i quali è richiesta, almeno dalla nostra associazione, una particolare onestà comportamentale.
La nostra analisi, tuttavia, si era sempre e soltanto limitata a considerare l’aspetto relativo al dovere dell’amministratore di osservare e rispettare il mandato ricevuto dai condomini, stimolando la nascita di un’associazione che avesse come requisito essenziale l’onestà da aggiungere alla ovvia qualificazione professionale mettendo fine a quella sorta di malcostume che di fatto aveva impedito agli amministratori di assumere quell’importanza che i compiti da svolgere dovrebbe rendere quasi automatica.
Per questo quando abbiamo avuto modo di leggere il rapporto della “Fondazione Antonino Caponetto” e di parlarne con il Presidente Salvatore Calleri è stato un vero e proprio shock scoprire che le nostre preoccupazioni – orientate come detto al solo aspetto comportamentale – erano più che fondate e che arrivavano addirittura a toccare il mondo della malavita organizzata e delle varie mafie.
Dice in sostanza il rapporto che “per quanto riguarda il focus generale sulla regione da segnalare quello sugli amministratori di condominio. Una delle forme di illegalità diffusa, anche se rimane nascosta, è quello delle tangenti (anche del 10-30%) che vengono pagate dalle ditte agli amministratori di condominio. E qui il pericolo di infiltrazioni mafiose si fa serio”.
Dobbiamo quindi essere seriamente preoccupati e ritenere ancora più importante e necessario continuare il nostro lavoro di moralizzazione del settore attraverso la creazione di una nuova classe di amministratori di condominio che facciano dei valori di correttezza ed onestà la base del proprio lavoro. Solo così possiamo sperare di eliminare la preoccupazione di infiltrazioni mafiose e contemporaneamente toglierci quella fama di tangentisti che, grazie a pochi, ci troviamo addosso tutti.

martedì 26 febbraio 2008

Class action all'amatriciana

Se pensiamo alle norme contenute nell’ultima legge finanziaria ed alle perplessità che hanno seguito molte di queste, si può ritenere quella relativa alla cosiddetta “class action” (tradotto “azione collettiva”) una delle migliori se non la migliore in assoluto. Le palesi contraddizioni e modalità di attuazione che la contraddistinguono, tuttavia, non permettono di paragonarla a quella prevista dal diritto anglosassone.
Infatti ci troviamo di fronte ad un primo passo, sia pure significativo, per consentire quell’azione collettiva risarcitoria che così bene era stata descritta nel film “Erin Brockovich” magistralmente interpretato da Julia Roberts.
Il fatto che nel procedimento siano previsti due giudici (dei quali il primo deve esclusivamente decidere sul diritto al risarcimento ovvero all’indennizzo da parte dei ricorrenti, mentre il secondo dovrà quantificare questi ultimi) è infatti una notevole limitazione delle possibilità che la class action permetterebbe ai consumatori. Con tale meccanismo, si potrebbero creare le condizioni per cui ad un primo ricorso collettivo, gestito dalle associazioni o da rappresentanti di singoli interessi all’azione di risarcimento capace di portare al riconoscimento del diritto ad ottenerlo, si debba (in questo caso individualmente) ricorrere ad altro giudice per la quantificazione e la liquidazione del danno. Analogamente, ma questo sarà chiarito con il tempo, dovranno essere stabilite le modalità di adesione degli utenti/ricorrenti alla “class action”, onde evitare che le procedure siano soggette ad impugnazione della controparte citata in giudizio.
Come si può capire, quindi, ci troviamo di fronte ad un provvedimento molto “all’italiana” o come detto nel titolo “all’amatriciana”. Tuttavia, pensando alla bontà del tipico piatto di “bucatini”, possiamo anche sperare che alla lunga diventi un buon provvedimento al quale, in tutti i casi, dovrebbe corrispondere un miglioramento del comportamento di aziende (ad esempio bancarie, telefoniche, etc.) che fino ad oggi hanno anteposto i propri interessi economici alla tutela del consumatore.

martedì 19 febbraio 2008

Pochi euro valgono una vita?

In questi giorni una donna ed una bambina piccolissima hanno perso la vita a causa del monossido di carbonio sprigionatosi da un braciere accesso per riscaldare un furgone trasformato in camper. Una drammatica notizia che ha richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica ed anche la mia.
Immediatamente il pensiero è andato a quante volte questo gas killer ha provocato tragedie, senza tuttavia suggerire a chi di competenza di adeguarsi alle normative e rispettarle, al fine di porre in atto quella prevenzione che sola può eliminare simili lutti.
Purtroppo, anche nel caso delle caldaie degli impianti autonomi di riscaldamento, troppo spesso si deve constatare come l’attuazione dei controlli ed il rispetto delle norme non siano prese in considerazione dagli utenti come sarebbe necessario, anteponendo alla sicurezza della vita la mera valutazione in termini economici.
In questa stessa pagina daremo informazioni in pillole per la corretta gestione degli impianti e delle caldaie. Tuttavia servirebbe - soprattutto da parte di tutti gli interessati - una diversa coscienza nei confronti della prevenzione e del rispetto delle leggi e/o regolamenti. Queste ultime – prevenzione e rispetto delle norme - sono latitanti del tutto o di frequente scarsamente osservate, a danno della tutela della vita meritevole del primo posto in assoluto.
Pensiamo a quanti sono ancora in ritardo – diciamo così, usando un eufemismo in quanto di vera e propria omissione di un dovere specifico previsto dalle leggi si tratta – nella realizzazione delle bocchette di aerazione obbligatorie negli ambienti dove sono installate caldaie per il riscaldamento o semplicemente fornelli per cucinare. Osservando casi simili abbiamo la conferma della superficialità con la quale vengono recepite le norme di legge anche in presenza di finalità di sicurezza.
Solo mediante l’acquisizione di una nuova mentalità da parte degli utenti nei confronti della sicurezza e della tutela della vita si potranno evitare i lutti provocati da questo gas killer che proprio per le sue caratteristiche – in particolare per l’assenza di qualsiasi odore – si manifesta solo a tragedia avvenuta.
Facciamo in modo che questo ennesimo episodio sia da monito per tutti perché, in questo caso, l’assurda morte di una bimba di soli diciotto mesi potrebbe rappresentare una svolta importantissima nell’approccio di tutti gli interessati nei confronti di questo problema.

martedì 12 febbraio 2008

Condominio: tra economie di gestione e qualità della vita

Questa settimana la nostra pagina è interamente dedicata al Convegno sulla “certificazione e riqualificazione energetica negli edifici” organizzato da Confedilizia Firenze. L’evento si terrà proprio oggi presso l’Auditorium della Cassa di Risparmio di Firenze – Via F. Portinari 5 –a partire dalle ore 9.00 ed anche l’argomento settimanale del mio intervento verte su questo importante appuntamento.
Lasciando ai relatori qualificati il compito di affrontare, in questa stessa pagina, l’analisi prettamente tecnica della questione, ritengo da parte mia più opportuno analizzare le finalità del provvedimento cui ci riferiamo. Questo apre prospettive in termini di valorizzazione della proprietà immobiliare e del contributo che attraverso il lavoro degli amministratori di condominio potrà essere dato alle problematiche del contenimento energetico e della tutela ambientale.
Per troppo tempo nella costruzione degli edifici in condominio infatti si è omesso di affrontare il problema del contenimento di energia. Allo stesso modo ci si è ben guardati dal dotare gli impianti di riscaldamento capaci di ridurre i consumi, riportando a livelli accettabili le risorse necessarie per il funzionamento degli impianti, e di contribuire al miglioramento delle condizioni di vita attraverso la riduzione delle emissioni nell’atmosfera. Non parliamo poi della totale mancanza nelle costruzioni di qualsiasi impianto basato sulle fonti di energia rinnovabile. Tale carenza ha creato un gap notevole tra il nostro ed altri paesi europei, che hanno di fatto prodotto una percentuale già interessante di energia rinnovabile con il solare e l’eolico.
Purtroppo, sia per la mancanza di incentivi che per la carenza legislativa, in Italia soltanto recentemente si è affrontata la questione. Si è cercato, per la verità ancora con scarsissimo successo, di correre ai ripari per fronteggiare una gravissima crisi prodotta dalla lievitazione dei costi delle fonti energetiche tradizionali come il petrolio ed il gas metano. Il tentativo è anche andato in direzione di contribuire alla limitazione degli effetti devastanti che sempre più derivano dalle emissioni di gas nocivi nell’atmosfera.
Con l’introduzione del D. Lgs. del 29 Dicembre 2006 n° 311 si è cercato di dotare anche gli edifici esistenti di uno strumento – la certificazione energetica per l’appunto – che permetterà di aprire una nuova frontiera nell’ottica del contenimento energetico e nell’adozione di fonti rinnovabili di energia. L’augurio ed insieme la speranza è quella che un provvedimento del genere non si traduca soltanto in ulteriori spese per il condominio, ma serva veramente a creare nuove opportunità di riduzione delle spese e di miglioramento della qualità della vita.

lunedì 4 febbraio 2008

Contatori del gas fasulli

Si estenderà a tutta Italia l’inchiesta della magistratura?
La notizia (riportata su alcuni quotidiani del 29 Gennaio u.s. – ndr) è questa: “nell’ambito di un’indagine della Magistratura su presunte truffe che coinvolgono aziende fornitrici del gas la Guardia di Finanza sequestra 120 contatori.”
Il motivo di questa clamorosa decisione deriva dal funzionamento non corretto di questi contatori – meglio di questo tipo di contatori – che indicherebbero un consumo superiore fino al 15% di quello reale con un danno economico notevole per le famiglie interessate.
Se da parte delle aziende coinvolte si tenta di minimizzare l’accaduto attribuendo ai soli contatori di vecchio tipo – detti a “membrana naturale” – da parte di alcuni organi di stampa e delle associazioni di consumatori si esprime la preoccupazione che, al contrario, la segnalazione di consumi superiori al reale possa riguardare milioni di contatori e, di conseguenza, milioni di famiglie italiane.
Da molto tempo questa preoccupazione era stata espressa da associazioni di consumatori e, almeno per quanto ci riguarda, anche da alcuni amministratori condominiali. Tuttavia le aziende fornitrici del servizio, forti del resto di una sorta di monopolio assoluto (ora parzialmente scalfito dalle liberalizzazioni) e di regolamenti del tutto unilaterali nella formalizzazione di diritti e doveri, hanno sempre ritenuto giustificato, e per loro giustificabile, un margine di errore intorno al 6%. Conti alla mano, quest’ultimo rappresenta già una spesa considerevole per il consumatore che, oltre al danno di sborsare cifre esorbitanti del prodotto si deve accollare anche la beffa del sovrapprezzo stabilito dal signor Contatore che ha deciso di “guadagnare” (diciamo così) qualcosa di più. E se questo accade per il gas, cosa sarà mai per i contatori dell’acqua (altro enorme mistero e strumento “tollerante” per percentuali che in soldi sono importanti) e per quelli dell’energia elettrica? Sembra difficile sperare che una volta tanto qualcuno si preoccupi degli interessi del consumatore.
Fortunatamente, mi verrebbe da dire, uno dei provvedimenti adottati dal governo – ora ex – consente, sia pure con molte perplessità da parte nostra in relazione a limitazioni abbastanza rilevanti nella possibilità di agire, di procedere con la “class action”: un’azione collettiva di risarcimento nei confronti dei responsabili di truffa ai danni dei consumatori che sarebbe una delle prime nel nostro paese e che potrebbe interessare, se alcuni dati fossero confermati, quasi 5 milioni di misuratori ed un numero più consistente di cittadini, considerando che fra questi contatori sotto accusa vi sarebbero anche quelli condominiali.
Ovviamente, Confedilizia farà la sua parte e seguirà gli sviluppi dell’inchiesta proponendosi, se necessario, quale punto di riferimento dei propri iscritti per l’eventuale azione di richiesta di risarcimento dei danni.

Acqua: un grande mistero

E’ di questi giorni la polemica verificatasi a Firenze in merito all’acquisizione da parte di un socio privato di una consistente quota di Publiacqua. Francamente credo che il cittadino non riesca a comprendere come invece di perdere tempo in queste cose non ci si preoccupi di rendere il servizio della società che gestisce questo irrinunciabile bene più a misura di utente, eliminando logiche di gestione non più attuali.
Allo stesso modo, non è chiaro come sia possibile che le utenze intestate direttamente ai condomini provochino la cessazione del servizio qualora sussista la presenza di un solo condomino “moroso”. In casi simili sarebbe possibile, senza grossi aggravi economici e creando nuovi posti di lavoro, instaurare con il singolo utente un rapporto diretto capace di eliminare una volta per tutte questa grave ingiustizia.
Abbastanza ridicola risulta la giustificazione fornita dall’ente erogatore del servizio - in questo caso Publiacqua - che attribuisce alla presenza di un contatore generale condominiale (e quindi di un unico soggetto sottoscrittore del contratto) l’impossibilità di instaurare un rapporto con i singoli condomini.
E’ semplice controbattere che basterebbe emettere una bolletta ai singoli condomini ed una al condominio, per le consuete e classiche eccedenze, senza creare alcun problema tecnico ma, semplicemente, agevolando la vita del cittadino.
Chi ha interesse a lasciare inalterato lo stato delle cose nonostante le frequenti denunce degli organi di informazione e le prese di posizione del Difensore Civico Regionale?
Inoltre esiste ancora un grosso problema che Publiacqua dovrebbe affrontare ed è quello delle mega-bollette per perdite occulte – praticamente le dispersioni d’acqua che si verificano per rottura di tubazioni interrate – che spesso gravano in modo economicamente rilevante sulle famiglie (in questo caso condominio o singola abitazione sono sulla stessa barca) costringendole ad un ulteriore riduzione delle proprie risorse economiche.
Si tratta, è vero, di un problema dei singoli e non di Publiacqua. Ma se l’addebito in bolletta avvenisse sempre e comunque in base ad una lettura effettiva e non a ripetute letture “presunte”, ci sarebbe modo per gli utenti di intervenire prima sull’eliminazione delle perdite occulte.
Non attendendo mesi e mesi si eviterebbe che questi ultimi vedessero evidenziata la dispersione in bolletta mediante un addebito abnorme.
Non credo sia difficile trovare una soluzione a questo problema.
In tutti i casi, se l’acqua è un bene di tutti, come potremmo fare per ottenere dagli enti erogatori (non solo Publiacqua ovviamente) il 45% delle dispersioni che si verificano sulle tubazioni pubbliche?

martedì 29 gennaio 2008

Evasione fiscale immobiliare: arriva il censimento delle bollette

A seguito delle norme contenute nella finanziaria 2005 (Art. 1 commi 332, 333 e 334) il Ministero ha pubblicato la circolare 44/E/2005 con la quale si completa la serie delle disposizioni varate per la lotta al “nero” nel settore immobiliare.
Gli enti e le aziende erogatrici di servizi (energia, gas ed acqua) dovranno comunicare, oltre al codice fiscale degli utenti, anche i dati catastali degli immobili estendendo di fatto quanto già previsto per le sole utenze di energia elettrica (art. 6, lett. G-ter, del D.P.R. 605 del 29 Settembre 1973) alla fornitura di utenze idriche e del gas (D.L. 203 del 30 settembre 2005).
Se per i proprietari degli immobili che stipulano contratti relativi a nuove utenze la questione è abbastanza semplice in quanto l’ente erogatore provvederà a richiedere i dati all’atto della sottoscrizione dell’atto, per i locatari (inquilini) ci sarà la necessità di reperire i dati direttamente dai proprietari se non ricavabili dallo stesso contratto di locazione che, peraltro, a partire dai contratti stipulati dal 1 Gennaio 2005 dovrebbero già essere indicati ai sensi dell’art. 1 comma 341 della legge 311/2004.
L’obbligo della raccolta dei dati compete alle aziende che stipulano contratti di fornitura (quindi anche quando si verifichi il caso di aziende che effettuino solo la distribuzione di prodotti energetici come il caso delle forniture di gas per il riscaldamento).
L’obbligo di trasmissione è stabilito al 1 Aprile 2005 per i nuovi contratti o per quelli rinnovati dopo detta data, mentre per i contratti in essere a quest’ultima data dovrà essere provveduto in occasione del primo rinnovo anche tacito.
Nell’editoriale sono stati esaminati alcuni aspetti del provvedimento ed avanzate critiche al sistema adottato, ma la questione, viste le sanzioni che sono previste, riveste la massima importanza.
Tutti i nostri lettori sono invitati a controllare bene le bollette dei servizi che abbiamo indicato e gli eventuali allegati spediti dalle aziende ad evitare di incorrere nelle sanzioni per aver omesso l’indicazione dei dati.
Le sedi di Confedilizia saranno a disposizione per eventuali chiarimenti ed attraverso questo blog provvederemo a tenere i lettori informati ed aggiornati.

Il cittadino schiavo della burocrazia

La notizia è che con le bollette di luce, acqua e gas arriverà il modulo dei dati catastali che dovrà essere rispedito entro il 30 aprile e chi non lo fa rischia una multa da 100 a 2mila €..!! L’Agenzia delle entrate ha chiesto alle aziende dei servizi le informazioni provocando, anche da parte di Confedilizia, una serie di motivi di perplessità e malumore del tutto giustificati dall’astrusità della norma e dal modo adottato per la sua applicazione.
Intanto si ha l’impressione che la scarsa o modesta comunicazione data agli utenti del nuovo adempimento provocherà dopo il 30 Aprile 2008 – data prevista per la riconsegna dei moduli – notevole contenzioso a seguito dell’applicazione di sanzioni da ritenersi assurde ed ingiuste soprattutto perché i dati richiesti devono essere forniti dall’utente per ben tre volte (all’Enel, all’ente erogatore di acqua ed infine a quello che fornisce il gas metano).
A prescindere dal fatto che la richiesta dell’amministrazione finanziaria avrebbe potuto essere indirizzata direttamente all’Ufficio Tecnico Erariale, che poteva tranquillamente fornire i dati all’Agenzia delle Entrate, risulterà a tutti più che evidente l’assurdità insita nell’obbligo per il cittadino di trasmettere per ben tre volte gli stessi dati a tre soggetti diversi con più che probabile possibilità di errori e/o di smarrimento dei moduli (visto il funzionamento del servizio di recapito della corrispondenza evenienza da non escludere a priori).
Ancora una volta si è persa l’occasione per dare corpo alla semplificazione della burocrazia rendendo reale la collaborazione fra i vari uffici della pubblica amministrazione evitando così al cittadino di fornire dati già in possesso di qualche settore pubblico, eliminando così la ridicola situazione dell’utente che si presenta (ed intasa) qualche ufficio per farsi fornire dati da inviare (succede anche questo!!) all’ufficio od alla stanza vicina.
Non sarebbe stato sufficiente indirizzare la richiesta alle sole nuove utenze e non a tutti gli utenti?
Visto che la norma era contenuta della finanziaria dell’anno 2005 del Governo Berlusconi non sarebbe stato possibile in più di due anni di tempo, se non risolvere il problema come ho detto in precedenza, informare in modo migliore e più compiuto il cittadino?

L'ICI nella Finanziaria 2008 - Maggiore detrazione ICI per la prima casa

Se in occasione delle precedenti uscite abbiamo accennato, in modo sommario ed in linea generale, alle novità per la casa contenute nella finanziaria 2008, con questo numero esaminiamo in particolare ed in maniera più dettagliata, i vari articoli che trattano disposizioni collegate alla casa.
E l’esame non poteva che partire con le nuove disposizioni concernenti l’I.C.I. e più precisamente con quanto previsto dall’art. 1, cc. 5, 7, 8 e 287.
Viene stabilito che dall’imposta comunale sugli immobili dovuta per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si detragga – per le abitazioni diverse da quelle di categoria catastale A/1, A/8 e A/9 (tale limitazione è stata sostituita durante l’iter del provvedimento a quella, inizialmente prevista, correlata al reddito del contribuente) – un “ulteriore” importo pari all’1,33 per mille della base imponibile (il valore catastale dell’immobile). Le tre categorie catastali escluse dall’agevolazione corrispondono ai seguenti immobili: A/1 = Abitazioni di tipo signorile; A/8 = Abitazioni in ville; A/9 = Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici.
La nuova detrazione viene definita “ulteriore” perché essa si aggiunge a quella già prevista dalla legge nella misura minima di 103,29 €. misura che i Comuni hanno già da tempo facoltà di elevare fino a 258,23 €. (anche limitatamente a categorie di soggetti “in situazioni di particolare disagio economico-sociale”, individuate in delibera) ovvero in misura anche superiore a tale importo, con divieto però – in quest’ultimo caso – di stabilire una aliquota superiore a quella ordinaria per le unità immobiliari tenute a disposizione del contribuente.
L’ulteriore detrazione non può essere superiore a 200 €.. Essa si aggiunge – come detto – alla misura minima di 103,29 euro prevista dalla legge statale, raggiungendo così un importo massimo di 303,29 €. Il tutto deve poi coordinarsi con le delibere comunali; qualora un Comune preveda una detrazione superiore a 303,29 €., troverà applicazione tale più favorevole misura; in caso contrario, il contribuente applicherà la più conveniente (doppia) detrazione “statale”.
Identicamente a quanto già previsto per la detrazione “ordinaria”, si prevede che la nuova detrazione possa essere fruita fino al raggiungimento dell’ammontare dell’imposta dovuta (nel senso che non potrà superare quest’ultimo) e che sia rapportata al periodo dell’anno durante il quale si protrae la destinazione dell’immobile ad abitazione principale. Allo stesso modo, si dispone che, qualora l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetti a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.
Si ricorda che la Finanziaria 2007 è intervenuta sul concetto di abitazione principale ai fini della detrazione Ici, disponendo che per tale si intende, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica (ma è rimasta, nella stessa norma, la definizione originaria della fattispecie, secondo la quale per abitazione principale si intende quella in cui il contribuente e i suoi familiari dimorano abitualmente).
Si prevede poi che la minore imposta che deriva dall’applicazione della nuova detrazione prevista, sia rimborsata dallo Stato ai Comuni secondo specifiche procedure. L’ammontare del trasferimento compensativo è determinato con riferimento alle aliquote e alle detrazioni vigenti al 30.9.’07.

lunedì 21 gennaio 2008

Il condominio ed il nuovo ruolo degli amministratori

Il prossimo 31 Gennaio si svolgerà a Roma nella sede di Palazzo Marini (Camera dei Deputati) la presentazione del volume Confedilizia “Regolamento condominiale multietnico” (accompagnato dalle “leggi sulle locazioni spiegate in più lingue”).
A prescindere dalla soddisfazione personale derivante dalla circostanza di essere stato chiamato a svolgere una mia relazione quale ideatore del regolamento, ritengo che queste iniziative rappresentino il viatico migliore per contribuire a far sì che la figura ed il ruolo dell’amministratore assumano, finalmente mi viene da dire, una veste ed un ruolo che possano portarci fuori da quello stereotipo di “faccendiere” che per comportamenti scorretti e scarso impegno nell’affrontare la specificità e particolarità di questa professione ci siamo ritrovati stampato addosso.
L’egoismo personale che alcuni hanno preferito alla qualificazione professionale ed alla valorizzazione del proprio lavoro, il mercimonio che ha sostituito la soddisfazione morale di costruire qualcosa di importante ed infine, ma non ultima, la scelta di svendere la propria dignità per la sciagurata decisione di “avere” più che di “essere” hanno fatto sì che questa attività, faticosa ed allo stesso tempo interessante, dura ma particolarmente appagante - se svolta a più ampio respiro – non ottenesse i riconoscimenti dovuti.
Ci sarebbe ancora la possibilità di fare qualcosa perché nuovi ed importanti compiti aspettano gli amministratori e fra questi, difficile e nello stesso tempo affascinante, quello di affrontare le problematiche della multietnicità del condominio contribuendo a risolvere il grande, immenso problema dell’immigrazione che, anche per la grave situazione economica dei paesi a basso sviluppo e conseguenti difficoltà di sopravvivenza, diventerà sempre più pressante richiedendo soluzioni che possono anche partire, perché no, dal condominio.
In questa realtà si verifica il primo impatto della convivenza fra etnie diverse ed un buon rapporto all’interno della comunità condominiale con i nostri vicini di altra nazionalità, di diversi costumi ed usanze può essere il miglior viatico per un’integrazione corretta e positiva nel rispetto delle diverse culture.
Possibile non capire che questo è il senso della nostra professione?

lunedì 14 gennaio 2008

Il condominio e le barriere architettoniche

Auspicabile la solidarietà condominiale in aiuto dei più deboli
Spesso nell’attività dell’amministratore di condominio sono pochi i momenti di vera e propria soddisfazione ed altrettanto limitati quelli in cui il proprio lavoro ha un senso ed una validità sociale. Uno di questi è quando circostanze favorevoli, non sempre ottenibili nell’ambito condominiale (frequentemente soggetto ad interessi del singolo più che a quelli della collettività), consentono all’amministratore di risolvere i problemi derivanti dall’esistenza di barriere che rendono difficile l’uso delle parti comuni dell’edificio ed in modo particolare in quelli realizzati prima dell’emanazione di leggi che finalmente, anche se non compiutamente, hanno preso in esame anche questo tipo di problema.
Eppure, basterebbe riuscire a comprendere che sono incluse nel concetto di disabilità le situazioni inerenti persone anziane, donne in stato di gravidanza, coloro che sono reduci da interventi chirurgici (in particolare agli arti) in conseguenza di incidenti di qualsiasi genere ed in definitiva a tutti quelli che, sia pure momentaneamente, si trovano nella condizione di non poter usufruire della completa facoltà motoria.
Pensiamo a quanto diventi difficile vivere in un edificio dove non esista l’impianto di ascensore e quanto ciò si possa tradurre, per le persone anziane, nell’impossibilità di mantenere una vita sociale attiva e, di conseguenza, provocare un progressivo isolamento all’interno dell’abitazione rendendo necessario l’intervento delle strutture pubbliche per un aiuto pratico (la spesa giornaliera, il ritiro della corrispondenza, lo svolgimento di pratiche burocratiche, etc.)
La stessa difficoltà, sia pure in proporzione ridotta, si verifica quando esistono scale che rendono difficile entrare e/o uscire dal proprio appartamento trasformandosi in vere e proprie montagne dalle cime irraggiungibili per chi ha difficoltà motorie.
Un semplice monta-scale potrebbe aiutare a superare l’ostacolo, ma, più spesso di quanto si creda, la mancanza di sensibilità e l’assenza di solidarietà (sbandierata a parole ma non nei fatti) ne rendono difficile l’installazione, a meno che la relativa spesa non sia assunta direttamente dal disabile.
In direzione di un intervento davvero efficace sul problema, sarebbe opportuno riempire un vuoto legislativo che allo stato attuale semplifica la possibilità di realizzazione per l’aspetto normativo, ma non si occupa affatto delle questioni inerenti la parte economica.

Condominio e PN10

Sempre più spesso indagini e ricerche tecniche, svolte da enti pubblici od associazioni ambientaliste più o meno importanti, attribuiscono al riscaldamento degli edifici una grossa responsabilità per le immissioni nell’aria di polveri inquinanti e nocive chiamate PN10.
Posto ciò come un dato reale, indipendentemente dalla percentuale di responsabilità di immissioni nocive, appare poco comprensibile come la Pubblica Amministrazione non si sia attivata per un’inversione di tale tendenza. In tal senso, sono mancati gli interventi opportuni e realizzabili tramite disposizioni capaci di costringere i costruttori, i progettisti, gli impiantisti e tutti coloro che vi fossero coinvolti ad adottare ogni provvedimento necessario a limitare o ad eliminare completamente questo fenomeno.
E’ inoltre inconfutabile come di frequente, chi dovrebbe attuare i controlli anche soltanto in relazione all’ applicazione delle leggi esistenti, non svolga correttamente il proprio compito venendo meno al proprio dovere, con la conseguente insolvenza di un problema importantissimo per la qualità della vita dei cittadini , delle cui conseguenze ci si rende conto solamente ora.
Un esempio pratico, ancorché semplicissimo, è quello delle emissioni provocate dalle centrali termiche condominiali che potrebbero essere ridotte mediante l’incentivazione di dispositivi atti a ridurre gli sprechi e le emissioni, attraverso la semplice eliminazione delle distorsioni nell’erogazione del calore determinate dalla totale mancanza di dispositivi tecnici capaci di sopperire a carenze costruttive ed impiantistiche.
Sarebbe sufficiente che venisse incentivata la realizzazione del sistema della “contabilizzazione calore”, la quale porterebbe ad una sostanziale eliminazione degli sbilanciamenti degli impianti e dei conseguenti maggiori consumi, oltre che alla conseguente diminuzioni delle emissioni nocive. Tutto ciò, a fronte di un basso costo.
Invece di proporre faraoniche soluzioni difficilmente attuabili – e basterebbe conoscere la realtà condominiale per capirlo - non servirebbe nient’altro che contribuire a livello regionale (se lo Stato non sopperisse diversamente) alla copertura degli interessi derivanti da finanziamenti ai condomini da parte istituti di credito convenzionati (che sarebbero certamente interessati a questo tipo di interventi).
Come dire “massimo risultato con il minimo sforzo”! Non sarà allora legittimo pensare che le soluzioni troppo semplici sono quelle meno gradite a chi ci governa?