venerdì 17 luglio 2009

Provincia di Firenze: un provvedimento importante!

Non sempre siamo stati teneri con gli enti locali, né abbiamo fatto sconti per la Provincia di Firenze, intervenendo in modo critico quando i provvedimenti o le decisioni assunte erano contrastanti, a nostro parere, con gli interessi degli iscritti a Confedilizia, in particolare e con quelli dei proprietari di case in generale.
Questa volta, a dimostrazione della correttezza e coerenza dell’operato dell’Associazione, dobbiamo rivolgere un plauso ed un riconoscimento proprio all'Ente provinciale, che, sicuramente fra le poche in Italia se non l'unica, si appresta ad erogare dei contributi a fondo perduto per gli interventi di contabilizzazione del calore negli edifici in condominio dotati di impianto termico centralizzato. Finalmente un'Istituzione che ha compreso l’importanza di questo tipo di soluzione tecnica che, praticamente, consente di realizzare una sorta di impianto autonomo evitando gli sprechi tipici degli immobili in condominio il cui riscaldamento centralizzato funziona a “ruota libera” e cioè senza alcuna possibilità di limitazione delle temperature nei vari ambienti delle singole unità immobiliari. Per questo motivo, oltre alla mancanza di un vero e proprio bilanciamento delle superfici radianti nei singoli appartamenti, assistiamo spesso nella stagione invernale al fenomeno ingiustificabile di finestre aperte e, logicamente, impianti in funzione con sprechi enormi di risorse economiche che, peraltro, vanno a carico dell’intera comunità condominiale.
Si è capito da parte della Provincia che questo semplice e relativamente poco costoso sistema avrebbe consentito di eliminare questi inconvenienti, portando ad un generale abbassamento dei consumi e ad una riduzione delle emissioni nell’atmosfera, oltre a contribuire a migliorare le condizioni ambientali. Un aiuto economico ed un incentivo tesi a favorire – verrebbe da dire finalmente – la riduzione degli sprechi- e del malcostume, aggiungiamo noi- nella gestione degli impianti di riscaldamento centralizzati con risultati che in alcune realtà già realizzate sono andati oltre le più rosee previsioni arrivando ad una riduzione dei consumi di oltre il 23%.
Spiace dover rilevare che analoga sensibilità non sia stata dimostrata dal Governo, il quale ha riconosciuto per questa tipologia di intervento gli incentivi fiscali con la detrazione del 55% della spesa sostenuta (anziché del 36% vigenti per le ristrutturazioni) finalizzati al contenimento energetico solo nel caso possa essere dimostrato almeno un valore percentuale minimo conseguente alla realizzazione. Evidentemente, ciò richiederebbe ulteriori spese tecniche che di fatto rendono nullo o lo limitano considerevolmente l’ulteriore beneficio dell’aliquota superiore di detrazione.
Eppure sembra facilmente comprensibile, anche ad un profano della materia, che a fronte di una spesa contenuta (nell’ordine di circa 900 euro per un appartamento con sei radiatori) per la realizzazione della contabilizzazione del calore si ottiene un risultato apprezzabile e significativo sia in termini della riduzione dei consumi che della tutela ambientale. Per questo rivolgiamo un sincero apprezzamento per l’iniziativa della Provincia di Firenze che, ci auguriamo, sia riproposta anche per gli anni successivi.

venerdì 10 luglio 2009

Quando la correttezza è quella che conviene

Nel corso del giornale dell’emittente locale Lady Radio del 7 Luglio 2009 il neo-sindaco di Firenze, Matteo Renzi, ha rimarcato – giustamente dobbiamo dire – che per combattere il fenomeno dei venditori abusivi stranieri (extra comunitari e non) bisognerebbe cominciare a colpire non solo chi produce oggetti contraffatti, ma anche coloro - italiani soprattutto - che affittano a prezzi esorbitanti gli appartamenti “a nero” a queste persone, speculando sulla loro necessità di ottenere un alloggio che non di rado viene condiviso da un numero spropositato di inquilini.
Se è vero che questa affermazione risponde alla realtà – e Confedilizia ha sempre combattuto tale fenomeno, assolutamente ingiustificabile – il Sindaco dovrebbe ricordare che la nostra Associazione (che rappresenta la piccola proprietà diffusa e non le grosse immobiliari) ha aderito e sottoscritto, insieme alle organizzazioni degli inquilini ed all’Amministrazione comunale, un protocollo d’intesa che prevede il rimborso dell’I.C.I. (imposta comunale sugli immobili) ai proprietari che cederanno in locazione un appartamento, alle condizioni previste dall’articolo 2 della legge 431/98, senza incrementare il canone rispetto al precedente accordo del 2004.
Lo dovrebbe ricordare perché ormai da troppi anni i piccoli proprietari sono stati costretti, termine assolutamente giusto e pertinente, a farsi carico del problema della casa per tutti quei cittadini che non hanno potuto (ed anche voluto) acquistarne una per motivi soprattutto economici e che, ancora di più oggi, sono esclusi dalla possibilità di accedere al mercato immobiliare privato. Chi aveva investito i propri risparmi per ottenere un reddito integrativo del salario e/o pensione si è visto vanificare tutti i sacrifici fatti e le rinunce sopportate. Ciò è avvenuto prima con il provvedimento - iniquo ed inaccettabile - dell’equo canone, poi con i canoni agevolati ed infine con gli assurdi tempi degli sfratti per morosità. Questi ultimi, peraltro, continuamente bloccati da provvedimenti governativi, che rendono la proprietà priva di reddito - ma tassata comunque e salatamente. Al contrario, coloro che avevano preferito investire il proprio denaro in titoli di stato hanno avuto una sorte decisamente migliore.
Eppure, sarebbe bene ricordare che in entrambi i casi ci troviamo di fronte a dei cittadini che in qualche modo hanno aiutato il nostro Paese; l’uno (titoli di stato) a sostenere le spese per investimenti e per aiutare il bilancio dello stato, gli altri (i proprietari di immobili) a risolvere il problema abitativo per coloro ai quali lo stato stesso non è mai stato in grado di dare un aiuto concreto ed esaustivo.
Ed allora, a nostro modesto parere, il Sindaco Renzi dovrebbe sì sottolineare la piaga degli affitti “a nero”, ma dovrebbe tenere presente il dovere di riconoscere la preziosa collaborazione di chi ha messo a disposizione un proprio bene per aiutare il Comune di Firenze a limitare il problema della carenza di alloggi pubblici intervenendo per eliminare l’assurdità di far pagare l’I.C.I. a questi proprietari, restituendola poi a tempo e comodo. Sarebbe un bel modo per iniziare il proprio mandato!

venerdì 3 luglio 2009

Affitti irregolari: quali soluzioni?

Particolare scalpore ha sollevato la notizia riportata da quasi tutti i quotidiani – ripresa anche da alcune emittenti radiofoniche locali – che la Guardia di Finanza, al termine di una serie di controlli che hanno riguardato cinquanta posizioni, ha accertato che la metà dei contratti di locazione è “a nero” con un’evasione fiscale di quasi 300.000 euro nel corso dei primi sei mesi dell’anno corrente. Si tratta, come specificano i giornali, di una serie di accertamenti compiuti nella città di Firenze e in alcuni dei principali comuni della provincia (fra gli altri Campi Bisenzio, Scandicci, Empoli) incrociando i dati contenuti in alcune banche dati, sulla base delle risposte fornite ad un questionario inviato a molti studenti dell’università di Firenze ed, ovviamente, anche in virtù di segnalazioni ed esposti pervenuti alla Guardi di Finanza e la Polizia Municipale di Firenze.
Questa in termini essenziali la notizia che certamente colpisce ma non sorprende in quanto più volte anche noi siamo intervenuti sull’argomento rimarcando la nostra contrarietà ad un deprecabile metodo, peraltro diffuso come l’evasione in molti altri settori ed attività, che non solo inquina il mercato ma rende impossibile giungere, sarebbe da dire finalmente, ad un diverso sistema fiscale sui redditi da locazione basato sulla più volte promessa - anche dall’attuale primo ministro in campagna elettorale - e mai attuata cedolare secca sulle locazioni. Pur non essendo assolutamente ingiustificabile l’evasione, che come detto danneggia tutti i cittadini corretti ed onesti impedendo la rimodulazione delle aliquote in base alle entrate tributarie effettive, è evidente come l’attuale livello di imposte che gravano sulla casa in generale (mitigato solo in parte minimale dall’abolizione dell’ICI sull’abitazione principale) e sulle locazioni in particolare sia arrivato ad un punto tale di onerosità da incentivare questo censurabile comportamento. Abbiamo già fatto notare nelle scorse settimane come uno studio compiuto dalla Confedilizia dimostri che la soluzione proposta, ripetiamo accolta da tutte le forze politiche, maggioranza ed opposizione, non provochi quegli stravolgimenti paventati dal governo nelle entrate fiscali in quanto la regolarizzazione di molti dei contratti esistenti, conseguente alla cedolare secca sui redditi da locazione, coprirebbe gran parte del mancato introito per la riduzione dell’aliquota imposta (legata ora alla progressività del reddito del proprietario dell’immobile) e consentirebbe il ritorno sul mercato di numerose abitazioni sfitte che tali sono anche – ma non solo - per ragioni fiscali. Questo risultato provocherebbe la contemporanea riduzione di altre spese che lo stato sostiene (attraverso gli enti locali) per dare un alloggio a chi non lo ha o per aiutare, con contributi di vario genere, coloro che non riescono a far fronte al canone di locazione.
Più volte abbiamo chiesto al governo di attuare questo provvedimento almeno per i contratti di locazione abitativa agevolata accettando i quali i proprietari (e la nostra associazione che li rappresenta in occasione delle periodiche trattative) dimostrano la massima disponibilità ed apertura ricevendo in cambio poca collaborazione da qualche comune che, vedi il caso di Firenze, pretende il pagamento dell’ICI riservandosi di restituirlo, ovviamente a tempo e comodo, al locatore. Se questo è il sistema di incentivare le locazioni e di porre fine alla piaga del nero non è certo un buon inizio!

venerdì 26 giugno 2009

Pellet radioattivo e fonti energetiche alternative

La notizia, apparsa su tutti i quotidiani nazionali e locali, è di quelle che gettano inquietudine e creano preoccupazione in quanto viene a toccare un settore che sembrava aver trovato un’alternativa, oltre a quella delle fonti energetiche rinnovabili (sole, vento, acqua, etc.), per mettere fine - od almeno diminuire - non solo la dipendenza dai sistemi tradizionali (gasolio, metano e comunque tutti i derivati dal petrolio) ma di instaurare percorsi virtuosi per l’abbattimento dell’inquinamento e contenere la spesa che grava in modo consistente sulle già scarse risorse delle famiglie italiane.
Si tratta della scoperta (a seguito di un filone di indagine partito dalla Procura della Repubblica di Aosta), in Toscana ed in particolare nella provincia di Firenze, della presenza in commercio di partite di “pellet” radioattivo – per la presenza di “cesio 137” – importate dalla Lituania dove si è fatto sentire l’effetto del disastro della centrale nucleare di Chernobyl che, evidentemente ed ovviamente, ha colpito anche boschi e foreste.
Per far capire meglio la questione ai nostri lettori è opportuno spiegare che il “pellet” è un combustibile ricavato dalla segatura essiccata e poi compressa in forma di piccoli cilindri con diametro di pochi millimetri. La capacità legante della lignina – esistente nella legna – consente l’ottenimento di un materiale compatto senza aggiungere sostanze chimiche particolari o dei semplici additivi. Risultato, un combustibile naturale ad alta resa che, grazie alla pressatura, offre un potere calorifico doppio rispetto al legno (anche se incide la percentuale di legni duri usati in origine). Il pellet è usato in stufe e caldaie di ultima generazione, in sostituzione dei tradizionali ceppi di legno. Ciò apporta una serie di miglioramenti sotto il profilo ecologico, energetico e gestionale degli impianti di riscaldamento.
E’ facilmente comprensibile come la scoperta di “cesio 137” in questo materiale desti la massima preoccupazione, non solo per il legame con la triste vicenda di Chernobyl, ma per il semplice fatto che gli effetti maggiori e più pericolosi per la salute sono legati allo smaltimento delle ceneri e ai fumi, per cui si viene a mettere in discussione una delle fonti energetiche più innovative (anche se di fatto si tratta di tornare ai vecchi e tradizionali sistemi di una volta) che tanta speranza ed entusiasmo aveva destato nei cittadini e negli operatori del settore immobiliare.
C’è da augurarsi che la vicenda sia limitata ad una sola azienda ed all’importazione del prodotto da una zona colpita da un disastro nucleare immane e mai dimenticato. Se così non fosse ,verrebbe a cadere una delle possibilità di contribuire al miglioramento ambientale ed alla riduzione delle spese; si affievolirebbe l’attenzione e l’interesse dei cittadini/consumatori nei confronti di un metodo usato da millenni, ma sicuramente innovativo per le metodologie delle apparecchiature e per l’ottimizzazione del combustibile. E’ troppo chiedere di lasciarci almeno delle speranze?

venerdì 19 giugno 2009

Prezzo del gas: scende o non scende?

Una volta si diceva che il mestiere più difficile fosse quello dei genitori, ma c’è da giurare che quello del “consumatore” non è certamente da meno. Per avere una conferma a questa nostra affermazione basta aver seguito su tutti gli organi di informazione la polemica sorta fra Nomisma Energia e l’Autority per l’energia. Queste danno un’interpretazione diametralmente opposta all’eventualità che la riduzione del prezzo del greggio si rifletta sulla diminuzione delle bollette del gas e dell’energia elettrica rispettivamente per un 9,5% - per le prime – e del 2,1% - per le seconde – a partire dal prossimo trimestre luglio-settembre. Addirittura, in relazione ad alcune stime, si era quantificato un risparmio medio per famiglia di circa 97 euro per il gas e di 9,5 euro per l’energia elettrica.
Tuttavia, con buona pace delle associazioni dei consumatori, l’Authority, ha dichiarato: “le previsioni che di tanto in tanto istituti specializzati comunicano in merito alle bollette di elettricità e gas non rappresentano altrettante frequenti variazioni della spesa familiare. Tali previsioni, spesso imprecise per difetto o per eccesso e difformi fra loro, possono turbare i mercati e comunque disorientare gli stessi consumatori, indotti a pensare che i prezzi di riferimento varino disordinatamente nel tempo e più frequentemente rispetto alle scadenze trimestrali”.
Di fronte a queste sconcertanti dichiarazioni viene naturale chiedersi come sia possibile che la stessa Autorità non ravvisi l’enorme ed ingiustificabile stortura che sovrintende al mercato dell’energia (gas e luce elettrica ma non solo perché la questione riguarda anche i carburanti) ed alle società di riferimento – comprese quelle pubbliche e/o a partecipazione pubblica – sempre pronte, e con un’immediatezza da fare invidia a chiunque, a recepire le variazioni in più del mercato del petrolio ed estremamente disattente od elusive quando avviene il contrario.
Le famiglie hanno subito un salasso di proporzioni enormi quando il barile ha raggiunto livelli impensabili (oltre 150 dollari per barile), con riflessi notevolissimi sul costo del gas metano e dell’energia elettrica. D'altra parte, ben poco chiaro hanno visto quando la tendenza è stata opposta e si è giunti ad un costo molto basso addirittura a livelli record per negatività. Eppure, come al solito, la risposta a questo tipo di problema sarebbe semplicissima (forse troppo?) in quanto basterebbe obbligare le società interessate a mettere sul mercato, al prezzo di riferimento dell’acquisto, lo stesso quantitativo di prodotto prelevato. Cioè, molto semplicemente, se ho acquistato a 50 dollari al barile una quantità ben definita dovrei essere obbligato a rivenderla con lo stesso valore di riferimento. Una volta tanto, i consumatori (noi stessi quindi) sarebbero tutelati e protetti da una speculazione alla quale nessuno ha il coraggio di porre fine, continuando a perpetrare un sistema nel quale l’anello debole (il cittadino) è sempre danneggiato.
Ci permettiamo di porre ai nostri lettori ed a noi stessi una domanda: ma per far questo c’era bisogno di creare un’Authority? O potevamo almeno risparmiare i costi di un altro ente che, evidentemente, non serve ad eliminare un sistema discutibilissimo (se vogliamo usare un termine molto soft) e sicuramente sbilanciato a favore dei soliti?

venerdì 12 giugno 2009

IMMIGRAZIONE E CONDOMINIO – Dalle elezioni un messaggio da recepire.

Ha destato non poca sorpresa, almeno per quanto riguarda le nostre zone, il risultato elettorale di alcune liste – in particolare quello della Lega nord – che del tema immigrazione hanno fatto un loro cavallo di battaglia da lungo tempo. Spesso, con un’interpretazione discutibile, ma certamente in linea con il pensiero di molti cittadini sicuramente stanchi di una situazione sociale ed economica attribuita – in qualche caso a torto, seppur con qualche indiscutibile ragione – ad un fenomeno non sempre ben governato.
Indicativo a proposito quanto verificatosi nella provincia di Prato, che negli ultimi anni ha subito in maniera traumatica la consistente immigrazione cinese. Tale flusso, per così dire, di dimensioni anomale ha pesato sull’intera comunità locale, determinando una progressiva e preoccupante crisi del settore tessile, da molto tempo fiore all’occhiello dell’intera città .
A questo aspetto, indubbiamente importantissimo, si è aggiunto quello della difficoltà di gestione dei rapporti sociali e la creazione di una vera e propria città nella città, rappresentata dal sorgere di interi quartieri e/o zone della città completamente monopolizzati dalla comunità cinese. In questa situazione si viene ad inserire anche l’aspetto della vita condominiale, i cui equilibri sono stati del tutto scompaginati. Anche per la mancanza di leggi e norme specifiche, si è verificata l'impossibilità di assumere ed attuare iniziative per evitare un continuo peggioramento della qualità delle condizioni degli edifici con un costante ed ininterrotto degrado.
Più volte da parte nostra è stato segnalato questo pericolo e spesso ci siamo trovati a chiedere - ed a chiederci - il perché una parte così importante nella realtà delle città, grandi o piccole che siano, come di fatto sono i condomini sia stata completamente dimenticata dalla politica e dalle istituzioni. Così come ci siamo chiesti il perché nessuno – Governo, Regioni ed Enti locali – abbia compreso che il primo luogo dove si può intervenire per creare non solo l’integrazione, ma anche la comprensione delle leggi e norme di vita civile, almeno per come la intendiamo noi, è il condominio. Qui convivenza e rispetto dei doveri, prima ancora che il riconoscimento dei diritti, sono alla base di un rapporto che, sia pure nel rispetto delle proprie tradizioni, non può prescindere dall’accettazione dell’insieme delle regole del Paese nel quale si è scelto di vivere.
Ancora più grande è l’amarezza di dover prendere atto di una situazione che non getta le basi a favore di una corretta integrazione. La direzione è infatti quella di ghettizzazioni e/o creazioni di comunità nella comunità. D'altra parte, è proprio il fenomeno dei cittadini cinesi ad insegnarlo: il mancato riconoscimento da parte delle istituzioni della necessità di intervenire, con i fatti e non solo con parole, è la causa prima di un disagio ormai avvertito in tutta la società. Sarebbe stato sufficiente - e ciò non equivale a dire facile - “governare” il fenomeno e non subirlo.
Nel nostro piccolo avevamo lanciato l’idea del regolamento condominiale multietnico, che avrebbe potuto rappresentare un modo di far comprendere la realtà del condominio ai cittadini stranieri, ma la gran parte delle istituzioni non ha ben compreso lo spirito e l’importanza dell’iniziativa. Peccato, perché a nostro parere si è persa un’altra opportunità.

venerdì 5 giugno 2009

ICI: siamo all’acconto del 16 giugno

Anche se ormai si tratta di un’imposta rimasta in vigore per le seconde case, gli immobili sfitti o per quelli dati in locazione, è bene ricordare ai nostri lettori che entro il prossimo 16 Giugno dovrà essere versato l’acconto dell’I.C.I. Premesso che è confermata l’esenzione, con alcune eccezioni che peraltro vedremo in seguito, per l’abitazione principale e le pertinenze, per cui di questa imposta si parla molto meno, riteniamo necessario fornire alcune indicazioni a quei proprietari che in questi giorni si trovano ad affrontare questa nuova scadenza – nel caso specifico l’acconto – anche se non ci sono particolari e rilevanti novità da segnalare e sottolineare.
Com’è ormai consuetudine quando ci troviamo a parlare di tasse, imposte ed altri tributi restano sempre molte perplessità nell’individuazione degli immobili per i quali, a parte l’abitazione principale, è stato riconosciuto il diritto all’esenzione e quindi – in questo caso niente di nuovo sotto il sole del sistema tributario – dovremo armarci di pazienza per riuscire a districarsi nelle norme vigenti per capire se l’imposta sia o meno dovuta.
Detto dell’abitazione principale, che quasi sempre coincide con la residenza anagrafica, e ribadito che l’esenzione non è riconosciuta a quelle più lussuose (categorie catastali A1, A8 ed A9 sia pure adibite ad abitazione principale), l’imposta deve ritenersi dovuta per le residenze secondarie (quindi le case al mare o in montagna), per gli immobili dati in locazione oppure sfitti e sugli immobili ad uso diverso dalle abitazioni (come negozi, uffici, magazzini, etc.) ed infine sui terreni agricoli – con la sola eccezione di piccoli orti – e sulle aree edificabili. Il pagamento è dovuto non solo dai proprietari ma anche dai titolari di un diritto reale sul medesimo bene quali l’usufrutto, l’uso, l’abitazione, l’enfiteusi e la superficie) nonché da coloro che utilizzano immobili in leasing.
Nell’ipotesi di più proprietari ciascuno di questi dovrà corrispondere l’imposta in ragione della propria quota di possesso e in relazione ai mesi di possesso tenendo presente che dopo il quindicesimo giorno deve esse considerato un mese.
Mentre la prima rata, come ricordato nel titolo, deve essere versata entro il 16 Giugno, la seconda – a saldo – dovrà essere corrisposta entro il 16 dicembre. Unica eccezione i cittadini residenti all’estero che possono pagare l’I.C.I. in un’unica rata entro il 16 dicembre con l’aggiunta degli interessi del 3% sulla rata da versare a giugno.
Calcolare l’imposta dovuta, per chi da lungo tempo è proprietario di immobili non si tratta più di un problema, non è particolarmente difficile (ricordiamo che sul sito di Confedilizia – www.confedilizia.it – esiste una procedura specifica per il calcolo dell’imposta). Si tratterà di trovare la base imponibile prendendo la rendita catastale – il dato è rilevabile dal rogito o potrà essere chiesto con una semplicissima visura catastale – e rivalutarla del 5%. Ottenuta così la rendita si tratterà di moltiplicarla per una serie di coefficienti che sono legati alla tipologia dell’immobile. Da tenere presente che non si può più utilizzare una “rendita presunta” per cui in mancanza di questa sarà obbligatorio richiederla.
Per effettuare il calcolo si dovrà tenere conto dei seguenti coefficienti:
- 100 per le abitazioni – categoria catastale A ad esclusione della A10 -, i box (categoria C6) ed i magazzini;
- 50 per uffici e studi (categoria A10) e per i capannoni (categoria D);
- 34 per i negozi (categoria C1).
Nel caso dei terreni agricoli (si deve fare riferimento solo a quelli coltivati imprenditorialmente escludendo quindi quelli incolti o coltivati solo occasionalmente) si dovrà rivalutare del 25% il reddito dominicale moltiplicandolo poi per 75. Nel caso di aree fabbricabili si dovrà fare riferimento al valore commerciale al 1° Gennaio.
Come abbiamo detto in precedenza l’I.C.I. resta in vigore per gli immobili di categoria catastale A1 – signorili – A8 – ville – ed A9 – castelli, palazzi – anche se adibite ad abitazione principale. Per questi immobili rimane, come per il passato, il diritto ad una detrazione di euro 103,29 che molti comuni hanno arrotondato ad euro 104,00. Ovviamente la detrazione competerà per i mesi in cui l’immobile è stato direttamente utilizzato e dovrà, inoltre, essere divisa tra i comproprietari che vivono nell’abitazione. Nel caso in cui solo uno dei proprietari avesse la residenza nell’appartamento la detrazione competerà esclusivamente ed interamente a questo.
Con il pagamento del 16 di Giugno (acconto) si versa quanto dovuto per il periodo gennaio-giugno mentre a dicembre oltre a versare quanto dovuto per il secondo semestre si potranno corrispondere somme non conteggiate come acconto. Normalmente in presenza di un possesso per tutto l’anno dovrà essere corrisposto il 50% dell’intera somma dovuta. Poiché non è raro che alcuni comuni deliberino le aliquote ovvero stabiliscano i soggetti titolari di detrazioni e/o agevolazioni solo dopo la data di scadenza dell’acconto, sarà possibile versare il 50% della somma dovuta per l’anno precedente – ovviamente tenendo conto del periodo di effettivo possesso in relazione ad eventuali variazioni del proprio patrimonio in conseguenza di acquisti, vendite, successioni – provvedendo a sanare eventuali differenze derivanti da decisioni dell’amministrazione comunale intervenute in ritardo con il saldo da versare a dicembre.
In pratica, per semplicità, si potrebbe così schematizzare:
- calcolare l’imposta da versare sulla base delle aliquote dell’anno 2008;
- determinare l’imposta dovuta sulla base della quota e del periodo di effettivo possesso;
- sottrarre la detrazione per l’abitazione principale (esclusivamente per gli immobili di categoria catastale A1, A8 e A9);
- calcolare l’importo della prima rata corrispondente all’I.C.I. dovuta per il 1° semestre (nella misura del 50% del totale se il possesso è riferito a tutto l’anno);
- versamento del saldo mediante il ricalcolo dell’imposta sulla base delle regole emanate dai comuni per l’anno 2009 detraendo l’acconto versato.
Poiché per interpretazione dei comuni l’uso delle aliquote dell’anno 2009 – nell’ipotesi che fossero inferiori a quelle del 2008 – sarebbe possibile solo mediante versamento dell’I.C.I. in unica soluzione , sarebbe consigliabile applicare la procedura indicata in precedenza anche nell’ipotesi che fossero note le aliquote e le detrazioni dell’anno 2009 ed, ovviamente, possibile versare l’acconto corrispondente alla misura prevista.

Locazioni e sfratti: occorre un coordinamento

Anche per chi opera nel settore immobiliare ormai da molti anni e da tempo ha responsabilità all’interno di un’associazione che rappresenta i proprietari qualche volta è difficile comprendere e/o trovare una giustificazione a comportamenti che difficilmente possono trovare una spiegazione logica. Tale, infatti, può essere considerata la notizia apparsa su alcuni quotidiani locali dell’avvenuto sfratto di una famiglia composta da quattro persone, delle quali due bambini, effettuata con l’intervento della forza pubblica in una frazione del comune di Campi Bisenzio e che ha provocato un malore all’inquilino sfrattato con conseguente ricovero in ospedale.
Ovviamente la stranezza di quanto accaduto non sta certamente nell’esecuzione dello sfratto mediante la forza pubblica perché ormai si verificano continuamente eventi del genere, ma piuttosto nel fatto che, in questa circostanza, l’inquilino aveva già trovato un nuovo alloggio e che un semplice rinvio di una quindicina di giorni avrebbe consentito di evitare ad una famiglia il disagio, diciamo pure il trauma, di un provvedimento che è già difficile da accettare quando viene svolto in tutta normalità ma che diventa sconvolgente quando è la forza pubblica ad intervenire.
Pare naturale, nella circostanza, pensare che è mancata del tutto la capacità di dialogare da parte dei soggetti interessati – inquilini e proprietà - così come assente è stato l’ente locale, ci riferiamo al Comune ed all’assessorato competente, che avrebbe avuto forse la possibilità di suggerire o più propriamente mediare per trovare una soluzione che portasse ad un semplice rinvio del provvedimento.
In tutti i casi l’intera vicenda è la dimostrazione di quanto la situazione degli sfratti (per fine locazione e per morosità) sia diventata notevolmente conflittuale per la mancanza di capacità di intervenire da parte dei vari governi che si sono succeduti nel tempo nel settore delle locazioni con leggi che prendano in esame l’intero settore degli affitti senza ricorrere solo ed esclusivamente ad un continuo ed inaccettabile blocco degli sfratti (compresi quelli per morosità) - e per l’impossibilità, non solo economica, degli enti locali (regioni, provincie e comuni) di assumere un ruolo più propositivo ed esaustivo nella ricerca di soluzioni.
E’ mancata soprattutto la capacità di aprirsi alle proposte ed ai suggerimenti da parte di quei soggetti (rappresentanti della proprietà e degli inquilini in primis) che vivendo giorno per giorno questi problemi avrebbero la possibilità di suggerire soluzioni condivise e percorsi diversi da quelli che la politica ha percorso fino ad oggi e che non hanno portato risultati e benefici. Si è preferito lasciare che si aprisse una “guerra fra poveri” piuttosto che avere l’umiltà di ascoltare chi avrebbe potuto dire qualcosa di utile accettando le situazioni che abbiamo visto in premessa, indicative e sintomatiche di un sistema ormai privo di qualsiasi possibilità di miglioramento se non si scegli di ripartire da metodologie diverse e da norme più civili.
Basterebbe poco! Forse che la “politica ed i politici” sappiano con umiltà semplicemente ascoltare chi, almeno qualche volta, i problemi li conosce meglio e per questo potrebbe suggerire soluzioni migliori del semplice rinvio o “proroga”.

venerdì 29 maggio 2009

Acqua: il confronto tra Publiacqua, difensori civici e Confedilizia. Qualcosa si muove!

Il Convegno organizzato da Confedilizia Delegazione di Campi Bisenzio-Signa e la sede territoriale di Firenze dell’associazione con la collaborazione della Presidenza del Consiglio comunale di Campi Bisenzio, svoltosi il 21 Maggio u.s. presso l’Auditorium della Cassa di Risparmio di Firenze ha rappresentato una svolta importantissima nell’ottica della realizzazione di una base permanente di confronto fra tutti coloro che operano nel settore dei servizi idrici e/o ad essi rivolgono parte della loro attività.
Essere riusciti a mettere insieme – forse per la prima volta - il Presidente di Publiacqua, Amos Cecchi, il difensore civico regionale, Giorgio Morales, quello di Firenze, Alberto Brasca, e dei comuni della piana, Emanuele Pellicanò, oltre ai vertici di Confedilizia Firenze e di Campi Bisenzio-Signa, Nino Scripelliti ed Antonio Esposito, in rappresentanza dei proprietari di case e degli amministratori di condominio, costituisce un segnale importantissimo sulla volontà reciproca di conoscere i problemi e di poterli quindi affrontare in futuro nel modo migliore a tutto vantaggio dei cittadini-utenti.
Sul tavolo sono state poste tutte le questioni che rappresentano la quasi totalità di quelle segnalate ai difensori civici dai cittadini nonché quelle problematiche che gli amministratori di condominio od i singoli proprietari di casa si trovano ad affrontare quotidianamente diventando fonte di discussioni, lamentele e proteste nei confronti dell’ente erogatore del servizio, ma – cosa più importante – con un confronto, aperto e chiaro, sono state avanzate proposte per il miglioramento del servizio e dei rapporti tra Publiacqua ed utenti da realizzarsi anche mediante altri incontri ed una valorizzazione delle commissioni congiunte.
Il difensore civico del Comune di Firenze, Alberto Brasca, dopo aver premesso che le pratiche delle quali si occupa il suo ufficio non hanno un valore statistico, si è soffermato “sulle molte lamentele che derivano dalla mancata effettuazione delle letture dei contatori, così come previsto dalla carta dei servizi, con emissione di bollette con importi elevatissimi. Il problema diventa drammatico se tra una lettura e l’altra si verifica una perdita occulta. In questi casi si raggiungono cifre consistenti alle quali gli utenti a volte non sono in grado di far fronte”. Altro motivo di lamentele rivolte al difensore civico è costituito dalla mancanza di chiarezza delle bollette – non solo di Publiacqua ma soprattutto di quelle delle ditte “recapitiste” – che sono “compilate con formule spesso molto generiche, per cui anche per noi è difficile arrivare a capirne il significato ed il perché”. Infine – ha affermato Brasca – esiste la nota dolente del deposito cauzionale cioè la cifra che l’utente versa quando sottoscrive il contratto. “A Firenze sono frequenti casi di contratti dalla durata anche di pochi anni, esempio tipico il caso degli studenti, e quando il contratto viene interrotto non si sa più a chi richiedere la restituzione del deposito. I soldi infatti sono stati pagati al recapiti sta che poi li ha girati a Publiacqua per cui se li chiedi al primo ti dicono di rivolgerti alla seconda. E con Publiacqua il problema è… molto confuso!”.
Un problema, segnalato anche dagli altri difensori civici visto che è esteso a tutto il territorio, che Brasca definisce “dramma” è costituito dalla chiusura dell’acqua. “A volte, per un solo utente moroso, chiudono l’acqua a tutto il condominio, anche a tutti gli utenti che hanno pagato regolarmente. Chi ha sempre pagato vive ovviamente tutto questo come un ingiustizia profonda, inoltre spesso le informazioni sono assai deboli: Publiacqua fa una sorta di “cassettinaggio”, mette nelle cassette dei fogliolini che possono andare facilmente perduti. E’ successo che i cittadini si siano visti togliere l’acqua senza alcun preavviso”.
Il difensore civico dei comuni della piana, Emanuele Pellicanò, ha evidenziato come i problemi sollevati dai cittadini siano in gran parte analoghi con al primo posto “le perdite occulte, aggravate dai ritardi nelle letture dei contatori e nelle fatturazioni. Proprio le fatturazioni poco frequenti, al ritmo di una bolletta all’anno, sono un’altra nota dolente, mentre ancora poco conosciuta è l’assicurazione contro le perdite occulte, la polizza che con pochi euro all’anno consente di coprire eventuali “bollette pazze” dovute proprio alle falle nelle tubazioni. Anche nella piana si lamentano spesso bollette incomprensibili e difficoltà nel farsi restituire il deposito cauzionale”. Interessante e da valutare – per Pellicanò – è un problema che sembra riguardare soprattutto Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio: quello delle corti interne. “Ci sono “zone grigie” dove il confine tra l’area pubblica e quella privata è incerto, anche per gli uffici comunali, e non si riesce a stabilire chi debba intervenire per riparare un guasto. A Calenzano si aggiungono i problemi di interruzione del servizio, con i rubinetti che restano all’asciutto come è successo anche nel palazzo comunale. Importante è anche la questione relativa a chi acquista una casa di nuova costruzione con il costruttore che assicura dell’esistenza della rete idrica per gli allacciamenti mentre Publiacqua sostiene la necessità di realizzare una nuova rete. Si ha l’impressione, forse più che questa, di uno scaricabarile ed un rimpallo di competenze nel quale il cittadino viene stritolato”.

Toscana: edilizia sempre più in crisi

Si è per il momento infranto il sogno della maggior parte delle famiglie toscane, ma soprattutto di giovani coppie, che mettevano al primo posto dei loro desideri una casa di nuova costruzione in una bella zona – possibilmente residenziale – e, magari, dotata di garage e giardino. La crisi ha contribuito notevolmente, anche se i primi segnali si rilevavano già precedentemente, ad infrangere questa speranza ed alle difficoltà già notevoli provocate dai costi dei mutui si sono aggiunti i problemi creati dalla consistente incidenza del carico fiscale che grava in modo molto più alto sulle nuove costruzioni che nei confronti di quelle usate. Si tratta di un rapporto di tre ad uno (per semplificare da circa il 10% per le nuove case al 3% per quelle usate) che in tempi di difficoltà economiche e di accesso ai mutui sono pur sempre un carico non indifferente per gli eventuali acquirenti. La conseguenza più importante e gli effetti più rilevanti sono che, praticamente, il mercato delle nuove abitazioni è del tutto fermo anche se gli effetti recessivi sono sentiti da tutto il comparto dell’edilizia con prospettive certamente non rosee per tutto il corrente anno. Già nel corso dello scorso anno 2008 le compravendite avevano registrato una flessione consistente – a due cifre – con punte di oltre il 18% in meno per la provincia ed un risultato di quasi il 14% di riduzione per i capoluoghi per gli acquisti effettuati senza ricorso ai mutui, mentre ancora più significativa è la flessione delle compravendite che si avvalgono dell’aiuto delle banche scese nel corso dello stesso anno di oltre il 27%. Tutto ciò dimostra che ad una chiara difficoltà di accedere ai mutui per un diverso atteggiamento delle banche, chi acquista una casa preferisce un atteggiamento prudenziale, confermato anche dalla lunghezza dei mutui stessi (allungata di oltre il 2%) od usufruire di risorse proprie.
Altro dato significativo è quello che riguarda la durata delle trattative che sono passate da circa tre a sei mesi ed oltre evidenziando la volontà del venditore di ottenere dalla cessione del bene il massimo possibile – il più vicino alle valutazioni del 2008 – e quella dell’acquirente di ottenere il massimo sconto. Risultato di tutto ciò è il sostanziale ristagno delle trattative e la consistente riduzione delle quotazioni immobiliari per il settore delle abitazioni che scende di un 12% nei capoluoghi e di un 15% nella provincia (rispettivamente –17% e –15% per il comparto commerciale) ed una flessione impressionante del fatturato delle agenzie immobiliari sceso in generale di oltre il 20% ed una situazione più grave per la nostra città che raggiunge il 25%, con punte di oltre il 30% nel terzo trimestre dell’anno 2008.
E’ evidente che questa situazione è ancora più rilevante e drammatica ove si consideri che nell’economia del paese – e le nostre zone non fanno eccezione – il settore dell’edilizia è da sempre considerato determinante per le sorti dell’intero sistema socio-economico italiano e la crisi di questo settore è indicativa delle difficoltà della nazione nel suo insieme. Ai grossi problemi occupazionali che si vengono a determinare (oltre agli addetti al settore edile si deve considerare anche tutto l’indotto ed i servizi ad esso collegati) si creeranno non poche difficoltà per la maggior parte dei comuni italiani che spesso, forse troppo, hanno basato i propri bilanci sulle entrate degli oneri urbanistici non preoccupandosi di intervenire con provvedimenti strutturali per la conduzione amministrativa e meno che mai con una sana politica di riduzione dei costi.

venerdì 22 maggio 2009

Firenze: una nuova via per le locazioni

Il Comune di Firenze, rappresentato dall’assessore al patrimonio, e le organizzazioni sindacali degli inquilini e dei proprietari - compresa ovviamente Confedilizia - hanno stipulato un protocollo d’intesa che prevede il rimborso dell’I.C.I. (imposta comunale sugli immobili) ai proprietari che cederanno in locazione un appartamento, alle condizioni previste dall’articolo 2 della Legge 431/98, senza incrementare il canone rispetto al precedente accordo del 2004. Con questo accordo, che sarà deliberato nel corso della seduta di giunta del 19 Maggio 2009, è stato dato un contributo importantissimo alla sottoscrizione delle intese territoriali sulle locazioni abitative da parte delle organizzazioni sindacali degli inquilini e quelli dei proprietari: un passo – piccolo ma significativo – per la riduzione del carico fiscale che grava sulle locazioni, anche se la speranza di Confedilizia è sempre orientata all’applicazione della cedolare secca sui redditi derivanti dall’affitto. L’accordo non prevede questa possibilità per le grandi proprietà come gli istituti bancari, compagnie assicurative, cooperative o comunque tutti i soggetti che hanno una disponibilità di oltre 30 unità immobiliari in locazione ad uso abitativo.
Confedilizia ha espresso il più vivo apprezzamento per questa iniziativa, che assume ancora più importanza in quanto finalizzata a sostenere gli inquilini in un periodo di grave crisi economica. Col provvedimento, si creano inoltre le condizioni per un possibile allargamento del mercato delle locazioni agli immobili sfitti ed il contestuale ed auspicabile abbattimento del fenomeno degli affitti in nero.
Interessante la prevista istituzione di un “sistema informativo che comprende un osservatorio territoriale per il monitoraggio del mercato abitativo, una commissione per la formazione professionale degli operatori del settore e un’agenzia per favorire lo sviluppo del mercato agevolando l’incontro tra domanda ed offerta”. Eccellente la decisione di “istituire un fondo con finalità di solidarietà per sostenere gli inquilini che non sono in grado di pagare l’affitto a causa di motivi di salute, licenziamento e disagi economici dovuti a rapporti di lavoro precario”.
Questa la notizia che nella sua essenzialità dice moltissimo in merito al problema delle locazioni. Vorremmo aggiungere che finalmente quello cha da molto tempo sollecitiamo – come la costituzione di una commissione e di un sistema informativo – comincia a trovare interlocutori e condivisioni sia nell’ente pubblico che nelle associazioni degli inquilini. La nostra posizione è sempre stata quella di prestare la massima attenzione nei confronti di un problema che abbiamo sempre visto non solo in funzione del nostro ruolo di rappresentanti della proprietà diffusa, ma anche degli inquilini, ritenendo importantissimo un impegno sinergico delle associazioni ai fini di trovare le soluzioni più giuste e soprattutto eque nei confronti dei soggetti che vivono sulla propria pelle la difficoltà di trovare una casa e di essere in grado di sostenerne i costi. Non una visione settaria, quindi, ma un contributo forte della nostra associazione per la soluzione di una delle questioni più importanti del nostro paese: la casa. Ci auguriamo che quanto prima sia possibile giungere ad accordi analoghi con tutti i comuni della provincia, ma, ovviamente, non abbandoniamo la battaglia più importante, costituita come già accennato dall’applicazione della cedolare secca sui redditi di locazione. Nel cassetto abbiamo le lettere di impegno del governo ed anche di rappresentanti dell’opposizione. Sarebbe opportuno che qualcuno cominciasse ad assumere le iniziative conseguenti. Solo allora raggiungeremo il massimo delle possibilità per sbloccare finalmente questo settore.

venerdì 15 maggio 2009

Acqua: un convegno per “schiarirsi” le idee

Spesso gli organi di informazione (radio-televisivi e carta stampata) riportano notizie di proteste da parte dei cittadini. Sono sovente le associazioni dei consumatori a puntare il dito contro la gestione del servizio dell’acqua e, in modo particolare, sul problema delle tariffe che rappresentano un ragguardevole onere per le famiglie soprattutto in una fase di crisi economica andata ad aggravare una situazione di difficoltà già palese in molti settori della popolazione. Inoltre, con sempre maggiore frequenza, i rapporti dei difensori civici sulle istanze presentate loro dai cittadini vedono al primo posto proprio le lamentele connesse all’acqua ed al servizio di bollettazione.
Ci sembrava opportuno fare un punto sulla situazione ed eventualmente suggerire, nell'ottica dell’utente, gli eventuali possibili interventi tesi a rendere più efficiente e più equo un servizio essenziale come la fornitura dell’acqua, bene sempre più prezioso di cu evidentemente non è possibile fare a meno – ovviamente senza gli sprechi che in passato erano frequenti e più estesi di quanto si possa pensare - ove si voglia mantenere quel livello di civiltà raggiunto dai paesi occidentali.
Lungi da voler intervenire in questa sede sulla questione ampiamente dibattuta dei metodi di gestione di un bene prezioso come appunto l’acqua – se deve essere cioè pubblica o privata - e meno che mai nell’ambito politico mediante un’analisi del mondo delle partecipate – come la maggior parte delle aziende erogatrici del servizio – in questo incontro vorremmo esclusivamente esaminare le problematiche delle tariffe (proprio come dice il titolo del convegno “dal rubinetto al depuratore”), i riflessi della recente sentenza della corte costituzionale sul canone di depurazione, le modalità di svolgimento del servizio di bollettazione per i condomini e le implicazioni dei contratti di erogazione del servizio nell’ambito dei condomini.
La presenza al convegno citato di relatori come il massimo rappresentante di una delle aziende leader del settore, Publiacqua – il Presidente Amos Cecchi – e dei Difensori Civici Regionale (Giorgio Morales), della città di Firenze (Alberto Brasca) e dei Comuni della Piana (Emanuele Pellicanò) costituiranno da una parte la garanzia di un esame approfondito del “mondo dell’acqua” e dall’altra la speranza che possano scaturire proposte concrete, se non altro per l’esperienza e la professionalità delle personalità di cui sopra.
Da parte nostra – di Confedilizia Firenze e della delegazione di Campi Bisenzio e Signa – possiamo essere già in partenza soddisfatti (ed anche un po’ orgogliosi) dell’opportunità che offriamo, non solo ai nostri iscritti, ma a tutti i cittadini ed in particolare agli operatori del settore, di confrontarsi con le persone che meglio di chiunque altro conoscono il mondo dell’acqua ed i suoi problemi.
Sarà nostro compito non farci sfuggire l’occasione eccezionale che si presenta trasformandola in un’opportunità – anche futura – di lavorare insieme per migliorare un servizio vitale.

venerdì 8 maggio 2009

Finanziaria 2008: riqualificazione energetica e fisco

Un bonus fiscale super con possibilità di recupero opzionale. Queste in estrema sintesi le novità introdotte dalla finanziaria 2008 che ha previsto la possibilità per il contribuente di ripartire il credito fiscale del 55% delle spese sostenute in un numero di rate di uguale importo non inferiore a tre e non superiore a dieci sulla base di una scelta che dovrà essere espressa dal contribuente all’atto della prima detrazione e non sarà più modificabile. Restano escluse da questa opportunità le spese sostenute nell’anno 2007 che saranno soggette all’obbligo di detrazione in tre rate annuali come precedentemente previsto.
La super detrazione fiscale è un beneficio riservato a quei contribuenti che, sulla base di un titolo legale, possiedono o detengono un immobile per il quale sono stati effettuati interventi per conseguire un risparmio energetico nonché i condomini quando detti interventi sono stati realizzati sulle parti comuni condominiali. La detrazione sarà consentita anche al familiare convivente (la convivenza deve essere stabile e non limitata ed episodica - come chiarito dall’Agenzia delle Entrate – e che esista prima dell’inizio dei lavori) del possessore così come al detentore dell’abitazione oggetto degli interventi a condizione che i medesimi abbiano sostenute le spese con intestazione al loro nominativo delle fatture e dei bonifici. Ovviamente il diritto alla detrazione compete per interventi realizzati su edifici esistenti e di qualsiasi categoria catastale, rurali compresi.
E’ doveroso ricordare che la detrazione fiscale è prevista per una somma massima di 100.000 euro per interventi di riqualificazione energetica e fino a 60.000 euro per opere relative all’involucro degli edifici. Per i nostri lettori è opportuno specificare che rientrano nelle opere di cui sopra interventi su edifici o parti di essi attinenti pareti, coperture e pavimenti, forniture e posa in opera di materiali per coibentazione, di nuove finestre comprensive di infissi e di miglioramento termico dei vetri esistenti. Sono inoltre detraibili fino ad un massimo di 60.000 euro le spese sostenute per l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda ed, infine, per un massimo di 30.000 euro quelle per la sostituzione, integrale o parziale, degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti dotati di caldaie a condensazione ed unitamente alla messa a punto del sistema di distribuzione.
In questa categoria viene compresa, con effetto dal 1 Gennaio 2008, la sostituzione, anche se parziale, di climatizzatori invernali con impianti dotati di pompa di calore ad alta efficienza oppure con impianti geotermici a bassa entalpia con contestuale messa a punto ed equilibratura del sistema di distribuzione. Detto che dal beneficio sono esclusi gli interventi effettuati durante la costruzione degli immobili, si deve precisare che il superbonus del 55% non è cumulabile con la detrazione IRPEF del 36% prevista per il recupero del patrimonio edilizio esistente, mentre sono compatibili altri tipi di incentivi come contributi o finanziamenti che dovranno essere assoggettati a tassazione separata.
Il limite massimo di detrazione spettante deve riferirsi all’unità immobiliare per cui deve essere suddiviso tra i contribuenti (come detto in precedenza detentori o possessori dell’immobile) che hanno partecipato alla spesa in ragione dell’importo effettivamente corrisposto. Analogamente per gli interventi di carattere condominiale l’ammontare massimo di detrazione è collegato a ciascuna delle unità immobiliari che compongono l’edificio con la sola eccezione dell’intervento di riqualificazione energetica che attiene all’intero edificio. Infatti in quest’ultima evenienza l’ammontare massimo di 100.000 euro dovrà essere ripartito tra i condomini che avranno diritto all’incentivazione fiscale. A tutte queste spese detraibili dovranno essere sommate quelle relative alle prestazioni professionali, quelle sostenute per la realizzazione degli interventi nonché quelle necessarie per ottenere la certificazione richiesta per l’ottenimento del beneficio.
Come avviene per le detrazioni fiscali del 36% per ristrutturazioni edilizie è condizione indispensabile che i pagamenti vengano effettuati mediante bonifico bancario o postale nei quali dovranno risultare la causale del versamento, il codice fiscale del contribuente beneficiario della detrazione, il codice fiscale o partita IVA del soggetto in favore del quale il pagamento viene effettuato. Infine, sempre in analogia con le detrazioni fiscali del 36%, sulle fatture dovrà essere specificato il costo della manodopera utilizzata per la realizzazione delle opere.

Il terremoto, il libretto casa e l’Anci

Sembra che il terremoto de L’Aquila e di parte della sua provincia abbia aperto la strada a tutti quei provvedimenti che più volte erano stati proposti e che da più parti, ovviamente da Confedilizia in primo luogo, erano stati non solo contestati, ma anche contrastati con successo nelle rispettive sedi di competenza. Alla polizza contro le calamità naturali (ma lo sono sempre?) sulla quale abbiamo espresso nelle settimane precedenti la nostra opinione - con particolare riferimento a quanto già viene corrisposto dai proprietari di casa ai consorzi di bonifica per interventi su corsi d’acqua di varia importanza e senza considerare quello che già viene prelevato per lo stesso motivo dalla fiscalità generale – viene ora ad aggiungersi un vecchio cavallo di battaglia da parte di lobby interessate alla creazione di questo nuovo bussiness: il libretto casa. Non poteva mancare, ovviamente fra coloro che spingono per istituire questo strumento, bocciato più volte per i ricorsi da noi promossi, l’Anci, sempre pronta ad imporre oneri a condomini e proprietari di casa. L’associazione menzionata non solo ha riproposto l’adozione del “libretto casa”, ma avanza anche la pretesa di indicare le soluzioni per raggiungere lo scopo, suggerendo che il libretto “venga redatto in una veste semplificata eliminando tutti gli aspetti problematici che hanno causato il ricorso al Tar della Confedilizia”.
Dall’Anci viene tuttavia dimenticato, volutamente, che la questione del libretto non può essere semplicemente risolta con delle “semplificazioni”: la legge – come chiaramente e testualmente specificato dalla sentenza del Tar – “non ammette interventi ed opere generalizzate sugli edifici di qualunque genere, età e condizione. Di conseguenza, sempre secondo la disposizione cui ci riferiamo, gli accertamenti, al fine di evitare oneri eccessivi e senza riguardo al loro peso sulle condizioni economiche dei proprietari, devono essere suggeriti solo in caso di evidente indifferibile ed inevitabile necessità, se del caso con graduazione dei rimedi da realizzare”.
Evidente quindi che il libretto casa è connesso solo a quei casi di necessità “evidenti, indifferibili ed inevitabili”! Ma probabilmente – anzi certamente – l’Anci, sempre pronta a pontificare, dovrebbe avere il buon gusto di continuare la lettura della sentenza del Tar. Così facendo apprenderebbe che nella medesima norma si dice anche questo: “né vale obiettare che, in fondo, il fascicolo serve alla massimizzazione della sicurezza e ad evitare tragedie quali quelle connesse a crolli di interi edifici, in quanto, nei casi di specie (casi di crolli, n.d.r.), mancò non già il fascicolo di fabbricato, bensì un attento controllo pubblico che sarebbe stato necessario esercitare per tempo e che le P.A. aveva e ha titolo di svolgere indipendentemente dall’esistenza del fascicolo stesso”.
Ci permettiamo far notare all’Anci ed ai suoi autorevoli rappresentanti che dall’evento tragico del terremoto in Abruzzo – e non erano da meno altre calamità pseudo naturali occorse nell’ultimo cinquantennio – si sarebbero dovuti trarre insegnamenti molto più importanti ed indicazioni più esaustive di un semplice “libretto casa”. Fra questi, ad esempio, la necessità da parte degli enti locali (che poi sarebbe un semplice atto dovuto ) di svolgere il proprio compito di controllo sui progetti presentati e, più ancora, sull’osservanza delle norme, ovviamente anche quelle sismiche, all’atto della costruzione degli edifici Non sarebbe questo il compito più importante?

venerdì 1 maggio 2009

L’assicurazione degli immobili per le calamità naturali

Il tragico terremoto che ha colpito l’Aquila e parte della sua provincia ha riaperto le discussioni sull’eventualità di obbligare i proprietari di case a provvedere alla stipula di una polizza contro le calamità naturali (terremoti, alluvioni, frane, etc.). La questione viene riproposta tutte le volte che si verificano casi eclatanti come è stato quest’ultimo sisma, causa non solo di gravissimi lutti, ma di danni enormi alle costruzioni – pubbliche e private – sia quelle più vecchie che quelle di recente o recentissima edificazione.
Ovviamente in questa sede non vogliamo esaminare le responsabilità, certamente notevoli e che saranno chiarite dalle indagini della magistratura, di coloro i quali non hanno rispettato le norme antisismiche che pure esistevano (in particolare in zone ad alto rischio sismico come nel caso dell’Aquila e di gran parte del suo territorio provinciale) ma sottolineare la contraddittorietà di un provvedimento che, se attuato, rappresenterebbe un modo semplicistico di risolvere un problema senza valutarne le problematiche generali e le implicazioni di un’applicazione generalizzata.
Infatti l’obbligatorietà della polizza assicurativa, per avere la possibilità di ottenere un risultato pratico come la copertura di una percentuale non marginale del valore dell’immobile distrutto o danneggiato dall’evento calamitoso, non potrebbe che essere riferita a tutti i proprietari – ovviamente ci preoccupiamo della piccola proprietà rappresentata da quei cittadini che con enormi sacrifici sono riusciti ad avere una propria abitazione - indipendentemente dal grado di rischio della zona ove l’abitazione è costruita e, di conseguenza, con un premio non correlato al rischio effettivo e cioè non proporzionale alla possibilità che un evento accada. Questo perché nel caso in cui fosse valutato il grado di rischiosità ci troveremmo in presenza di polizze molto basse e, al contrario, di altre molto alte ove si volesse contare su una somma da liquidare piuttosto consistente.
Da non trascurare poi la questione relativa agli eventi di tipo alluvionale che vedono già i proprietari di casa soggetti al pagamento della “tassa” dei Consorzi di bonifica ai quali dovrebbe essere demandato il compito di evitare il verificarsi di danni a beni e cose dei cittadini ad eccezione, ovviamente, dei casi veramente eccezionali perché spesso sono considerati tali anche quelli che rientrano nella normalità ma capaci di provocare tragedie per l’incuria e la mancanza di interventi da parte degli enti preposti e responsabili della conservazione di fiumi e corsi d’acqua minori.
Come si può ben comprendere ci troviamo di fronte ad un provvedimento che presenta non poche problematiche, per cui sarebbe opportuno che venisse valutato con la massima attenzione al fine di evitare la possibilità di ricorsi da parte dei proprietari – e delle loro associazioni – per un’eventuale obbligatorietà della polizza al solo fine di fare cassa e senza tenere conto delle particolarità – solo marginalmente – evidenziate in queste brevi righe.
Non sarebbe male se il governo ritenesse opportuno concordare l’istituzione della polizza assicurativa anti-calamità in sintonia con le associazioni dei consumatori e quelle della proprietà edilizia. Certamente sarebbe un modo di attuare, nell’eventualità che questa poi fosse l’intenzione, un provvedimento serio, condiviso e quindi accettabile.

giovedì 23 aprile 2009

Perché insieme all'AVIS?

Nello scorso fine settimana si è tenuta a Campi Bisenzio l’assemblea regionale dell’AVIS che è stata sponsorizzata anche dalla nostra associazione “con un contributo economico – come detto dal Presidente Regionale Luciano Franchi – a sostegno della nostra attività il cui significato, al di là del valore reale, è di grande peso simbolico.”
Un peso simbolico al quale, nel nostro intervento nel corso dei saluti ai delegati presenti alla manifestazione, abbiamo cercato di dare una spiegazione che risulta abbastanza comprensibile ove si consideri l’importanza dell’azione svolta dalle nostre rispettive associazioni operanti per la tutela dei più importanti beni di ciascun essere umano: la vita e la casa.
Indubbiamente non può essere disconosciuto come la prima speranza di ciascun individuo sia quella di essere sempre in salute, ma è altrettanto indiscutibile come subito dopo venga il desiderio di avere una propria casa. Un bene che è sempre al primo posto nelle aspirazioni di qualsiasi persona. E’ evidente, quindi, come entrambe le associazioni, ai primi posti nella tutela dei beni primari e più importanti per tutti gli uomini, non potevano non trovare motivi di collaborazione e sinergie importanti per migliorare la rispettiva capacità operativa.
A maggiore conferma di una simile interpretazione non possiamo fare a meno di considerare come la tragica vicenda del terremoto dell’Abruzzo colpisca in modo drammatico le nostre associazioni. Entrambe si trovano in prima linea, l’una nel collaborare per un aiuto concreto nei confronti dei feriti e l’altra nell’evitare al massimo le difficoltà di chi è rimasto senza la propria casa (ovviamente spesso duramente sudata), oltreché attivarsi al massimo affinché siano osservate le norme antisismiche vigenti da parte di chi costruisce e da ultimo, ma non per ordine di importanza, di vigilare affinché siano evitate disposizioni che da tempo lobby molto forti tentano di imporre a danno dei proprietari di casa.
Siamo certi che la nostra collaborazione continuerà nel tempo e vogliamo fortemente sperare che questa occasione sia stata solo l’inizio di un percorso, lungo, da fare insieme per migliorare la reciproca operatività, nel nostro comune in prima istanza, ed in tutta la regione successivamente.
Non potrà essere disconosciuta l’importanza che ha rappresentato la prestigiosa manifestazione dell’AVIS (ed in minima parte anche di Confedilizia nella sua veste di sponsor) per il Comune di Campi Bisenzio, in quanto ha dimostrato come le associazioni possano costituire un punto di partenza importante per dare slancio all’economia locale – ovviamente a partire dal commercio in grande difficoltà – mediante la valorizzazione di una sorta di turismo congressuale che veda la collaborazione dell’ente locale con quelle organizzazioni territoriali in grado di svolgere un ruolo importante per la realtà locale. L’augurio è che ciò possa avvenire e che il Sindaco e la Giunta comprendano il valore e l’importanza di una simile opportunità!

venerdì 17 aprile 2009

Quale federalismo fiscale?

Proprio nella giornata di oggi, quando queste brevi considerazioni andranno in edicola, si terrà a Campi Bisenzio nella Limonaia di Villa Montalvo un interessante convengo sul “federalismo fiscale” il cui scopo è quello di fare chiarezza su un provvedimento destinato a modificare in modo considerevole la pubblica amministrazione e, presumibilmente, tutto il sistema impositivo e di ridistribuzione del reddito fra le varie regioni ed enti locali.
Indubbiamente, si tratta di una delle più importanti riforme. Da questa dipende infatti molto dei futuri assetti istituzionali le cui conseguenze potrebbero essere dirompenti se non venisse attuata con quel necessario mix tra interessi localistici e la più generale necessità di proteggere parti del paese più povere e/o con minori entrate dovute alla scarsa forza della produzione di risorse economiche.
Siamo alla vigilia di una svolta che potrebbe portare ad una possibile eliminazione di molte di quelle storture provocate da uno stato centralista, per certi versi non più in grado di controllare la spesa pubblica (anche se non sono certo migliori le situazioni di moltissime regioni, provincie e comuni) e di modificare l’assurdo peso dell’evasione fiscale che si scarica su una sola una parte del paese (sicuramente tutta la parte relativa al lavoro dipendente) costretta a farsi carico di aliquote così elevate da impedire un effettivo miglioramento delle condizioni di vita, rese sempre più difficili dalla criticità della situazione economica generale.
E’ grandissimo, tuttavia, il rischio insito in un’operazione che certamente non potrà che essere di tipo “solidale” e quindi tale da consentire alle regioni meno virtuose di continuare ad usare il denaro pubblico in modo scorretto. A ciò, conseguirà l'uscita della spesa da ogni controllo (come dimostrato dall’inefficienza di alcuni settori come ad esempio il sistema sanitario), confidando nei trasferimenti da parte delle Regioni economicamente più forti, ma al contempo anche più virtuose. Altrettanto preoccupante è l’incertezza sul costo di questa operazione, che, a prima vista, sembrerebbe molto elevato e a carico principalmente dei ceti medi delle Regioni più produttive del Paese (principalmente del Nord), sulle cui spalle rischierebbe di cadere l’onere principale della riforma.
Sarebbe un modo indubbiamente negativo di attuare un provvedimento per il quale si sono spese (e qualche volta sprecate) milioni di parole – positive o negative - in relazione alle varie parti politiche che si sono pronunciate. Tutto questo dibattere non ha certo portato a quella chiarezza che sarebbe stata auspicabile e necessaria vista la rilevanza dell’iniziativa e le sue possibili conseguenze negative per i cittadini, ove fosse sbagliato l’approccio con un problema di dimensioni enormi in rapporto al sistema attualmente vigente e consolidato.
Ed allora ben vengano convegni come questo, perché di una cosa certamente non avremmo bisogno: dell’improvvisazione e quindi della cattiva legislazione in primo luogo; della moltiplicazione degli enti e delle competenze (in definitiva dell'aumento dell’imposizione fiscale) in secondo luogo. Siamo forse pessimisti ma trovateci un motivo per non esserlo!

venerdì 10 aprile 2009

L’amministratore di condominio nella vita pubblica

Sono passati quasi trentacinque anni da quando, all’inizio della mia attività professionale, organizzai un convegno che aveva ad oggetto l’argomento usato come titolo per l’editoriale di questa settimana. Già allora mi rivolgevo alla classe politica locale - ma non solo- per segnalare la potenzialità dell’ente condominio in relazione alle possibilità di operare in sintonia con l’amministrazione pubblica al fine di contribuire al miglioramento ed alla razionalizzazione di alcuni servizi essenziali spesso male gestiti ed ancor peggio organizzati.
Sembrava evidente che la collaborazione fra gli amministratori condominiali e l’amministrazione locale – sindaco ed assessori – avrebbe potuto realizzare una sinergia interessante ai fini della soluzione dei problemi nonché per l’individuazione delle problematiche da risolvere e la classificazione delle disfunzioni ai fini della loro eliminazione.
Purtroppo, una preziosissima ipotesi di lavoro non è stata mai presa in considerazione e, salvo rarissime eccezioni, la politica si è ben guardata da creare i presupposti per dare vita e corpo ad un rapporto di collaborazione. Eppure, questo sarebbe stato essenziale per migliorare la qualità della vita non solo delle comunità condominiali, ma anche di interi quartieri formati in massima parte da edifici in condominio. Eppure in Europa – si veda in proposito la Germania – molti paesi hanno sfruttato questa possibilità trovando soluzioni efficaci, sia in termini economici che di funzionalità di alcuni servizi, creando i presupposti per risolvere in modo eccellente problematiche importantissime come la gestione della raccolta differenziata dei rifiuti (a livello condominiale)o la realizzazione di asili nido all’interno dei fabbricati (spesso in collaborazione fra vari condominii), tanto per citare le più rilevanti.
Sembra quasi che la politica – e in particolare quella che ne costituisce l'attuale classe, ormai autoreferenziale e piegata su stessa - sia incapace di vedere e valutare qualsiasi forma innovativa del sistema di gestione della “res publica” considerandola, al contrario, quasi una forma di minaccia ad una classe dirigente che vive in una sorta di mondo parallelo sempre più distante dalla vita reale e dai problemi della società civile.
E quand’anche un amministratore di condominio si trovasse ad assumere un ruolo pubblico anziché considerare la circostanza una sorta di apertura e/o di collegamento con la vita reale ed una preziosa opportunità di ottenere informazioni utili per una visione – forse diversa, ma ugualmente importante – dei problemi più sentiti dai cittadini/condomini, si riesce soltanto a vederlo come un pericolo per il “sistema” e non come una preziosa forma di collaborazione.
Si poteva auspicare che, essendo passati appunto più di trent’anni, la nostra classe dirigente avesse finalmente intuito la necessità di cambiare un modello di gestione del “potere” che l’aveva fatalmente allontanata dalla “società civile”. Ma non è così, purtroppo.

venerdì 3 aprile 2009

Il condominio e le coperture in Eternit

Il nome mette paura solo a pronunciarlo: “mesotelioma” (cancro della pleura provocato soltanto – o quasi – dall’amianto). Ogni anno è responsabile di 4000 vittime, che non sono più da ricercarsi esclusivamente nei lavoratori od ex-lavoratori, esposti a questa sostanza killer nell’esercizio della loro professione: all’incirca per il 30% viene scoperto in persone che ne risultano essere od esserne state esposte nell’ambiente o nella propria casa. Ed impressionanti in tal senso sono i dati rilevabili da un recente articolo, interessantissimo e molto preciso, del Corriere della Sera. In questo viene affermato che “dei quasi 3 milioni e 700mila tonnellate di amianto lavorati dal dopoguerra ben il 70% è stato impiegato nell’edilizia” rendendo quindi le abitazioni e conseguentemente gli edifici in condominio, come le prime responsabili dell’insorgere di questa malattia. Diventa quindi importantissimo che, sia pure senza allarmismi di sorta in quanto la criticità si verifica in presenza di particolari condizioni di manutenzione dei manufatti, la presenza di questa sostanza (presente nelle lastre di cemento-amianto – meglio conosciuto come “eternit” - che sono state usate per le coperture, per le cisterne e le tubazioni di adduzione dell’acqua, per isolamento termico e via dicendo) sia costantemente monitorata, avendo l’accortezza di intervenire con gli opportuni provvedimenti nel caso in cui queste “condizioni” inizino a verificarsi. Pur essendo l’amianto vietato fino dal 1992, ne esistono ancora quantità enormi (sempre nella ricerca che ho accennato in precedenza si parla di circa 23 milioni di tonnellate). Poco è stato fatto per limitare, se non eliminare del tutto, il pericolo derivante dall’esposizione a questa sostanza nonostante quanto previsto dalla legge 257 che imponeva alle Regioni di effettuare un censimento preciso e compiuto della presenza di amianto – in particolare quello friabile – per avere una mappatura completa e circostanziata del problema ed assumere le adeguate ed opportune contromisure. Se addirittura tre Regioni, oltre alla Provincia autonoma di Trento, non hanno fatto niente dopo ben 17 anni ormai trascorsi dall’adozione della legge, anche le altre non sono andate molto lontano limitandosi ad una mappatura parziale ed assolutamente non esaustiva. Eppure, stiamo parlando della vita di migliaia di persone che, anno per anno, vengono sottoposte al rischio altissimo di contrarre il “mesotelioma”! E se è vero che poco è stato fatto da parte del Governo, delle Regioni e degli enti locali per incentivare le opere di bonifica e l’eliminazione dell’amianto (comprese i manufatti di cemento-amianto) è altrettanto provato che da parte dei privati – condomini compresi – il problema è stato sottovalutato. Tanto che molti hanno omesso di rispondere alle informative inviate dai (ben pochi) Comuni che in tal senso si sono attivati. In questo caso, come in molti altri inerenti la sicurezza e la salute, si tende ad anteporre il costo dell’intervento alla necessità di eliminare fonti di pericolo ed inquinamento preferendo il rischio di contrarre una malattia gravissima alla logica della prevenzione. In tutto questo lo Stato interviene poco e male: il Ministero dell’ambiente ha stanziato nel 2001 solo 9 milioni di euro (peraltro da destinare anche alla mappatura dei siti a rischio) e gli ulteriori fondi messi a disposizione con la finanziaria del 2008 – ulteriori 5 milioni – sono stati annullati recentemente preferendo dirottarli da altre parti. Qualcuno potrà obiettare che non esiste alcun obbligo di rimozione - ma solo un generico e non controllato dovere alla manutenzione in buono stato – ma non sarebbe il caso di pensare a quanto è più importante prevenire invece di versare lacrime amare quando potremmo essere destinatari di una tragica sentenza: “mesotelioma”?

venerdì 27 marzo 2009

Piano Casa: perché non parliamo anche di locazioni?

In questi giorni si parla moltissimo del cosiddetto “piano casa” scaturito da un’idea del Presidente del Consiglio, sul quale sono stati e continuano ad essere espressi pareri positivi o negativi così come vengono minacciati ricorsi costituzionali da alcune Regioni che considerano lesa la propria competenza a legiferare in materia urbanistica e di gestione del territorio. Tuttavia, tralasciando per il momento di svolgere un esame approfondito sui contenuti di base di questo provvedimento - che dovrebbe essere emanato in via definitiva nei prossimi giorni – rimandandolo a quando potremo esprimere pareri più pertinenti e corretti, pare di capire che le iniziative governative siano orientate a riprendere il processo di edilizia economica popolare che, purtroppo, non potrà che essere molto limitato e del tutto insufficiente viste le difficoltà economiche in cui versa il Paese per cui, almeno per quello che è dato sapere, saranno programmate 5.000 nuove abitazioni da destinare alla fascia più debole di cittadini che, altrimenti, non avrebbero alcun possibilità di accedere al libero mercato immobiliare.
E’ chiaro, data la premessa, come il numero di alloggi che dovrebbero essere realizzati (ci sia consentito di usare un bel condizionale viste le esperienze passate) rappresentino una goccia nel mare dei bisogni di quella parte di cittadini che versano in grosse difficoltà nel realizzare il sogno, tale deve essere ancora considerato, di una propria casa.
Diventa quindi incomprensibile come nessuno voglia o sappia prendere in considerazione che nel nostro paese esistono circa 40.000 alloggi sfitti che non ritornano sul mercato per varie motivazioni che vanno dall’alta tassazione gravante sul reddito da locazione all’assoluta inaccettabilità dei continui blocchi degli sfratti - compresi quelli per morosità che rasenta l’assurdo – e quindi dell’impossibilità di rientrare in possesso dell’abitazione in tempi ragionevoli. Allora, dovrebbe essere facilmente comprensibile per i nostri governanti che la semplice attuazione di provvedimenti tesi ad eliminare queste evidentissime storture non farebbe altro che ridare vigore alle locazioni ed offrire ulteriori possibilità di risolvere il problema “casa” alle molte famiglie ed in particolare a quelle più giovani, che non possono pensare – per la gravità della situazione economica e l’impossibilità di accedere ai mutui vista la precarietà del lavoro – di acquistarne una.
Abbiamo più volte segnalata la necessità di arrivare all’applicazione di una cedolare secca sui redditi di locazione in sostituzione di tutte quelle tasse ed imposte attualmente a carico di un proprietario che decide di cedere in locazione un’abitazione, creando quindi le condizioni per aprire nuovamente un mercato del tutto fermo e senza prospettive, incidendo in maniera molto più consistente ed esaustiva rispetto alla realizzazione di soli 5.000 alloggi.
Non risulterebbe neppure giustificata la preoccupazione del governo di una riduzione delle entrate fiscali, in quanto l’applicazione di un’aliquota fissa del 20% sul reddito da locazione comporterebbe sicuramente la probabilissima emersione di una buona parte degli affitti in nero legata all’assoluta illogicità di evadere le imposte in presenza di un’aliquota fissa del tutto accettabile. Se poi il provvedimento fosse adottato a partire dai canoni concordati (quelli per intenderci fissati dai patti territoriali tra enti locali ed associazioni di inquilini e proprietari) si potrebbe ragionevolmente pensare di avere l’ulteriore vantaggio di ridurre, nei casi di famiglie e/o soggetti più deboli, i contributi che i comuni elargiscono per aiutare nel pagamento dell’affitto.
Proprio mentre scriviamo queste nostre osservazioni sembra che le forze politiche, tutte senza distinzione fra maggioranza ed opposizione, siano entrate nell’ordine di idee di prendere in considerazione questa opportunità e di adottare in tal senso un provvedimento ad hoc. Finalmente anche questa battaglia, che la nostra Associazione conduce da lungo tempo ed in modo molto deciso, sembrerebbe destinata a trovare una soluzione positiva dopo le molteplici e ripetute assicurazioni forniteci in campagna elettorale da molti leader politici – compreso l’attuale Presidente del Consiglio – confermando una volta di più che perseguire l’interesse dei cittadini, in questo caso proprietari ed inquilini insieme, prima o poi ottiene un giusto riconoscimento del lavoro quotidianamente portato avanti da Confedilizia.

Casa: discutiamone senza ipocrisie

Com’era prevedibile le proposte del premier sui provvedimenti da emanare per rimettere in marcia il settore dell’edilizia hanno provocato un’infinità di discussioni e prese di posizione più o meno legate a valutazioni suggerite da diverse posizioni politiche, piuttosto che da un esame approfondito – peraltro ancora difficile visto che non esiste ancora un testo definitivo (o quasi) sul quale confrontarsi – sulla base dei contenuti tecnico-giuridici attinenti alcuni aspetti della bozza del piano casa.
Spesso, potremmo anche osare di dire sempre, commenti e giudizi sono dettati più dall’appartenenza ad uno schieramento politico od all’altro che non ad una corretta e serena valutazione delle proposte e delle loro conseguenze sulla vita dei cittadini, del loro impatto per il territorio e per la corretta programmazione degli interventi urbanistici. Ci troviamo di fronte ad una serie di considerazioni dettate più da convenienza politica che da obiettive considerazioni – appunto – tecniche e giuridiche. Ma, cosa ancora più grave, a valutazioni parziali del problema senza porsi di fronte all’intero pianeta casa e delle relative questioni irrisolte.
Indicativa al proposito l’intervista all’Assessore regionale Riccardo Conti apparsa sul “Corriere Fiorentino” di sabato 21 Marzo u.s. nella quale vengono avanzate le perplessità della regione Toscana su questo provvedimento, come detto ancora basato su ipotesi, in quanto “abitare non vuol dire solo qualche metro quadrato in più, significa servizi, parcheggi, fogne, strade, verde. Non è una questione estetica: è che il governo del territorio è indispensabile”.
A prescindere dal fatto che ci sarebbero stati motivi più strettamente giuridici – e li prenderemo in considerazione con appropriati articoli in questa stessa pagina anche nelle settimane successive perché siamo sicuri che ci saranno ancora molte discussioni da affrontare in merito - degni di essere esaminati, meraviglia che la stessa considerazione non sia mai stata fatta dall’Assessore, e meno che mai dal Presidente Martini, sulla possibilità concessa con semplice D.I.A. (dichiarazione inizio di attività) di frazionare un’unità immobiliare e/o di variare la destinazione di un fondo commerciale per trasformarlo in appartamenti. Eppure, caro Assessore, questo problema è molto più devastante e dirompente del semplice ampliamento delle unità immobiliari (ovviamente in particolare quelle in condominio) perché dovrebbe risultare evidentissimo che nel caso di ampliamento del 20% della superficie dell’appartamento – sempre riferendosi al condominio – non sempre si provoca un aumento dei residenti, cosa assolutamente certa nell’ipotesi del frazionamento delle unità immobiliari!
Come mai questa evidente stortura non ha destato alcun interesse dell’Assessore regionale – per la verità neppure di quelli provinciali, comunali, etc. etc. etc. – pure attento e pronto alla critica (peraltro per altri motivi da noi condivisa) in questa occasione? Perché nessuno si è posto il problema dei servizi, parcheggi, fogne, strade, verde e – aggiungiamo noi – della corretta e programmata espansione urbanistica di una città? Perché, infine, uno strumento urbanistico come la D.I.A., nato per la semplificazione delle procedure per le modifiche interne ad un appartamento, si è trasformata in una sorta di lasciapassare per stravolgere la vita di un condominio in un modo qualche volta insostenibile?
Non si potevano adottare provvedimenti per evitare tutto ciò?

venerdì 20 marzo 2009

ICI ed aree fabbricabili

Questa volta il nostro appuntamento settimanale si occupa di un problema particolarmente sentito da molti cittadini i quali, come accaduto a Campi Bisenzio con le note vicende giudiziarie che hanno di fatto fermato per lungo tempo l’attività edilizia, hanno protestato vibratamente per essersi visti addebitare somme esagerate per l’ICI sulle aree dichiarate fabbricabili ed al contrario sostanzialmente bloccate.
Per questo, contrariamente al solito, ci avvaliamo di un intervento del nostro Presidente nazionale che sul mensile dell’associazione esamina il problema delle aree fabbricali e della relativa imposta alla luce di una sentenza della Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia particolarmente interessante e tale da aprire prospettive per coloro i quali hanno vissuto sulla propria pelle queste situazioni.
“L’inserimento di un’area in un Piano regolatore anche solo adottato, rende la stessa imponibile ai fini Ici indipendentemente dal suo successivo inserimento in un piano attuativo e, dunque, dalla sua concreta edificabilità. Lo ha stabilito una norma (di “interpretazione autentica” della previgente normativa) della manovra Bersani-Visco del 2006, norma ritenuta da molti commentatori criticabile sul piano dei buoni, e corretti, rapporti che dovrebbero intercorrere tra Fisco e cittadini. Ma ora vengono vieppiù al pettine i nodi creati da un legislatore (affamato di soldi) che ha di fatto stabilito – come visto – l’imponibilità ai fini Ici anche di aree in realtà non fabbricabili, se non in modo del tutto remoto (o, addirittura, ad iniziativa – in caso di previsione della necessità di un piano di attuazione pubblico – dello stesso ente impositore). In un’esemplare sentenza, la Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia (Presidente Nicastro, relatore Crotti) ha così stabilito che se non si può contestare – sulla base della previsione di legge, avallata dalla Corte costituzionale – l’imponibilità, si può e si deve contestare il valore attribuito da parte del Comune interessato alle aree di cui trattasi, e così prenderle in esame – ad una ad una – in relazione al loro (concreto) grado di edificabilità e, quindi, considerando il loro conseguente valore. Insomma, siffatte aree saranno anche - per legge – imponibili. Ma nello stabilirne il valore (e quindi nel determinare l’imposta) si dovrà – hanno detto i giudici tributari emiliani – tener conto del fatto che, in molti casi, si tratta di una fabbricabilità puramente in astratto. Presidente Confedilizia Corrado Sforza Fogliani“
Di nostro, alle considerazioni importantissime del Presidente, vorremmo solo esprimere la speranza – che fino da adesso consideriamo vana ed utopistica – che le amministrazioni locali prendano atto della sentenza che abbiamo riportato evitando a tutti i cittadini interessati di ricorrere alle varie Commissioni tributarie provinciali per vedersi riconosciuto il diritto ad un equo trattamento fiscale. Purtroppo i precedenti, vedi la questione del canone di depurazione con la corsa alla decretazione che di fatto ha inserito il “canone per l’idea”, non depongono a favore di questo auspicio ma prospettano l’adozione di apposite iniziative comprese quelle di Confedilizia nelle varie sedi territoriali dell’associazione.

venerdì 13 marzo 2009

Piano Casa e condominio

In questi giorni il Premier Silvio Berlusconi ha proposto un piano casa. A suo dire, lo scopo dell'intervento è di rimettere in moto il settore dell’edilizia, particolarmente colpito dalla crisi che attanaglia l’economia mondiale ed in particolare quella del nostro Paese. Nel quale, nonostante le professioni di ottimismo dello stesso Primo Ministro, la recessione stessa provocherebbe secondo fonti autorevoli delle associazioni dei costruttori la perdita di ben 250.000 posti di lavoro.
Ovviamente è particolarmente difficile in questo momento sulla base delle scarse notizie riportate dai giornali comprendere quali saranno i termini esatti di questo provvedimento, per cui dobbiamo limitarci a dare un parere legato esclusivamente all’aspetto generale della proposta con particolare riferimento alla parte che potrebbe riguardare gli edifici in condominio.
Pare evidente, in primo luogo, che alcune delle ventilate possibilità concesse ai cittadini – nel caso specifico ai condomini – contrasterebbero con quanto previsto dal codice civile (e probabilmente dai rogiti, regolamenti contrattuali, etc.) come nell’ipotesi di poter rialzare addirittura gli edifici di un piano con palese ed evidente conflitto con il diritto di sopraelevazione attualmente in vigore.
Ma l’effetto più dirompente per il condominio sarebbe quello di modificare e stravolgere la qualità della vita ed il corretto uso delle parti comuni condominiali che indubbiamente verrebbero stravolte dalla creazione di nuove unità immobiliari o semplicemente dalla modifica “liberalizzata” di altre.
Parrebbe facile capire – forse basterebbe un minimo di buon senso, oppure semplicemente essere od essere stati condomini – che l’aumento di unità immobiliari oppure le variazioni di destinazione (in particolare quelle relative ai fondi commerciali trasformati in appartamenti) comportano difficoltà enormi per tutta una serie di motivi connessi con la necessità di abbinare all’abitazione servizi e infrastrutture necessari ed indispensabili. Come non comprendere che diventa un problema, qualche volta veramente di difficile soluzione, la creazione di nuove linee per campanelli e citofoni, l’installazione di contatori del gas e relative tubazioni di adduzione, l’inserimento di nuove cassette postali in spazi appositamente creati per il numero di unità immobiliari previste in costruzione, l’allacciamento a fosse biologiche e pozzetti realizzate per un certo numero di appartamenti ed infine la complicata situazione dei parcheggi nelle aree condominiali spesso appena sufficienti per gli originari residenti?
Tuttavia, sotto questo aspetto, il provvedimento annunciato porterebbe soltanto un aggravio ulteriore in quanto – anche se certe regioni ora protestano – già le amministrazioni locali autorizzavano il frazionamento di un appartamento in due o più unità immobiliari usufruendo del semplicissimo provvedimento delle D.I.A. (dichiarazione inizio attività) senza alcuna necessità di autorizzazione assembleare ed in barba ai diritti di coloro i quali avevano acquistato la propria casa in determinate condizioni e con specifiche caratteristiche. E, cosa anche peggiore, alla faccia di qualsiasi programmazione dello sviluppo urbanistico e delle infrastrutture necessarie!
Torneremo sull’argomento quando avremo notizie più precise ma, in tutti i casi, non è così che si rimette in modo il mercato e non è così che si risolve la questione casa.

venerdì 6 marzo 2009

Canone di depurazione: dopo il danno la beffa?

La “politica”, quando deve tutelare privilegi e benefici – soprattutto le entrate - riesce a trovare soluzioni fantasiose per mantenere le proprie posizioni, in barba a sentenze negative per il potere anche se emesse dalla Corte Costituzionale. E’ il caso del canone di depurazione e della ormai conosciutissima sentenza, appunto, della Corte Costituzionale, che riteneva la sua applicazione illegittima nel caso in cui gli utenti non beneficiassero del servizio per mancanza degli impianti o semplicemente in caso di mancato funzionamento dei medesimi. Principio indubbiamente rispettoso dell’esigenza, costituzionalmente riconosciuta oltre che logicamente naturale, che un “canone” debba essere versato solo in presenza di un corrispettivo servizio o beneficio ricavabile da una prestazione. Nessuno, per fare un esempio calzante, si sognerebbe di chiedere il pagamento di un canone per la locazione di un appartamento ancora non realizzato. Meno che mai di far pagare il canone al futuro inquilino per costruire la casa che gli sarà affittata!
In modo giuridicamente irreprensibile ai cittadini, che corrispondevano il canone di depurazione senza beneficiare del relativo servizio, avrebbe dovuto essere restituito quanto pagato ingiustamente per i dieci anni precedenti – tale era da considerarsi il termine di prescrizione – ed ovviamente tolto immediatamente l’addebito in bolletta. Ed a questo punto – sicuramente senza diatribe ed accuse reciproche tra maggioranza ed opposizione ma con una probabilissima intesa bipartisan – interviene la politica ed in modo particolare il governo. Mi verrebbe da dire, insomma, la solita politica autoreferenziale sempre pronta a difendere qualsiasi forma di privilegio e di prelievo ai cittadini. Questa, dimostrando una grandissima fantasia (e sfacciataggine) ha predisposto un decreto mediante il quale è stato inserito il principio che il canone di depurazione deve essere corrisposto quando l’impianto sia semplicemente progettato.
Siamo arrivati, quindi, all’obbligo di pagamento di un canone per un servizio reso da un depuratore realizzato su un foglio di carta, dunque senza tener conto di qualsiasi elementare diritto del cittadino e con tanti ringraziamento ai principi costituzionali che, ovviamente, non vengono contemplati dal provvedimento cui ci riferiamo.
Due cose ci piacerebbe chiedere a chi ci governa. La prima di sapere quando ci sarà chiesto di pagare una tassa, un canone o qualsiasi altra gabella sulla base della sola “idea” di servizio. La seconda, se qualcuno si sentirà in dovere di farci sapere dov’è andata a finire quella somma enorme incamerata per canoni di depurazione non dovuti e che – secondo la legge – avrebbe dovuto essere vincolata alla costruzione degli impianti. Non avrebbe potuto essere usata per restituire ai cittadini interessati quanto percepito, “ingiustamente” (non illegalmente) secondo la Corte Costituzionale?
Ed, infine, com’è possibile che chi si richiama a valori liberali e liberisti sia capace di calpestare i diritti dei cittadini sanciti dalla Carta Costituzionale? Tutto ciò avviene, come nel caso esaminato, attraverso l'adozione di metodi discutibili volti a mantenere in essere illegittimità ed una sorta di accanimento fiscale nei confronti di coloro che hanno l’unico torto di essere cittadini di un Paese la cui classe dirigente non ha alcun rispetto né capacità di tutela nei loro confronti.

giovedì 26 febbraio 2009

Amministratori: qualche volta vittime

La notizia riportata su tutti i giornali e che ha avuto ampia attenzione anche in radio e televisione è indubbiamente di quelle veramente agghiaccianti. Un amministratore di condominio (che svolgeva la propria attività a Roma) è stato ucciso – sembra da una famiglia di rumeni – quando si è presentato presso la loro abitazione per incassare somme dovute per oneri condominiali (o come riportato da alcuni giornali per canone di locazione).
Lasciando ad altri più preparati che si occupano in modo specifico dei rapporti e fenomeni sociali un’analisi approfondita di questo aspetto della vicenda, preme in tale sede esaminare l’evento rapportandolo agli aspetti più prettamente legati alla nostra categoria professionale. Le variazioni inter-venute all’interno degli edifici, sia per la composizione multietnica - da una parte - che per le conseguenze della grave crisi economica che si riflette in modo drammatico nel condominio – dall’altra – richiede una presa di coscienza degli amministratori ed un loro allineamento alle nuove necessità.
E’ evidente che ormai il condominio – con esclusione degli edifici di lusso dove per ovvi motivi è più difficile constatare la presenza di cittadini stranieri - ha assunto una veste completamente diversa. Quest’ultima richiede, anche da parte degli amministratori, l’assunzione di nuove e più complesse responsabilità, nonché la capacità di governare fenomeni mai affrontati prima, usanze diverse e svariate culture cercando di farle convivere all’interno di una realtà, quella del condominio, già molto complessa da sempre.
Dovrebbe, per la verità, intervenire anche la politica, mediante una revisione delle norme che regolano la vita in condominio ormai obsolete e molto lontane dalle nuove necessità sociali ed economiche. Ma sperare in una riforma sembra un’utopia visto che ormai da anni giacciono in parlamento più disegni di legge riguardanti il condominio ma senza alcun esito positivo!
Ma c’è un aspetto ulteriore che la vicenda porta alla nostra attenzione e che gli amministratori – in modo particolare quelli che agiscono come la vittima di questo delitto – dovrebbero assolutamente tenere in considerazione, ed è quella dell’opportunità o meno di riscuotere le quote dovute dai singoli condomini direttamente presso le loro abitazioni. Riterremmo che ciascun amministratore dovrebbe comprendere che questo metodo, oltre a rappresentare un vulnus per la tutela della privacy (si pensi agli altri condomini che possono sentire la richiesta di pagamento e quindi venire a conoscenza della morosità degli altri proprietari), crea non poche difficoltà psicologiche per coloro che potrebbero essere in difficoltà nell’evadere la richiesta, magari per una semplice mancanza di liquidità. Esistono strumenti giuridici per agire nel modo giusto nei confronti dei morosi assumendosi la responsabilità di attuarli a tutela non solo dell’interesse di tutti i condomini, ma anche per salvaguardare quella professionalità richiesta a chi opera in un settore che, come vediamo da queste poche righe, ha una complessità notevole.
Ci permettiamo di rivolgere alla famiglia di questo sfortunato collega la solidarietà di tutti gli amministratori di condominio iscritti al Registro Amministratori di Confedilizia e ci auguriamo che questa tragica vicenda possa spronare la classe politica ad affrontare il problema della riforma del condominio e di questa categoria di professionisti ancora oggi non riconosciuta.

martedì 24 febbraio 2009

Parliamo ancora di amministratori di condominio

Nello scorso numero avevo affrontato il problema, di grande attualità, della necessità di giungere ad un codice etico e morale che dovrebbe sovrintendere ad un tipo di attività – quella dell'amministratore- che prevede la gestione di soldi altrui e, con essi, condizioni personali di varia natura.
Ritorno ora a parlare di questa professione prendendo spunto da un articolo di Maria Rita Parsi apparso sul quotidiano “La Nazione” a titolo “la sorpresa di Luigi: un lavoro perduto e il nido famigliare ritrovato” nel quale esamina il difficile rapporto un figlio ed il padre che, guarda caso, svolgeva il lavoro di amministratore di condominio.
La storia per la dolcezza dell’argomento trattato – il rapporto padre-figlio spesso difficile e contrastato - meriterebbe di essere raccontata per intero, ma ovviamente (augurandomi tuttavia che i lettori di queste brevi righe abbiamo avuto la fortuna di leggerla) ciò non è possibile. Pertanto, mi limito a riprenderne alcuni passaggi, decisamente eloquenti per chi non consideri la nostra professione solamente un modo di guadagnare soldi, qualche volta in modo anche scorretto se non disonesto.
Questo figlio, che aveva interpretato la figura del padre in modo del tutto negativo (“quel padre era un vero problema. Un uomo leale, coraggioso, lavoratore. Ma così rompiballe e puntiglioso che avrebbe fatto perdere la pazienza a tutti i santi. E poi competitivo e guascone. E, naturalmente, fascista”) perde il proprio lavoro e trova difficoltà a trovarne un altro, pur con la laurea in architettura, si vede costretto a chiedere al padre un aiuto per riuscire ad avere un nuovo impiego. In breve il genitore – assolutamente non infierendo e non facendo pesare la situazione – dice al figlio “se vuoi, c’è il mio lavoro. Io sono stanco di fare i conti e posso insegnarti a fare il contabile. I condominii aumentano e i disonesti che gli amministrano, pure. Io mi sono fatto la fama d’essere, perché lo sono!, un uomo onesto……………”.
Dopo molte perplessità – frutto anche di questo rapporto contrastato e difficile – il figlio accetta ed inizia con il padre questa attività “in giro per la città a fare riunioni, ad ascoltare persone, a fare i conti, a tirare somme, a riscuotere i quattrini….”. E qui il figlio si accorge che il padre , ben lungi dall’essere un fascista, era al contrario “umano, sapeva ascoltare, intervenire al momento opportuno, essere fermo, negoziare, imporsi senza darlo a vedere” e che inoltre “era un amministratore coi fiocchi che alla realtà delle cose sapeva dare ciò che essa richiedeva per radicassi nel giardino di ogni esistenza famigliare. Era quella la civiltà dei piccoli nidi, dei microcosmi famigliari della quale mai la politica dei grandi poteri si faceva carico di pensare ma che costituiva la fertile sostanza del paese”. E non solo trova un lavoro, ma, soprattutto, un padre e la famiglia.
Quali parole più giuste potrebbero essere dedicate a chi svolge da molti anni questa professione con la stessa sensibilità ed amore contenute nell’articolo di Maria Rita Parsi? Inevitabilmente, rende orgogliosi riconoscersi (anche solo in parte) nella figura di questo amministratore, della sua etica e moralità. Un ringraziamento, dunque, all'autrice, alla sua frequente attenzione al piccolo mondo del condominio e a un modo di intendere un mestiere al di là dello scorretto accumulo di denaro, quale molti lo interpretano.

giovedì 12 febbraio 2009

Gli amministratori di condominio. Tra etica e morale

Puntuali come l’alternarsi delle stagioni appaiono sugli organi di informazione notizie di amministratori di condominio che hanno pensato bene - anzi, male - di togliere il disturbo portandosi via la cassa oppure lasciando una mole notevole di debiti, avendo usato le risorse dei condomini per uso personale. Non di rado e per non dire spesso o sempre, famiglie che già devono subire i morsi di una situazione economica difficilissima (non a caso i livelli di morosità si sono particolarmente dilatati nell’ultimo anno toccando percentuali molto alte) sono costrette a pagare due volte oneri condominiali già versati all’amministratore e che insieme a quest’ultimo hanno preso il volo.
Purtroppo, anche se fortunatamente casi del genere sono pochi in confronto al grande numero di amministratori che operano in modo corretto, l’enfasi e lo spazio che viene dato a queste notizie da parte dei media porta l’opinione pubblica, particolarmente colpita da questo genere di informazioni, a fare di tutta l’erba un fascio accomunando nella disonestà, o nella migliore delle ipotesi nel sospetto, tutta una categoria che non meriterebbe simili ingiurie.
Vorrei ricordare ai nostri lettori che ci troviamo di fronte ad un professionista del tutto “sui generis”, in quanto svolge un’attività che non ha uguali fra quelle consuete, riferite ad un settore specifico e non ad un ampio spettro di ambiti come quella dell’amministratore di condominio. Si spazia, nel nostro caso, dal tecnico al giuridico, dal sociale fino allo psicologico, qualora siano da affrontare i problemi derivanti dai rapporti interpersonali all’interno degli edifici. Senza considerare, e sarebbe uno degli aspetti di maggior valenza e spessore, la possibilità di rappresentare con il proprio lavoro un valido strumento di collaborazione con la pubblica amministrazione ed in particolare con gli enti locali.
Non è un caso che in Germania i condomini, e di conseguenza gli amministratori, siano da tempo un punto di riferimento importantissimo per le politiche di smaltimento rifiuti e la raccolta differenziata o per la soluzione del grosso problema degli asili nido, tramite strutture condominiali appositamente create con la collaborazione ed il contributo dell’ente pubblico.
Una visione forse avveniristica, almeno per il nostro paese ed in qualche modo difficile da far comprendere alla maggior parte degli amministratori che ancora oggi, purtroppo, continuano a vedere la loro professione esclusivamente in funzione della redditività. E mentre ciò accade, viene lasciata da parte quella che sarebbe la parte più stimolante di un lavoro, sicuramente difficile e pesante, che tuttavia permetterebbe di assumere un’importanza cruciale nella vita sociale del condominio e non solo. Indubbiamente, questo modo limitato di interpretare la propria professione da parte degli amministratori è stato il motivo principale della scarsa considerazione nei loro confronti da parte della politica e dell’assoluta discriminazione dell’ente condominio, in attesa di una necessaria riforma da moltissimi anni.

giovedì 5 febbraio 2009

Contrordine. Sarà rimborsato il canone di depurazione! Rimborso diretto senza domanda di richiesta per gli anni precedenti

Come nelle migliori favole si potrebbe concludere con “….e furono rimborsati tutti, felici, contenti e senza domanda!”. Questo è l’esito (si spera) della vicenda relativa alla restituzione dei canoni di depurazione a quei cittadini che l’avevano pagata in bolletta pur non godendo del servizio, o avendolo anche temporaneamente sospeso. La sentenza della Corte Costituzionale che ha stablito quanto appena descritto, è intervenuta a fare giustizia di un’assurda iniquità, peraltro prevista dalla Legge Galli, che consentiva agli enti di gestione del servizio di approvvigionamento idrico di applicare questa maggiorazione – il canone di depurazione appunto – anche in caso di mancanza dell’impianto od essendo lo stesso non funzionante.
L’Assessore regionale Marco Betti ha infatti chiarito, in risposta ad un’interrogazione del capogruppo UDC Marco Carraresi, che non ci sarà bisogno di fare domande in quanto saranno le società di gestione, su indicazione degli ATO, a rimborsare direttamente alle famiglie le cifre pagate per canoni relativi alla depurazione anche in mancanza degli stessi rispettando, appunto, la sentenza della Corte Costituzionale.
La questione del mancato rimborso diretto ma legato alla presentazione di un’istanza era stato da noi sollevato nello scorso numero di Metropoli Day in un editoriale. Qui, oltre ad esprimere perplessità per la decisione del Presidente di ATO 3 di vincolare la restituzione di quanto legittimamente dovuto agli interessati solo dietro richiesta, ci chiedevamo come mai si paventasse la mancanza di risorse per far fronte alla restituzione di quanto percepito in più quando, sulla base della legge Galli (prima richiamata), le somme versate dai cittadini per canone di depurazione sarebbero dovute confluire in un apposito fondo volto alla realizzazione degli impianti.
Quello che non sapevamo – nessuno aveva fornito un dato preciso – era l’ammontare di questo “tesoretto” che è stato chiarito dall’ANEA – associazione delle autorità e degli enti di ambito – la quale ha indicato in circa 20 milioni di euro all’anno il mancato introito dei gestori della Toscana con una incidenza del 7% circa dell’ammontare complessivo del fatturato annuo. Ed allora, il conto (ovviamente orientativo) è presto fatto: se sono 10 anni di canoni impropriamente percepiti – sulla base della sentenza della Corte Costituzionale – si tratterebbe della somma complessiva, di tutto rispetto, di circa 200.000 euro. Sarebbero, tanto per capirci meglio, 400 mld. delle vecchie lirette , che, a nostro modesto parere, avrebbero permesso di costruire i depuratori od almeno avviare concretamente i lavori. Perché non è stato fatto? E perché questa somma non è più nella disponibilità degli enti se la legge Galli stabiliva che le somme percepite avrebbero dovuto essere accantonate con quella finalità? Ci piacerebbe molto saperlo vista la preoccupazione del Presidente dell’ATO 3 che non sapeva dove reperire le risorse.