giovedì 23 aprile 2009

Perché insieme all'AVIS?

Nello scorso fine settimana si è tenuta a Campi Bisenzio l’assemblea regionale dell’AVIS che è stata sponsorizzata anche dalla nostra associazione “con un contributo economico – come detto dal Presidente Regionale Luciano Franchi – a sostegno della nostra attività il cui significato, al di là del valore reale, è di grande peso simbolico.”
Un peso simbolico al quale, nel nostro intervento nel corso dei saluti ai delegati presenti alla manifestazione, abbiamo cercato di dare una spiegazione che risulta abbastanza comprensibile ove si consideri l’importanza dell’azione svolta dalle nostre rispettive associazioni operanti per la tutela dei più importanti beni di ciascun essere umano: la vita e la casa.
Indubbiamente non può essere disconosciuto come la prima speranza di ciascun individuo sia quella di essere sempre in salute, ma è altrettanto indiscutibile come subito dopo venga il desiderio di avere una propria casa. Un bene che è sempre al primo posto nelle aspirazioni di qualsiasi persona. E’ evidente, quindi, come entrambe le associazioni, ai primi posti nella tutela dei beni primari e più importanti per tutti gli uomini, non potevano non trovare motivi di collaborazione e sinergie importanti per migliorare la rispettiva capacità operativa.
A maggiore conferma di una simile interpretazione non possiamo fare a meno di considerare come la tragica vicenda del terremoto dell’Abruzzo colpisca in modo drammatico le nostre associazioni. Entrambe si trovano in prima linea, l’una nel collaborare per un aiuto concreto nei confronti dei feriti e l’altra nell’evitare al massimo le difficoltà di chi è rimasto senza la propria casa (ovviamente spesso duramente sudata), oltreché attivarsi al massimo affinché siano osservate le norme antisismiche vigenti da parte di chi costruisce e da ultimo, ma non per ordine di importanza, di vigilare affinché siano evitate disposizioni che da tempo lobby molto forti tentano di imporre a danno dei proprietari di casa.
Siamo certi che la nostra collaborazione continuerà nel tempo e vogliamo fortemente sperare che questa occasione sia stata solo l’inizio di un percorso, lungo, da fare insieme per migliorare la reciproca operatività, nel nostro comune in prima istanza, ed in tutta la regione successivamente.
Non potrà essere disconosciuta l’importanza che ha rappresentato la prestigiosa manifestazione dell’AVIS (ed in minima parte anche di Confedilizia nella sua veste di sponsor) per il Comune di Campi Bisenzio, in quanto ha dimostrato come le associazioni possano costituire un punto di partenza importante per dare slancio all’economia locale – ovviamente a partire dal commercio in grande difficoltà – mediante la valorizzazione di una sorta di turismo congressuale che veda la collaborazione dell’ente locale con quelle organizzazioni territoriali in grado di svolgere un ruolo importante per la realtà locale. L’augurio è che ciò possa avvenire e che il Sindaco e la Giunta comprendano il valore e l’importanza di una simile opportunità!

venerdì 17 aprile 2009

Quale federalismo fiscale?

Proprio nella giornata di oggi, quando queste brevi considerazioni andranno in edicola, si terrà a Campi Bisenzio nella Limonaia di Villa Montalvo un interessante convengo sul “federalismo fiscale” il cui scopo è quello di fare chiarezza su un provvedimento destinato a modificare in modo considerevole la pubblica amministrazione e, presumibilmente, tutto il sistema impositivo e di ridistribuzione del reddito fra le varie regioni ed enti locali.
Indubbiamente, si tratta di una delle più importanti riforme. Da questa dipende infatti molto dei futuri assetti istituzionali le cui conseguenze potrebbero essere dirompenti se non venisse attuata con quel necessario mix tra interessi localistici e la più generale necessità di proteggere parti del paese più povere e/o con minori entrate dovute alla scarsa forza della produzione di risorse economiche.
Siamo alla vigilia di una svolta che potrebbe portare ad una possibile eliminazione di molte di quelle storture provocate da uno stato centralista, per certi versi non più in grado di controllare la spesa pubblica (anche se non sono certo migliori le situazioni di moltissime regioni, provincie e comuni) e di modificare l’assurdo peso dell’evasione fiscale che si scarica su una sola una parte del paese (sicuramente tutta la parte relativa al lavoro dipendente) costretta a farsi carico di aliquote così elevate da impedire un effettivo miglioramento delle condizioni di vita, rese sempre più difficili dalla criticità della situazione economica generale.
E’ grandissimo, tuttavia, il rischio insito in un’operazione che certamente non potrà che essere di tipo “solidale” e quindi tale da consentire alle regioni meno virtuose di continuare ad usare il denaro pubblico in modo scorretto. A ciò, conseguirà l'uscita della spesa da ogni controllo (come dimostrato dall’inefficienza di alcuni settori come ad esempio il sistema sanitario), confidando nei trasferimenti da parte delle Regioni economicamente più forti, ma al contempo anche più virtuose. Altrettanto preoccupante è l’incertezza sul costo di questa operazione, che, a prima vista, sembrerebbe molto elevato e a carico principalmente dei ceti medi delle Regioni più produttive del Paese (principalmente del Nord), sulle cui spalle rischierebbe di cadere l’onere principale della riforma.
Sarebbe un modo indubbiamente negativo di attuare un provvedimento per il quale si sono spese (e qualche volta sprecate) milioni di parole – positive o negative - in relazione alle varie parti politiche che si sono pronunciate. Tutto questo dibattere non ha certo portato a quella chiarezza che sarebbe stata auspicabile e necessaria vista la rilevanza dell’iniziativa e le sue possibili conseguenze negative per i cittadini, ove fosse sbagliato l’approccio con un problema di dimensioni enormi in rapporto al sistema attualmente vigente e consolidato.
Ed allora ben vengano convegni come questo, perché di una cosa certamente non avremmo bisogno: dell’improvvisazione e quindi della cattiva legislazione in primo luogo; della moltiplicazione degli enti e delle competenze (in definitiva dell'aumento dell’imposizione fiscale) in secondo luogo. Siamo forse pessimisti ma trovateci un motivo per non esserlo!

venerdì 10 aprile 2009

L’amministratore di condominio nella vita pubblica

Sono passati quasi trentacinque anni da quando, all’inizio della mia attività professionale, organizzai un convegno che aveva ad oggetto l’argomento usato come titolo per l’editoriale di questa settimana. Già allora mi rivolgevo alla classe politica locale - ma non solo- per segnalare la potenzialità dell’ente condominio in relazione alle possibilità di operare in sintonia con l’amministrazione pubblica al fine di contribuire al miglioramento ed alla razionalizzazione di alcuni servizi essenziali spesso male gestiti ed ancor peggio organizzati.
Sembrava evidente che la collaborazione fra gli amministratori condominiali e l’amministrazione locale – sindaco ed assessori – avrebbe potuto realizzare una sinergia interessante ai fini della soluzione dei problemi nonché per l’individuazione delle problematiche da risolvere e la classificazione delle disfunzioni ai fini della loro eliminazione.
Purtroppo, una preziosissima ipotesi di lavoro non è stata mai presa in considerazione e, salvo rarissime eccezioni, la politica si è ben guardata da creare i presupposti per dare vita e corpo ad un rapporto di collaborazione. Eppure, questo sarebbe stato essenziale per migliorare la qualità della vita non solo delle comunità condominiali, ma anche di interi quartieri formati in massima parte da edifici in condominio. Eppure in Europa – si veda in proposito la Germania – molti paesi hanno sfruttato questa possibilità trovando soluzioni efficaci, sia in termini economici che di funzionalità di alcuni servizi, creando i presupposti per risolvere in modo eccellente problematiche importantissime come la gestione della raccolta differenziata dei rifiuti (a livello condominiale)o la realizzazione di asili nido all’interno dei fabbricati (spesso in collaborazione fra vari condominii), tanto per citare le più rilevanti.
Sembra quasi che la politica – e in particolare quella che ne costituisce l'attuale classe, ormai autoreferenziale e piegata su stessa - sia incapace di vedere e valutare qualsiasi forma innovativa del sistema di gestione della “res publica” considerandola, al contrario, quasi una forma di minaccia ad una classe dirigente che vive in una sorta di mondo parallelo sempre più distante dalla vita reale e dai problemi della società civile.
E quand’anche un amministratore di condominio si trovasse ad assumere un ruolo pubblico anziché considerare la circostanza una sorta di apertura e/o di collegamento con la vita reale ed una preziosa opportunità di ottenere informazioni utili per una visione – forse diversa, ma ugualmente importante – dei problemi più sentiti dai cittadini/condomini, si riesce soltanto a vederlo come un pericolo per il “sistema” e non come una preziosa forma di collaborazione.
Si poteva auspicare che, essendo passati appunto più di trent’anni, la nostra classe dirigente avesse finalmente intuito la necessità di cambiare un modello di gestione del “potere” che l’aveva fatalmente allontanata dalla “società civile”. Ma non è così, purtroppo.

venerdì 3 aprile 2009

Il condominio e le coperture in Eternit

Il nome mette paura solo a pronunciarlo: “mesotelioma” (cancro della pleura provocato soltanto – o quasi – dall’amianto). Ogni anno è responsabile di 4000 vittime, che non sono più da ricercarsi esclusivamente nei lavoratori od ex-lavoratori, esposti a questa sostanza killer nell’esercizio della loro professione: all’incirca per il 30% viene scoperto in persone che ne risultano essere od esserne state esposte nell’ambiente o nella propria casa. Ed impressionanti in tal senso sono i dati rilevabili da un recente articolo, interessantissimo e molto preciso, del Corriere della Sera. In questo viene affermato che “dei quasi 3 milioni e 700mila tonnellate di amianto lavorati dal dopoguerra ben il 70% è stato impiegato nell’edilizia” rendendo quindi le abitazioni e conseguentemente gli edifici in condominio, come le prime responsabili dell’insorgere di questa malattia. Diventa quindi importantissimo che, sia pure senza allarmismi di sorta in quanto la criticità si verifica in presenza di particolari condizioni di manutenzione dei manufatti, la presenza di questa sostanza (presente nelle lastre di cemento-amianto – meglio conosciuto come “eternit” - che sono state usate per le coperture, per le cisterne e le tubazioni di adduzione dell’acqua, per isolamento termico e via dicendo) sia costantemente monitorata, avendo l’accortezza di intervenire con gli opportuni provvedimenti nel caso in cui queste “condizioni” inizino a verificarsi. Pur essendo l’amianto vietato fino dal 1992, ne esistono ancora quantità enormi (sempre nella ricerca che ho accennato in precedenza si parla di circa 23 milioni di tonnellate). Poco è stato fatto per limitare, se non eliminare del tutto, il pericolo derivante dall’esposizione a questa sostanza nonostante quanto previsto dalla legge 257 che imponeva alle Regioni di effettuare un censimento preciso e compiuto della presenza di amianto – in particolare quello friabile – per avere una mappatura completa e circostanziata del problema ed assumere le adeguate ed opportune contromisure. Se addirittura tre Regioni, oltre alla Provincia autonoma di Trento, non hanno fatto niente dopo ben 17 anni ormai trascorsi dall’adozione della legge, anche le altre non sono andate molto lontano limitandosi ad una mappatura parziale ed assolutamente non esaustiva. Eppure, stiamo parlando della vita di migliaia di persone che, anno per anno, vengono sottoposte al rischio altissimo di contrarre il “mesotelioma”! E se è vero che poco è stato fatto da parte del Governo, delle Regioni e degli enti locali per incentivare le opere di bonifica e l’eliminazione dell’amianto (comprese i manufatti di cemento-amianto) è altrettanto provato che da parte dei privati – condomini compresi – il problema è stato sottovalutato. Tanto che molti hanno omesso di rispondere alle informative inviate dai (ben pochi) Comuni che in tal senso si sono attivati. In questo caso, come in molti altri inerenti la sicurezza e la salute, si tende ad anteporre il costo dell’intervento alla necessità di eliminare fonti di pericolo ed inquinamento preferendo il rischio di contrarre una malattia gravissima alla logica della prevenzione. In tutto questo lo Stato interviene poco e male: il Ministero dell’ambiente ha stanziato nel 2001 solo 9 milioni di euro (peraltro da destinare anche alla mappatura dei siti a rischio) e gli ulteriori fondi messi a disposizione con la finanziaria del 2008 – ulteriori 5 milioni – sono stati annullati recentemente preferendo dirottarli da altre parti. Qualcuno potrà obiettare che non esiste alcun obbligo di rimozione - ma solo un generico e non controllato dovere alla manutenzione in buono stato – ma non sarebbe il caso di pensare a quanto è più importante prevenire invece di versare lacrime amare quando potremmo essere destinatari di una tragica sentenza: “mesotelioma”?