venerdì 26 giugno 2009

Pellet radioattivo e fonti energetiche alternative

La notizia, apparsa su tutti i quotidiani nazionali e locali, è di quelle che gettano inquietudine e creano preoccupazione in quanto viene a toccare un settore che sembrava aver trovato un’alternativa, oltre a quella delle fonti energetiche rinnovabili (sole, vento, acqua, etc.), per mettere fine - od almeno diminuire - non solo la dipendenza dai sistemi tradizionali (gasolio, metano e comunque tutti i derivati dal petrolio) ma di instaurare percorsi virtuosi per l’abbattimento dell’inquinamento e contenere la spesa che grava in modo consistente sulle già scarse risorse delle famiglie italiane.
Si tratta della scoperta (a seguito di un filone di indagine partito dalla Procura della Repubblica di Aosta), in Toscana ed in particolare nella provincia di Firenze, della presenza in commercio di partite di “pellet” radioattivo – per la presenza di “cesio 137” – importate dalla Lituania dove si è fatto sentire l’effetto del disastro della centrale nucleare di Chernobyl che, evidentemente ed ovviamente, ha colpito anche boschi e foreste.
Per far capire meglio la questione ai nostri lettori è opportuno spiegare che il “pellet” è un combustibile ricavato dalla segatura essiccata e poi compressa in forma di piccoli cilindri con diametro di pochi millimetri. La capacità legante della lignina – esistente nella legna – consente l’ottenimento di un materiale compatto senza aggiungere sostanze chimiche particolari o dei semplici additivi. Risultato, un combustibile naturale ad alta resa che, grazie alla pressatura, offre un potere calorifico doppio rispetto al legno (anche se incide la percentuale di legni duri usati in origine). Il pellet è usato in stufe e caldaie di ultima generazione, in sostituzione dei tradizionali ceppi di legno. Ciò apporta una serie di miglioramenti sotto il profilo ecologico, energetico e gestionale degli impianti di riscaldamento.
E’ facilmente comprensibile come la scoperta di “cesio 137” in questo materiale desti la massima preoccupazione, non solo per il legame con la triste vicenda di Chernobyl, ma per il semplice fatto che gli effetti maggiori e più pericolosi per la salute sono legati allo smaltimento delle ceneri e ai fumi, per cui si viene a mettere in discussione una delle fonti energetiche più innovative (anche se di fatto si tratta di tornare ai vecchi e tradizionali sistemi di una volta) che tanta speranza ed entusiasmo aveva destato nei cittadini e negli operatori del settore immobiliare.
C’è da augurarsi che la vicenda sia limitata ad una sola azienda ed all’importazione del prodotto da una zona colpita da un disastro nucleare immane e mai dimenticato. Se così non fosse ,verrebbe a cadere una delle possibilità di contribuire al miglioramento ambientale ed alla riduzione delle spese; si affievolirebbe l’attenzione e l’interesse dei cittadini/consumatori nei confronti di un metodo usato da millenni, ma sicuramente innovativo per le metodologie delle apparecchiature e per l’ottimizzazione del combustibile. E’ troppo chiedere di lasciarci almeno delle speranze?

venerdì 19 giugno 2009

Prezzo del gas: scende o non scende?

Una volta si diceva che il mestiere più difficile fosse quello dei genitori, ma c’è da giurare che quello del “consumatore” non è certamente da meno. Per avere una conferma a questa nostra affermazione basta aver seguito su tutti gli organi di informazione la polemica sorta fra Nomisma Energia e l’Autority per l’energia. Queste danno un’interpretazione diametralmente opposta all’eventualità che la riduzione del prezzo del greggio si rifletta sulla diminuzione delle bollette del gas e dell’energia elettrica rispettivamente per un 9,5% - per le prime – e del 2,1% - per le seconde – a partire dal prossimo trimestre luglio-settembre. Addirittura, in relazione ad alcune stime, si era quantificato un risparmio medio per famiglia di circa 97 euro per il gas e di 9,5 euro per l’energia elettrica.
Tuttavia, con buona pace delle associazioni dei consumatori, l’Authority, ha dichiarato: “le previsioni che di tanto in tanto istituti specializzati comunicano in merito alle bollette di elettricità e gas non rappresentano altrettante frequenti variazioni della spesa familiare. Tali previsioni, spesso imprecise per difetto o per eccesso e difformi fra loro, possono turbare i mercati e comunque disorientare gli stessi consumatori, indotti a pensare che i prezzi di riferimento varino disordinatamente nel tempo e più frequentemente rispetto alle scadenze trimestrali”.
Di fronte a queste sconcertanti dichiarazioni viene naturale chiedersi come sia possibile che la stessa Autorità non ravvisi l’enorme ed ingiustificabile stortura che sovrintende al mercato dell’energia (gas e luce elettrica ma non solo perché la questione riguarda anche i carburanti) ed alle società di riferimento – comprese quelle pubbliche e/o a partecipazione pubblica – sempre pronte, e con un’immediatezza da fare invidia a chiunque, a recepire le variazioni in più del mercato del petrolio ed estremamente disattente od elusive quando avviene il contrario.
Le famiglie hanno subito un salasso di proporzioni enormi quando il barile ha raggiunto livelli impensabili (oltre 150 dollari per barile), con riflessi notevolissimi sul costo del gas metano e dell’energia elettrica. D'altra parte, ben poco chiaro hanno visto quando la tendenza è stata opposta e si è giunti ad un costo molto basso addirittura a livelli record per negatività. Eppure, come al solito, la risposta a questo tipo di problema sarebbe semplicissima (forse troppo?) in quanto basterebbe obbligare le società interessate a mettere sul mercato, al prezzo di riferimento dell’acquisto, lo stesso quantitativo di prodotto prelevato. Cioè, molto semplicemente, se ho acquistato a 50 dollari al barile una quantità ben definita dovrei essere obbligato a rivenderla con lo stesso valore di riferimento. Una volta tanto, i consumatori (noi stessi quindi) sarebbero tutelati e protetti da una speculazione alla quale nessuno ha il coraggio di porre fine, continuando a perpetrare un sistema nel quale l’anello debole (il cittadino) è sempre danneggiato.
Ci permettiamo di porre ai nostri lettori ed a noi stessi una domanda: ma per far questo c’era bisogno di creare un’Authority? O potevamo almeno risparmiare i costi di un altro ente che, evidentemente, non serve ad eliminare un sistema discutibilissimo (se vogliamo usare un termine molto soft) e sicuramente sbilanciato a favore dei soliti?

venerdì 12 giugno 2009

IMMIGRAZIONE E CONDOMINIO – Dalle elezioni un messaggio da recepire.

Ha destato non poca sorpresa, almeno per quanto riguarda le nostre zone, il risultato elettorale di alcune liste – in particolare quello della Lega nord – che del tema immigrazione hanno fatto un loro cavallo di battaglia da lungo tempo. Spesso, con un’interpretazione discutibile, ma certamente in linea con il pensiero di molti cittadini sicuramente stanchi di una situazione sociale ed economica attribuita – in qualche caso a torto, seppur con qualche indiscutibile ragione – ad un fenomeno non sempre ben governato.
Indicativo a proposito quanto verificatosi nella provincia di Prato, che negli ultimi anni ha subito in maniera traumatica la consistente immigrazione cinese. Tale flusso, per così dire, di dimensioni anomale ha pesato sull’intera comunità locale, determinando una progressiva e preoccupante crisi del settore tessile, da molto tempo fiore all’occhiello dell’intera città .
A questo aspetto, indubbiamente importantissimo, si è aggiunto quello della difficoltà di gestione dei rapporti sociali e la creazione di una vera e propria città nella città, rappresentata dal sorgere di interi quartieri e/o zone della città completamente monopolizzati dalla comunità cinese. In questa situazione si viene ad inserire anche l’aspetto della vita condominiale, i cui equilibri sono stati del tutto scompaginati. Anche per la mancanza di leggi e norme specifiche, si è verificata l'impossibilità di assumere ed attuare iniziative per evitare un continuo peggioramento della qualità delle condizioni degli edifici con un costante ed ininterrotto degrado.
Più volte da parte nostra è stato segnalato questo pericolo e spesso ci siamo trovati a chiedere - ed a chiederci - il perché una parte così importante nella realtà delle città, grandi o piccole che siano, come di fatto sono i condomini sia stata completamente dimenticata dalla politica e dalle istituzioni. Così come ci siamo chiesti il perché nessuno – Governo, Regioni ed Enti locali – abbia compreso che il primo luogo dove si può intervenire per creare non solo l’integrazione, ma anche la comprensione delle leggi e norme di vita civile, almeno per come la intendiamo noi, è il condominio. Qui convivenza e rispetto dei doveri, prima ancora che il riconoscimento dei diritti, sono alla base di un rapporto che, sia pure nel rispetto delle proprie tradizioni, non può prescindere dall’accettazione dell’insieme delle regole del Paese nel quale si è scelto di vivere.
Ancora più grande è l’amarezza di dover prendere atto di una situazione che non getta le basi a favore di una corretta integrazione. La direzione è infatti quella di ghettizzazioni e/o creazioni di comunità nella comunità. D'altra parte, è proprio il fenomeno dei cittadini cinesi ad insegnarlo: il mancato riconoscimento da parte delle istituzioni della necessità di intervenire, con i fatti e non solo con parole, è la causa prima di un disagio ormai avvertito in tutta la società. Sarebbe stato sufficiente - e ciò non equivale a dire facile - “governare” il fenomeno e non subirlo.
Nel nostro piccolo avevamo lanciato l’idea del regolamento condominiale multietnico, che avrebbe potuto rappresentare un modo di far comprendere la realtà del condominio ai cittadini stranieri, ma la gran parte delle istituzioni non ha ben compreso lo spirito e l’importanza dell’iniziativa. Peccato, perché a nostro parere si è persa un’altra opportunità.

venerdì 5 giugno 2009

ICI: siamo all’acconto del 16 giugno

Anche se ormai si tratta di un’imposta rimasta in vigore per le seconde case, gli immobili sfitti o per quelli dati in locazione, è bene ricordare ai nostri lettori che entro il prossimo 16 Giugno dovrà essere versato l’acconto dell’I.C.I. Premesso che è confermata l’esenzione, con alcune eccezioni che peraltro vedremo in seguito, per l’abitazione principale e le pertinenze, per cui di questa imposta si parla molto meno, riteniamo necessario fornire alcune indicazioni a quei proprietari che in questi giorni si trovano ad affrontare questa nuova scadenza – nel caso specifico l’acconto – anche se non ci sono particolari e rilevanti novità da segnalare e sottolineare.
Com’è ormai consuetudine quando ci troviamo a parlare di tasse, imposte ed altri tributi restano sempre molte perplessità nell’individuazione degli immobili per i quali, a parte l’abitazione principale, è stato riconosciuto il diritto all’esenzione e quindi – in questo caso niente di nuovo sotto il sole del sistema tributario – dovremo armarci di pazienza per riuscire a districarsi nelle norme vigenti per capire se l’imposta sia o meno dovuta.
Detto dell’abitazione principale, che quasi sempre coincide con la residenza anagrafica, e ribadito che l’esenzione non è riconosciuta a quelle più lussuose (categorie catastali A1, A8 ed A9 sia pure adibite ad abitazione principale), l’imposta deve ritenersi dovuta per le residenze secondarie (quindi le case al mare o in montagna), per gli immobili dati in locazione oppure sfitti e sugli immobili ad uso diverso dalle abitazioni (come negozi, uffici, magazzini, etc.) ed infine sui terreni agricoli – con la sola eccezione di piccoli orti – e sulle aree edificabili. Il pagamento è dovuto non solo dai proprietari ma anche dai titolari di un diritto reale sul medesimo bene quali l’usufrutto, l’uso, l’abitazione, l’enfiteusi e la superficie) nonché da coloro che utilizzano immobili in leasing.
Nell’ipotesi di più proprietari ciascuno di questi dovrà corrispondere l’imposta in ragione della propria quota di possesso e in relazione ai mesi di possesso tenendo presente che dopo il quindicesimo giorno deve esse considerato un mese.
Mentre la prima rata, come ricordato nel titolo, deve essere versata entro il 16 Giugno, la seconda – a saldo – dovrà essere corrisposta entro il 16 dicembre. Unica eccezione i cittadini residenti all’estero che possono pagare l’I.C.I. in un’unica rata entro il 16 dicembre con l’aggiunta degli interessi del 3% sulla rata da versare a giugno.
Calcolare l’imposta dovuta, per chi da lungo tempo è proprietario di immobili non si tratta più di un problema, non è particolarmente difficile (ricordiamo che sul sito di Confedilizia – www.confedilizia.it – esiste una procedura specifica per il calcolo dell’imposta). Si tratterà di trovare la base imponibile prendendo la rendita catastale – il dato è rilevabile dal rogito o potrà essere chiesto con una semplicissima visura catastale – e rivalutarla del 5%. Ottenuta così la rendita si tratterà di moltiplicarla per una serie di coefficienti che sono legati alla tipologia dell’immobile. Da tenere presente che non si può più utilizzare una “rendita presunta” per cui in mancanza di questa sarà obbligatorio richiederla.
Per effettuare il calcolo si dovrà tenere conto dei seguenti coefficienti:
- 100 per le abitazioni – categoria catastale A ad esclusione della A10 -, i box (categoria C6) ed i magazzini;
- 50 per uffici e studi (categoria A10) e per i capannoni (categoria D);
- 34 per i negozi (categoria C1).
Nel caso dei terreni agricoli (si deve fare riferimento solo a quelli coltivati imprenditorialmente escludendo quindi quelli incolti o coltivati solo occasionalmente) si dovrà rivalutare del 25% il reddito dominicale moltiplicandolo poi per 75. Nel caso di aree fabbricabili si dovrà fare riferimento al valore commerciale al 1° Gennaio.
Come abbiamo detto in precedenza l’I.C.I. resta in vigore per gli immobili di categoria catastale A1 – signorili – A8 – ville – ed A9 – castelli, palazzi – anche se adibite ad abitazione principale. Per questi immobili rimane, come per il passato, il diritto ad una detrazione di euro 103,29 che molti comuni hanno arrotondato ad euro 104,00. Ovviamente la detrazione competerà per i mesi in cui l’immobile è stato direttamente utilizzato e dovrà, inoltre, essere divisa tra i comproprietari che vivono nell’abitazione. Nel caso in cui solo uno dei proprietari avesse la residenza nell’appartamento la detrazione competerà esclusivamente ed interamente a questo.
Con il pagamento del 16 di Giugno (acconto) si versa quanto dovuto per il periodo gennaio-giugno mentre a dicembre oltre a versare quanto dovuto per il secondo semestre si potranno corrispondere somme non conteggiate come acconto. Normalmente in presenza di un possesso per tutto l’anno dovrà essere corrisposto il 50% dell’intera somma dovuta. Poiché non è raro che alcuni comuni deliberino le aliquote ovvero stabiliscano i soggetti titolari di detrazioni e/o agevolazioni solo dopo la data di scadenza dell’acconto, sarà possibile versare il 50% della somma dovuta per l’anno precedente – ovviamente tenendo conto del periodo di effettivo possesso in relazione ad eventuali variazioni del proprio patrimonio in conseguenza di acquisti, vendite, successioni – provvedendo a sanare eventuali differenze derivanti da decisioni dell’amministrazione comunale intervenute in ritardo con il saldo da versare a dicembre.
In pratica, per semplicità, si potrebbe così schematizzare:
- calcolare l’imposta da versare sulla base delle aliquote dell’anno 2008;
- determinare l’imposta dovuta sulla base della quota e del periodo di effettivo possesso;
- sottrarre la detrazione per l’abitazione principale (esclusivamente per gli immobili di categoria catastale A1, A8 e A9);
- calcolare l’importo della prima rata corrispondente all’I.C.I. dovuta per il 1° semestre (nella misura del 50% del totale se il possesso è riferito a tutto l’anno);
- versamento del saldo mediante il ricalcolo dell’imposta sulla base delle regole emanate dai comuni per l’anno 2009 detraendo l’acconto versato.
Poiché per interpretazione dei comuni l’uso delle aliquote dell’anno 2009 – nell’ipotesi che fossero inferiori a quelle del 2008 – sarebbe possibile solo mediante versamento dell’I.C.I. in unica soluzione , sarebbe consigliabile applicare la procedura indicata in precedenza anche nell’ipotesi che fossero note le aliquote e le detrazioni dell’anno 2009 ed, ovviamente, possibile versare l’acconto corrispondente alla misura prevista.

Locazioni e sfratti: occorre un coordinamento

Anche per chi opera nel settore immobiliare ormai da molti anni e da tempo ha responsabilità all’interno di un’associazione che rappresenta i proprietari qualche volta è difficile comprendere e/o trovare una giustificazione a comportamenti che difficilmente possono trovare una spiegazione logica. Tale, infatti, può essere considerata la notizia apparsa su alcuni quotidiani locali dell’avvenuto sfratto di una famiglia composta da quattro persone, delle quali due bambini, effettuata con l’intervento della forza pubblica in una frazione del comune di Campi Bisenzio e che ha provocato un malore all’inquilino sfrattato con conseguente ricovero in ospedale.
Ovviamente la stranezza di quanto accaduto non sta certamente nell’esecuzione dello sfratto mediante la forza pubblica perché ormai si verificano continuamente eventi del genere, ma piuttosto nel fatto che, in questa circostanza, l’inquilino aveva già trovato un nuovo alloggio e che un semplice rinvio di una quindicina di giorni avrebbe consentito di evitare ad una famiglia il disagio, diciamo pure il trauma, di un provvedimento che è già difficile da accettare quando viene svolto in tutta normalità ma che diventa sconvolgente quando è la forza pubblica ad intervenire.
Pare naturale, nella circostanza, pensare che è mancata del tutto la capacità di dialogare da parte dei soggetti interessati – inquilini e proprietà - così come assente è stato l’ente locale, ci riferiamo al Comune ed all’assessorato competente, che avrebbe avuto forse la possibilità di suggerire o più propriamente mediare per trovare una soluzione che portasse ad un semplice rinvio del provvedimento.
In tutti i casi l’intera vicenda è la dimostrazione di quanto la situazione degli sfratti (per fine locazione e per morosità) sia diventata notevolmente conflittuale per la mancanza di capacità di intervenire da parte dei vari governi che si sono succeduti nel tempo nel settore delle locazioni con leggi che prendano in esame l’intero settore degli affitti senza ricorrere solo ed esclusivamente ad un continuo ed inaccettabile blocco degli sfratti (compresi quelli per morosità) - e per l’impossibilità, non solo economica, degli enti locali (regioni, provincie e comuni) di assumere un ruolo più propositivo ed esaustivo nella ricerca di soluzioni.
E’ mancata soprattutto la capacità di aprirsi alle proposte ed ai suggerimenti da parte di quei soggetti (rappresentanti della proprietà e degli inquilini in primis) che vivendo giorno per giorno questi problemi avrebbero la possibilità di suggerire soluzioni condivise e percorsi diversi da quelli che la politica ha percorso fino ad oggi e che non hanno portato risultati e benefici. Si è preferito lasciare che si aprisse una “guerra fra poveri” piuttosto che avere l’umiltà di ascoltare chi avrebbe potuto dire qualcosa di utile accettando le situazioni che abbiamo visto in premessa, indicative e sintomatiche di un sistema ormai privo di qualsiasi possibilità di miglioramento se non si scegli di ripartire da metodologie diverse e da norme più civili.
Basterebbe poco! Forse che la “politica ed i politici” sappiano con umiltà semplicemente ascoltare chi, almeno qualche volta, i problemi li conosce meglio e per questo potrebbe suggerire soluzioni migliori del semplice rinvio o “proroga”.