sabato 27 dicembre 2008

Condominio: ritroviamo i valori

La notizia nella sua essenzialità è questa: “Un uomo di 54 anni – disoccupato e separato – è stato trovato morto nel suo appartamento a Crema, in provincia di Cremona, qualche giorno fa. Era morto ormai da un anno, ma nessuno se n’era accorto, né l’ex-moglie che a suo dire lo stava cercando da mesi, né il figlio, con il quale i rapporti non erano evidentemente un granché. Lo ha scoperto l’ufficiale giudiziario che si è presentato a casa sua per informarlo dello sfratto”. Se le considerazioni e valutazioni espresse dall’articolista rispetto a questa agghiacciante notizia sono rivolte all’ambito dei rapporti familiari, nel nostro caso vorremmo invece vederla nell’ottica della vita di relazione all’interno della realtà condominiale, in quanto si parla di una persona che viveva in un appartamento e quindi viene da pensare che si trattasse di un’abitazione in condominio. Purtroppo diventa sempre più difficile all’interno della comunità condominiale ritrovare quei valori di solidarietà e collaborazione che si creavano all’interno degli edifici, quelle forme di rapporti di buon vicinato che portavano le persone, i condomini nella fattispecie, a condividere gioie e dolori, a partecipare alle difficoltà ed ai periodi felici del vicino il quale non era trattato con la superficialità, o peggio ancora, con indifferenza stante che la vita ormai ci porta ad una forma di individualismo piuttosto spinto che crea le condizioni per l’eliminazione di qualsiasi forma di rapporto con gli altri. Sono diventate rarissime quelle occasioni – che pure erano considerate normali in quanto parte della nostra vita fino a qualche anno fa – nelle quali i vicini erano soliti scambiare un poco di sale o zucchero, finito improvvisamente, oppure fare assaggiare una pietanza od un dolce al dirimpettaio od infine condividere le vicende quotidiane con naturalezza aiutando (od essendo aiutati) a superare momenti difficili con la migliore delle cure: l’amicizia e la solidarietà. Ormai tutto ciò sembra far parte di un mondo che non esiste più e che pare impossibile poter ritrovare o ricostruire, lasciandoci un’infinita nostalgia per quei tempi, quando erano quasi inesistenti le liti nel condominio e praticamente inimmaginabili le cause in quanto tutto trovava la soluzione con il dialogo, cosa considerata normalissima nei rapporti di vicinato. Siamo arrivati a considerare normale il nostro isolamento e vivere all’interno della nostra abitazione senza avere rapporti di vicinato – od avendoli solo lo stretto indispensabile e malvolentieri – è diventata ormai una consuetudine rendendo difficili anche i rapporti di condominio e creano le condizioni per l’insorgere di liti e discussioni e non sempre gli amministratori riescono ad evitare che sfocino in cause (ben due milioni di vertenze finiscono nei tribunali) con oneri per spese processuali che raggiungono livelli enormi (i dati riferiscono di ben 3 milioni di euro). Allora casi come quello riportati nella notizia che ha aperto questo editoriale diventano comprensibili - anche se difficilmente giustificabili – e lasciano una sensazione di amarezza e delusione perché significa che neppure la morte è diventata motivo sufficiente per riscoprire valori ormai dimenticati e fuori dal nostro modo di pensare ed agire. Ma sarà perché siamo nel periodo natalizio o semplicemente perché sono un inguaribile ottimista continuo a sperare che si possa tornare a scoprire quanto possa essere bello riscoprire la bellezza dei rapporti di vicinato e quanto possa essere buono un caffè bevuto insieme al condomino della porta accanto. Buone feste a tutti i nostri lettori.

venerdì 19 dicembre 2008

Integrazione: molte parole e pochi fatti

Ho letto con vivo interesse sul quotidiano “La Nazione” i dati di uno studio condotto dal ricercatore Ulisse Di Corpo, che ha analizzato alcuni indici riguardanti la comunità cinese nella provincia di Firenze. Dallo studio emerge che dopo molti anni il fenomeno dell’immigrazione di questa comunità ha manifestato un trend inverso, in quanto si registra una riduzione, negli ultimi dodici mesi, dello 0,4% del flusso migratorio a fronte di un complessivo +18% negli ultimi quattro anni.
Innegabile l’effetto della crisi economica, particolarmente grave in Italia, rilevabile in questo dato. Ma non è questo l’aspetto che vorrei evidenziare circa l' interessantissimo lavoro, quanto, piuttosto, l’esame di alcuni dei motivi che hanno provocato difficoltà di integrazione secondo questi cittadini provenienti da una realtà culturale molto diversa dalla nostra e con particolare ed innegabile tendenza alla chiusura.
Se poteva essere facilmente intuibile che la difficoltà della lingua fosse nettamente al primo posto (ma significa che è stato fatto poco per superare questo ostacolo da entrambe le parti) è particolarmente significativo che al secondo siano state indicate le “condizioni abitative difficili” ed al quinto e sesto (ma con percentuali rilevanti) rispettivamente il “rapporto con gli italiani” (22,6%) e la “discriminazione” (19,1%), che sono due facce della stessa medaglia e portano la percentuale totale delle risposte inerenti questo aspetto (integrazione) al 41,7%.
Purtroppo la lettura di questi dati e la contestuale presa di coscienza delle risposte fornite al ricercatore dai cittadini cinesi (ma è da ritenersi che in massima parte sarebbero uguali anche per altre comunità di cittadini stranieri) mi ha provocato amarezza e contrarietà perché se da una parte viene confermata la mia corretta interpretazione del fenomeno, dall’altra viene evidenziata l’assoluta mancanza di iniziative pratiche (parole ne sono state dette tante) da parte delle istituzioni.
Ho affermato più volte che il miglior modo di favorire l’integrazione sarebbe stato quello di creare buoni rapporti all’interno dei condomini, dove si instaurano i primi contatti fra i cittadini di diverse etnie e la nostra comunità. Il condominio rappresenta quel piccolo mondo, circoscritto dalle pareti domestiche ma aperto a tutti nelle parti comuni, che consentirebbe in modo più diretto, ed anche più facile, di far conoscere reciproci usi, costumi e consuetudini al fine di creare i presupposti per poter estendere la pacifica convivenza fra etnie dall’edificio al paese.
Non è un caso che la mia idea di “regolamento condominiale multietnico” sia stata recepita da Confedilizia, che lo ha tradotto in pratica pubblicandolo, e non è assolutamente strano che la presentazione del regolamento sia avvenuto alla Camera dei Deputati alla presenza di associazioni particolarmente impegnate verso il mondo dell’immigrazione come la Caritas.
Purtroppo, a conferma che nessuno è profeta in patria, proprio le istituzioni di Campi Bisenzio non hanno compreso l’importanza di questa iniziativa ed alle proposte di organizzare incontri con le varie etnie per favorire ed agevolare l’integrazione a partire dal condominio, si è risposto con argomenti risibili ed assurdi che non hanno fatto che confermare quanto sia facile parlare e quanto invece sia più complicato agire. Anche un semplice amministratore di condominio (tanto vituperato) può avere buone idee e soprattutto tanta volontà di contribuire alla soluzione dei problemi senza alcuna intenzione di ottenere dei vantaggi personali.

martedì 9 dicembre 2008

Ancora una volta promesse non mantenute

Una delle iniziative più importanti di Confedilizia in questi ultimi anni è stata quella dell’introduzione della cedolare secca sulle locazioni, a partire dai contratti di locazione agevolati che dovrebbero rappresentare la forma migliore per consentire a molte famiglie italiane (e non) di risolvere il problema della casa non potendo contare sulla possibilità di accedere all’acquisto e neppure alla libera contrattazione locativa.
Purtroppo, la Camera dei deputati ha respinto un emendamento presentato dall’On. Paola De Micheli (PD), a seguito del parere contrario espresso sia dal governo che dal relatore On. Giudice (PDL). Ciò ha impedito l’attuazione di un provvedimento che avrebbe rappresentato un primo importantissimo passo per riaprire il mercato delle locazioni – sarebbe stato necessario ovviamente estenderlo a tutti i contratti e non solo a quelli agevolati – contribuendo altresì alla concreta possibilità di ridurre, se non eliminare del tutto, il fenomeno degli affitti in “nero”.
Ancora una volta è stata prevalente la preoccupazione di dover rinunciare all’uovo di oggi, rappresentato dalla perdita (sic.) di circa 170 milioni, rinunciando a tutta un serie di nuove entrate, prima fra tutte appunto l’evasione ed alla riduzione delle spese rappresentata dalla possibilità di contenere le uscite per i contributi da erogare a sostegno delle famiglie in difficoltà per il pagamento del canone.
In sostanza, all’eterno difetto della politica di pensare ed agire per compartimenti stagni e quindi senza coordinamento fra i soggetti – ministeri – interessati da un provvedimento legislativo, si è aggiunto l’altrettanto atavica incapacità di pensare in prospettiva e di essere capaci di una visione più ampia dei problemi con le relative soluzioni. L’oggi, quindi, più importante del domani.
Ma la considerazione più importante, e se vogliamo essere sinceri fino in fondo, la più amara ed inaccettabile, è quella riferita all’incapacità della politica e dei politici – vogliamo dire di professione? – di rispettare gli impegni presi in campagna elettorale. Infatti, non solo questo provvedimento era stato riportato nei programmi del PDL, del PD e dell’UDC ma era stato ribadito e confermato più volte negli incontri successivi con Confedilizia.
Cosa dire poi della continua mancanza di sensibilità verso il mondo della proprietà edilizia – quella diffusa e piccola perché la grande è tutelata od ha la possibilità di proteggersi – danneggiata da provvedimenti che creano i presupposti per aumentare la disaffezione verso la locazione come le perduranti proroghe degli sfratti (senza considerare lo scandalo della durata di quelli per morosità – ed il livello inaudito della fiscalità, diretta od indiretta, che grava sulla casa ed in modo particolare gli immobili locati)?
La gravissima situazione economica del paese avrebbe richiesto l’adozione di provvedimenti coraggiosi ed innovativi, avrebbe suggerito di farsi carico di iniziative efficienti con ampie prospettive future più che ricercare effetti limitati e immediati. Ma avrebbe dovuto principalmente guardare al più grande dei problemi: quello di ricreare un rapporto di fiducia tra i cittadini e le loro istituzioni. Non è stato così e si è trovato il modo di lanciare un messaggio del tutto opposto: “della politica non possiamo fidarci”.

martedì 2 dicembre 2008

Locazioni in nero e sovraffollamento

Nel corso di questi ultimi giorni ha destato interesse, anche per l'attenzione da parte degli organi di informazione, l’iniziativa dell’Assessore Graziano Cioni, il quale ha disposto accertamenti per combattere il fenomeno delle locazioni in nero ai cittadini immigrati ed il sovraffollamento che si verifica in molte delle abitazioni a loro affittate. Lo scopo, è quello di ripristinare la regolarità fiscale e l’ordine all’interno degli edifici dove queste situazioni sono presenti.
Abbiamo avuto modo di esprimere le nostre molteplici perplessità su tale iniziativa, non certo per la questione degli “affitti a nero”, anche per la nostra associazione deprecabili ed ingiustificabili, ma per la scarsa utilità di questo provvedimento dal quale emerge la conoscenza molto relativa delle problematiche connesse alle locazioni in questo particolare momento.
Quando infatti si parla delle unità immobiliari locate a cittadini stranieri dovrebbe essere ben presente che proprio questi ultimi sono i soggetti che hanno la massima necessità di un contratto regolare, in quanto ciò rappresenta uno degli elementi basilari per ottenere il permesso di soggiorno. Non a caso ed a convalida della nostra affermazione, la drammatica lievitazione degli sfratti per morosità connessi alle presenti e gravi difficoltà economiche delle famiglie vede coinvolta una percentuale di inquilini stranieri notevolmente inferiore rispetto alle famiglia di italiani.
Diversa - e più importante - è la questione del sovraffollamento che si rileva in molti degli appartamenti locati a questa categoria di cittadini. Ma se l’assessore, in modo peraltro apprezzabile e lodevole se mirata all’eliminazione delle difficoltà di convivenza per il peggioramento della qualità della vita che si verifica quando sono presenti questi casi (fino a 15/20 persone residenti in unità immobiliari di piccole od al massimo medie dimensioni), avesse l’intenzione di risolvere questo problema, la strada non è assolutamente quella imboccata. Abbinare una simile questione alle locazioni in nero non può funzionare, perché la soluzione passa attraverso l’adozione di provvedimenti che agevolino la possibilità economica per queste persone di far fronte al pagamento del canone senza costringerli a suddividere la spesa in più soggetti.
Vogliamo dire, in parole povere, che non sempre l’affitto in nero è sinonimo di sovraffollamento, perché questo si verifica, per i motivi che abbiamo precedentemente specificato, anche negli appartamenti concessi in locazione in modo del tutto regolare e trasparente almeno sotto questo aspetto.
Ed allora altri provvedimenti ed altre iniziative dovrebbero essere adottate per combattere questo fenomeno, tutte di carattere sociale ed economico e non solo di tipo coercitivo e/o sanzionatorio. Parliamo molto, forse troppo ed in modo non sempre corretto, dei fenomeni – spesso di quelli negativi perché fanno notizia - connessi all’immigrazione. Tuttavia, poco viene fatto per governarli nel rispetto dei diritti delle persone anche di coloro che arrivano nel nostro paese con la speranza di un futuro migliore del presente che lasciano nelle loro terre di origine.
L’anno 2008 è quello del 60° anniversario della carta dei “diritti umani”. Possiamo fare qualcosa di concreto per ricordarlo senza ricorrere ai “gendarmi”?