martedì 26 febbraio 2008

Class action all'amatriciana

Se pensiamo alle norme contenute nell’ultima legge finanziaria ed alle perplessità che hanno seguito molte di queste, si può ritenere quella relativa alla cosiddetta “class action” (tradotto “azione collettiva”) una delle migliori se non la migliore in assoluto. Le palesi contraddizioni e modalità di attuazione che la contraddistinguono, tuttavia, non permettono di paragonarla a quella prevista dal diritto anglosassone.
Infatti ci troviamo di fronte ad un primo passo, sia pure significativo, per consentire quell’azione collettiva risarcitoria che così bene era stata descritta nel film “Erin Brockovich” magistralmente interpretato da Julia Roberts.
Il fatto che nel procedimento siano previsti due giudici (dei quali il primo deve esclusivamente decidere sul diritto al risarcimento ovvero all’indennizzo da parte dei ricorrenti, mentre il secondo dovrà quantificare questi ultimi) è infatti una notevole limitazione delle possibilità che la class action permetterebbe ai consumatori. Con tale meccanismo, si potrebbero creare le condizioni per cui ad un primo ricorso collettivo, gestito dalle associazioni o da rappresentanti di singoli interessi all’azione di risarcimento capace di portare al riconoscimento del diritto ad ottenerlo, si debba (in questo caso individualmente) ricorrere ad altro giudice per la quantificazione e la liquidazione del danno. Analogamente, ma questo sarà chiarito con il tempo, dovranno essere stabilite le modalità di adesione degli utenti/ricorrenti alla “class action”, onde evitare che le procedure siano soggette ad impugnazione della controparte citata in giudizio.
Come si può capire, quindi, ci troviamo di fronte ad un provvedimento molto “all’italiana” o come detto nel titolo “all’amatriciana”. Tuttavia, pensando alla bontà del tipico piatto di “bucatini”, possiamo anche sperare che alla lunga diventi un buon provvedimento al quale, in tutti i casi, dovrebbe corrispondere un miglioramento del comportamento di aziende (ad esempio bancarie, telefoniche, etc.) che fino ad oggi hanno anteposto i propri interessi economici alla tutela del consumatore.

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