venerdì 6 marzo 2009

Canone di depurazione: dopo il danno la beffa?

La “politica”, quando deve tutelare privilegi e benefici – soprattutto le entrate - riesce a trovare soluzioni fantasiose per mantenere le proprie posizioni, in barba a sentenze negative per il potere anche se emesse dalla Corte Costituzionale. E’ il caso del canone di depurazione e della ormai conosciutissima sentenza, appunto, della Corte Costituzionale, che riteneva la sua applicazione illegittima nel caso in cui gli utenti non beneficiassero del servizio per mancanza degli impianti o semplicemente in caso di mancato funzionamento dei medesimi. Principio indubbiamente rispettoso dell’esigenza, costituzionalmente riconosciuta oltre che logicamente naturale, che un “canone” debba essere versato solo in presenza di un corrispettivo servizio o beneficio ricavabile da una prestazione. Nessuno, per fare un esempio calzante, si sognerebbe di chiedere il pagamento di un canone per la locazione di un appartamento ancora non realizzato. Meno che mai di far pagare il canone al futuro inquilino per costruire la casa che gli sarà affittata!
In modo giuridicamente irreprensibile ai cittadini, che corrispondevano il canone di depurazione senza beneficiare del relativo servizio, avrebbe dovuto essere restituito quanto pagato ingiustamente per i dieci anni precedenti – tale era da considerarsi il termine di prescrizione – ed ovviamente tolto immediatamente l’addebito in bolletta. Ed a questo punto – sicuramente senza diatribe ed accuse reciproche tra maggioranza ed opposizione ma con una probabilissima intesa bipartisan – interviene la politica ed in modo particolare il governo. Mi verrebbe da dire, insomma, la solita politica autoreferenziale sempre pronta a difendere qualsiasi forma di privilegio e di prelievo ai cittadini. Questa, dimostrando una grandissima fantasia (e sfacciataggine) ha predisposto un decreto mediante il quale è stato inserito il principio che il canone di depurazione deve essere corrisposto quando l’impianto sia semplicemente progettato.
Siamo arrivati, quindi, all’obbligo di pagamento di un canone per un servizio reso da un depuratore realizzato su un foglio di carta, dunque senza tener conto di qualsiasi elementare diritto del cittadino e con tanti ringraziamento ai principi costituzionali che, ovviamente, non vengono contemplati dal provvedimento cui ci riferiamo.
Due cose ci piacerebbe chiedere a chi ci governa. La prima di sapere quando ci sarà chiesto di pagare una tassa, un canone o qualsiasi altra gabella sulla base della sola “idea” di servizio. La seconda, se qualcuno si sentirà in dovere di farci sapere dov’è andata a finire quella somma enorme incamerata per canoni di depurazione non dovuti e che – secondo la legge – avrebbe dovuto essere vincolata alla costruzione degli impianti. Non avrebbe potuto essere usata per restituire ai cittadini interessati quanto percepito, “ingiustamente” (non illegalmente) secondo la Corte Costituzionale?
Ed, infine, com’è possibile che chi si richiama a valori liberali e liberisti sia capace di calpestare i diritti dei cittadini sanciti dalla Carta Costituzionale? Tutto ciò avviene, come nel caso esaminato, attraverso l'adozione di metodi discutibili volti a mantenere in essere illegittimità ed una sorta di accanimento fiscale nei confronti di coloro che hanno l’unico torto di essere cittadini di un Paese la cui classe dirigente non ha alcun rispetto né capacità di tutela nei loro confronti.

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