venerdì 10 aprile 2009

L’amministratore di condominio nella vita pubblica

Sono passati quasi trentacinque anni da quando, all’inizio della mia attività professionale, organizzai un convegno che aveva ad oggetto l’argomento usato come titolo per l’editoriale di questa settimana. Già allora mi rivolgevo alla classe politica locale - ma non solo- per segnalare la potenzialità dell’ente condominio in relazione alle possibilità di operare in sintonia con l’amministrazione pubblica al fine di contribuire al miglioramento ed alla razionalizzazione di alcuni servizi essenziali spesso male gestiti ed ancor peggio organizzati.
Sembrava evidente che la collaborazione fra gli amministratori condominiali e l’amministrazione locale – sindaco ed assessori – avrebbe potuto realizzare una sinergia interessante ai fini della soluzione dei problemi nonché per l’individuazione delle problematiche da risolvere e la classificazione delle disfunzioni ai fini della loro eliminazione.
Purtroppo, una preziosissima ipotesi di lavoro non è stata mai presa in considerazione e, salvo rarissime eccezioni, la politica si è ben guardata da creare i presupposti per dare vita e corpo ad un rapporto di collaborazione. Eppure, questo sarebbe stato essenziale per migliorare la qualità della vita non solo delle comunità condominiali, ma anche di interi quartieri formati in massima parte da edifici in condominio. Eppure in Europa – si veda in proposito la Germania – molti paesi hanno sfruttato questa possibilità trovando soluzioni efficaci, sia in termini economici che di funzionalità di alcuni servizi, creando i presupposti per risolvere in modo eccellente problematiche importantissime come la gestione della raccolta differenziata dei rifiuti (a livello condominiale)o la realizzazione di asili nido all’interno dei fabbricati (spesso in collaborazione fra vari condominii), tanto per citare le più rilevanti.
Sembra quasi che la politica – e in particolare quella che ne costituisce l'attuale classe, ormai autoreferenziale e piegata su stessa - sia incapace di vedere e valutare qualsiasi forma innovativa del sistema di gestione della “res publica” considerandola, al contrario, quasi una forma di minaccia ad una classe dirigente che vive in una sorta di mondo parallelo sempre più distante dalla vita reale e dai problemi della società civile.
E quand’anche un amministratore di condominio si trovasse ad assumere un ruolo pubblico anziché considerare la circostanza una sorta di apertura e/o di collegamento con la vita reale ed una preziosa opportunità di ottenere informazioni utili per una visione – forse diversa, ma ugualmente importante – dei problemi più sentiti dai cittadini/condomini, si riesce soltanto a vederlo come un pericolo per il “sistema” e non come una preziosa forma di collaborazione.
Si poteva auspicare che, essendo passati appunto più di trent’anni, la nostra classe dirigente avesse finalmente intuito la necessità di cambiare un modello di gestione del “potere” che l’aveva fatalmente allontanata dalla “società civile”. Ma non è così, purtroppo.

Nessun commento: