giovedì 29 gennaio 2009

Bollette acqua e canone di depurazione: la beffa dei rimborsi

In questa settimana i media hanno posto in rilievo la questione della restituzione delle somme versate in più sulle bollette dell’acqua in conseguenza del pronunciamento della Corte costituzionale. Ciò, soprattutto in relazione alla decisione dell’Ato 3 di condizionarla – per gli arretrati - alla richiesta da parte degli utenti ed alla presentazione di apposita domanda.
Definire questa decisione inaudita, incomprensibile ed estremamente scorretta per tutta una serie di motivi che cercheremo di esaminare è il minimo che si possa fare, per cui ci auguriamo che le proteste delle associazioni dei consumatori, di alcuni politici e degli organi di informazione locali possano portare ad un ripensamento dell’ente che consenta la restituzione delle somme pagate in più senza alcun vincolo di richiesta ma semplicemente provvedendo di ufficio.
E pensare che la dirigenza dell’ATO 3 aveva comunicato a tutti i sindaci dei comuni serviti dall’ente che “le quote di depurazione pagate negli ultimi dieci anni da chi non ha fruito del servizio dovranno essere restituite"! Specificando però, immediatamente dopo, che “tale rimborso, non oggetto di rivalutazione monetaria, dovrebbe essere fatto solo a chi ne fa esplicita richiesta”.
Poco interessa alla “governance” dell’ATO 3 di quanto questa decisione possa influire su chi non è informato, impedito per malattia, momentaneamente lontano dalla propria abitazione o, più semplicemente, troppo anziano per sapersi districare nelle pratiche burocratiche. Ancora meno, rileva agli occhi dell’ente il dovere etico/morale derivante dal fatto che somme, incamerate senza averne titolo sia pure inconsapevolmente, dovrebbero essere automaticamente restituite senza formalità alcuna.
Ma c’è un altro particolare molto importante, capace di suggerire, anzi imporre, la restituzione di ufficio delle somme erogate ingiustamente dai cittadini: nessuno, o pochissimi, dei cittadini interessati alla questione, sono a conoscenza del fatto di essere e non essere fruitori del servizio di depurazione, oppure non hanno idea di se e quando non lo siano stati per il mancato funzionamento degli impianti.
Una delle ragioni che, secondo l’ATO 3, sono alla base della decisione di restituire le somme solo su domanda (la dichiarazione è stata fatta ad una radio locale dal Presidente dell’ente), è la constatazione della rilevanza economica dell’importo complessivo. La consistenza di quest’ultimo fa sì che possa provvedervi solo il governo mediante un atto che renda disponibile quanto servirebbe. Ma ci sarebbe un particolare non trascurabile da far notare al Presidente e che forse pochi hanno rilevato. La legge Galli stabiliva che gli importi incamerati con i canoni di depurazione – anche in mancanza degli impianti – dovessero essere accantonate per la loro realizzazione. Se i depuratori sono ancora nell’ambito dei sogni in molte zone d’Italia, compresa la nostra provincia, dove è andata a finire questa immensa mole di denaro che dovrebbe essere stata accantonata in questi 10 anni? E se queste somme sono state accantonate, come legge prevedeva, non dovrebbero essere utilizzate per restituire quanto dovuto ai cittadini che si trovano nella condizione di essere rimborsati?

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